VinNatur:dare a Cesare quello che è di Cesare4 min read

Non sono un sostenitore a spada tratta dei vini (cosiddetti) naturali, però quando arrivano comunicati come quello che potrete leggere sotto, targato VinNatur, non si può fare a meno di riflettere sul suo contenuto e di farsi alcune domande. Leggiamo assieme e poi…parliamone.

 

 

..Da alcuni anni…. allo scopo di monitorare la conformità dei vini presentati nelle nostre manifestazioni, ViNatur ha deciso di analizzare i prodotti di ogni associato. Le analisi svolte sono andate alla ricerca di ben 73 principi attivi di fitofarmaci, ossia circa il 90% di tutti i prodotti in commercio che vengono utilizzati in viticoltura convenzionale. Le analisi dei residui di pesticidi effettuate sui vini delle aziende aderenti a VinNatur si sono concluse in questi giorni.
Queste analisi.. hanno lo scopo principale di sensibilizzare sia i produttori che i consumatori in merito all’uso di alcune sostanze chimiche utilizzate in agricoltura, in conseguenza del quale si depositano  residui nei vigneti con conseguenti squilibri dell’ecosistema.
I risultati sono stati molto soddisfacenti poiché ben 91 vini, su un totale di 111 campioni è risultato completamente esente da ogni tipo di pesticida.
A supporto di questa analisi è stato effettuato anche un controllo sulla quantità di anidride solforosa presente nei vini. Anche qui ci sono due dati molto positivi. 33 vini risultano avere meno di 10 mg/l di anidride solforosa …i restanti 76 vini sono al di sotto dei 80 mg/l (limite consentito nei vini Biologici) con poche eccezioni che superano questo livello.
Vediamo ora nel dettaglio i risultati delle analisi:
–          Totale vini analizzati 111
–          Totale vini esenti da residui di pesticidi 91
–          Totale vini aventi residui di pesticidi:  20
–          Numero di principi attivi riscontrati: 16 vini aventi un solo principio attivo, 3 aventi due principi attivi ed uno avente cinque principi attivi.
–          Media di mg/kg (milligrammi su un chilo) di residui riscontrati sui 20 campioni: 0,082 mg/kg (la normativa europeo prevede in media un limite di 0,800 mg/kg)
–          Principi attivi riscontrati: 9 di cui 8 fungicidi sistemici ed 1 insetticida. I più rilevati sono il Fenexamid (fungicida antibotritico) ed il Pirimetanil (fungicida antioidico).
–          Anidride Solforosa totale: 33 vini hanno un quantitativo tra 1 e 10 mg/l, 52 vini tra 11 e 60 mg/l e i restanti 26 vini sono tra 61 e 90 mg/l

Appena letto queste righe, l’andreottiano irriducibile che è in me ha subito pensato “Dov’è l’inghippo?”. Sotto sotto una vocina mi diceva che inghippo non c’era, che anzi era una dimostrazione di grande serietà e tre o quattro telefonate mi hanno tolto ogni dubbio in proposito. Occorre quindi plaudere a VinNatur che ha svolto un lavoro serio e coscienzioso (anche costoso aggiungerei), che però porta a pensare “al negativo”. Mi spiego meglio: senza voler fare cacce alle streghe, la domanda che ognuno si pone leggendo questi dati è: “Se questi 111 vini sono praticamente senza residui di pesticidi, le altre decine di migliaia come sono?” Ci sono senza dubbio tolleranze da prendere in considerazione (come precisato anche nel comunicato) solo che pensare ad un vino che abbia dentro di sé pesticidi ed altro non ti mette tanta voglia di bere, anche l’acqua, visto che tali sostanze penetrano nel terreno e nelle falde. Capisco pure che in certe zone ed in certe annate (specie se non hai 2 ettari di vigneto e conosci per nome ogni vite) se vuoi portare a casa un risultato devi usare determinate sostanze.

Vorrei superare questa specie di impasse con una proposta. Perché i più grandi consorzi di tutela italiani (Chianti Classico, Brunello, Barolo, Barbaresco, Valpolicella, Franciacorta, Soave e mi fermo qui) non adottano lo stesso sistema di analisi adottato da VinNatur? Capisco che può essere costoso, ma che pubblicità sarebbe per il Consorzio X dichiarare che gli N vini dei loro N soci sono risultati con livelli di fitofarmaci inferiori al normale o addirittura prossimi allo zero?
L’andreottiano in me torna alla carica ponendo un velenoso quesito:”forse non lo fanno per paura dei risultati?”
Comunque aldilà di battute velenose in alcuni consorzi è oramai prassi andare sugli scaffali dei negozi a prendere bottiglie da analizzare. Questo per controllare la loro aderenza alle analisi effettuate al momento dell’ottenimento della DOC o DOCG: si potrebbe quindi compiere altri esami senza dover aumentare a dismisura i costi.

Come siano poi, dal punto di vista organolettico questi 111 vini è un altro discorso ma non credo sia questo il luogo ed il momento per parlarne. Del resto le analisi non sono disciplinari di produzione ma hanno almeno un punto in comune con questi:  se le DOC e DOCG (come dicono negli States) possono garantire tutto fuori che la qualità di un vino, le analisi possono dirti tantissime cose ma non certamente quanto quel vino sia buono.

Carlo Macchi

Sono entrato nel campo (appena seminato) dell’enogastronomia nell’anno di grazia 1987. Ho collaborato con le più importanti guide e riviste italiane del settore e, visto che non c’è limite al peggio, anche con qualcuna estera. Faccio parte di quel gruppo di italiani che non si sente realizzato se non ha scritto qualche libro o non ha creato una nuova guida sui vini. Purtroppo sono andato oltre, essendo stato tra i creatori di una trasmissione televisiva sul vino e sul cibo divenuta sicuramente la causa del fallimento di una nota rete nazionale. Riconosco di capire molto poco di vino, per questo ho partecipato a corsi e master ai quattro angoli del mondo tra cui quello per Master of Wine, naturalmente senza riuscire a superarlo. Winesurf è, da più di dieci anni, l’ultima spiaggia: dopo c’è solo Master Chef.


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