Brunello 2007: buono, forse ottimo, ma senza….X Factor5 min read

Mannaggia ai numeri mannaggia! Uno si fa la sua bella idea a Benvenuto Brunello, se la coltiva, se l’affina nei mesi, se la coccola durante gli assaggi a settembre pronto a farla conoscere all’universo mondo e poi bastano due numeri a far crollare tutto.

Per la cronaca i due numeri sono “2.66” e “2.84” e rappresentano la media stelle ottenuta rispettivamente dai Brunelli dell’annata 2006 e 2007. Per chi non lo avesse capito quelli del 2007 sono andati mediamente meglio di quelli del 2006, mentre la mia idea, formatasi alla scuola dell’andamento climatico diverso (molto più caldo e incostante il 2007) e affinata durante gli assaggi dell’anteprima, che avevano mostrato dei buoni brunelli 2007 ma non certo con la polpa e la struttura del 2006, era opposta.

Ma adesso rinfodero tutti le mie belle idee e vi racconto come sono andati gli assaggi, svoltisi ai primi di settembre al Consorzio del Brunello di Montalcino ( a proposito, grazie dell’ospitalità e della pazienza).

 

Brunello 2007

 

Continuiamo a far parlare i numeri: quasi il 18% dei vini (19 su 106) con punteggi uguali o superiori a 3.5 stelle, ben il 46% con 3 stelle. Questo porta i vini sopra a 3 stelle alla  cifra che parla da sola del 64.14%, mentre solo il 13.2% dei vini ha preso 2 stelle o meno.

A pensarci bene potevamo aspettarci una performances del genere, specie dopo che i vini hanno passato l’estate e quindi hanno avuto tempo di maturare un po’. Un’annata calda, ben interpretata dalla stragrande maggioranza delle aziende con vini più immediati, pronti, (relativamente) facili, porta a punteggi medi alti anche se durante gli assaggi tutti noi trovavamo che  gli mancasse quel qualcosa… quel qualcosa che si chiama forse  profondità o complessità….insomma oggi lo chiamerebbero X Factor.

La vendemmia 2007 è indubbiamente buona, probabilmente ottima (ma aspettiamo le riserve l’anno prossimo per la definizione definitiva) però rispetto al 2006 gli manca quel fattore che si può sviluppare solo con l’invecchiamento, solo con l’accumulo di anni in bottiglia e che soprattutto è “un peso” nei primi anni del vino. Per questo lo scorso anno i 2006 ci erano sembrati, nello stesso momento di maturazione, lievemente inferiori, perché erano “appesantiti dalla dote”, cioè da quella caratteristica che avevano i 1999 e i 2006 in Langa e che permetterà a quest’annata di batterne molte se non tutte in invecchiamento.

In questo momento però il 2007 è un vero campione, e quando dico campione mi riferisco alla bontà ed alla rispondenza al vino. Colori tutti sul rubino più o meno aranciato; nasi puliti, non profondissimi ma ben definiti, con alcune cedevolezze verso la maturità. In bocca troviamo morbida concentrazione con lunghezze e profondità ben impostate. Un vino molto piacevole da bere e non per niente quasi il 50% dei vini si è dimostrato, per vari versi, attorno a quel punto di equilibrio tra piacevolezza e complessità che per noi sono le 3 stelle. Non troviamo invece grande equilibrio nei prezzi, che ci sembrano schizzati verso l’alto.  
Segno che si crede nel prodotto e soprattutto nella fine della quarantena dovuta “a quello che tutti sappiamo”. A proposito di quello che sappiamo….forse sarà stata una cura da cavallo ma sembra che abbia fatto bene a questa denominazione, riportando tutti a confrontarsi con quello che passa il convento (che non è poco). In cantina si può comunque fare molto, nel senso buono del termine, e quindi certe rotondità vanno viste come “virtuose modernizzazioni” ma la “sangiovesità” del Brunello è una delle caratteristiche portanti della vendemmia 2007.

 


Riserva 2006

 

La rivincita sui numeri avviene grazie ad un altro numero, 2.90.  Ancora più alto del fatidico 2.84, rappresenta la media stelle raggiunta dalle riserve 2006. La grande annata si è quindi dimostrata per quello che è anche nelle riserve, e sottolineo anche.

Infatti molto spesso la Riserva è solo un Brunello con un anno di più e la differenza sostanziale è solo nel prezzo. Anche se una  fetta di quelle assaggiate (57 in tutto) prendevano questa china la grande annata è riuscita a sopperire a tutto, anche alle dosi industriali di legno che molti hanno fatto ingerire ai loro vini.

Per questo vi chiediamo di avere pazienza e di tenerli lontano dai vostri palati per almeno altri 2-3 anni. Solo così sarete sicuri di trovare un buon equilibrio di naso e di bocca senza invocare i fulmini del cielo su quei produttori (non pochi in verità) che hanno provato a lignificare una grande vendemmia. Per il resto ad ogni assaggio rimanevamo sorpresi della composizione tannica dei vini: austeri, eleganti ma compatti, lineari ma molto ampi. Una vera soddisfazione al palato tanto che, per chiudere mi viene da parafrasare Joseph Roth “Voglia Dio concedere a tutti noi, a noi bevitori, un vino tanto lieve e bello".

 

 


Rosso 2010

 

Da Joseph Roth a Roman Polansky, da una parafrasi estremamente positiva ad una, purtroppo, piuttosto negativa. “Lascia stare Jack, è Rosso di Montalcino!” mi verrebbe da dire per commentare l’ennesima semidelusione che abbiamo avuto assaggiandone quasi 80  del 2010.  Di positivo c’è che le molte tipologie degli anni scorsi si sono finalmente (quasi) uniformate ma purtroppo il risultato finale potrebbe essere ben diverso se….se……se non esistesse il Brunello!

Lo dico come provocazione ma è chiaro che un vino nato “per caduta” e che molti fanno perché non tutto può essere Brunello, non è seguito, accudito e coccolato come il fratellone maggiore. Per carità, di buoni ce ne sono ma, tanto per capirsi, la percentuale di quelli sopra a tre stelle passa dal 64% del Brunello 2007 al 39%.

In molti casi siamo di fronte a vini corretti ma senza particolari pregi e che non vengono proprio proposti a prezzi di favore. Ci dispiace per quelle aziende che credono in questo prodotto e anno dopo anno sfornano buoni o ottimi Rossi di Montalcino, ma la situazione generale non è certo rosea. Il “Vinascimento” che sta toccando il Brunello negli ultimissimi anni riesce solo a sfiorare questa tipologia, anch’essa comunque e per fortuna in buona parte edulcorata delle esagerazioni e dalle forzature di solo pochi anni fa.

Carlo Macchi

Sono entrato nel campo (appena seminato) dell’enogastronomia nell’anno di grazia 1987. Ho collaborato con le più importanti guide e riviste italiane del settore e, visto che non c’è limite al peggio, anche con qualcuna estera. Faccio parte di quel gruppo di italiani che non si sente realizzato se non ha scritto qualche libro o non ha creato una nuova guida sui vini. Purtroppo sono andato oltre, essendo stato tra i creatori di una trasmissione televisiva sul vino e sul cibo divenuta sicuramente la causa del fallimento di una nota rete nazionale. Riconosco di capire molto poco di vino, per questo ho partecipato a corsi e master ai quattro angoli del mondo tra cui quello per Master of Wine, naturalmente senza riuscire a superarlo. Winesurf è, da più di dieci anni, l’ultima spiaggia: dopo c’è solo Master Chef.


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