Vigna del Vulcano, il bianco del Vesuvio in tre vecchie annate3 min read

C’è sempre qualcosa di minaccioso e al tempo stesso di rassicurante nel Vesuvio, ‘a muntagna come la chiamano tutti qui. La minaccia è nelle tracce di morte trasformate in spettacolo prima ancora che qualcuno pensasse alla società dello spettacolo. Rassicurante è il silenzio del guardiano del Golfo di Napoli che regala a tutti la sensazione di stare dentro una culla, con Sorrento, Capri e le luce della città lunga e infinita.

 

Il Vesuvio è sempre stato luogo di commercio: la città esportava spazzatura per concimare quando non c’era plastica, il Vesuvio raccoglieva semi, carni, frutte, ortaggi in tutto il Sud e li rivendeva in città.

 

In questo respiro il vino è sempre stato qualcosa da consumare presto e subito,si chiamava Lacryma Christi ma in realtà le uve venivano anche dalla Puglia e dall’Abruzzo perché le mile taverne di Napoli non si dissetavano mai.

 

Oggi questa viticultura è un po’ come i calchi dei morti pompeiani, una traccia, un ricordi di un passato. E non è stato facile cambiare passo: alcune cantine hanno continuato a vinificare uve altrui, altre sono state costrette a chiudere, altre ancora hanno cercato l’aggancio con la terra e i temi della moderna viticultura nata dopo la crisi del metanolo.

 

Vincenzo Ambrosio viene dal mondo dell’olio, è ancora questo il suo business principale. Ma ha comprato una bella proprietà a Terzigno dove ha il vantaggio di non dover correre. Si spiega così la cura per il tempo, la necessità di aspettare. Non a caso è stata la prima aziende a vendere in una cassetta bianchi di vecchie annate in verticale.

 

Chi lo avrebbe mai detto? Falanghina e Coda di Volpe da attendere uno, tre, anche dieci anni!. Ed è andata proprio così, una politica che è piaciuta agli stellati della Costiera dove si trova il bianco del Vesuvio dai sentori di ginestra, frutta bianca, e poi di macchia e, con il tempo, di idrocarburi. La beva secca, fresca e salata che distingue questi bianchi senza mediazioni piacione.

 

Di Vigna del Vulcano abbiamo fatto molte verticali. L’ultime con la Federazione Europea Sommelier: tre annate che ci hanno stupito e di cui vi diamo rapido quadro.

 

Vigna del Vulcano 2012. Ancora fresca, con un’acidità scissa dal resto del corpo del vino, ottime prospettive di crescita e di durata del tempo. ****

 

Vigna del Vulcano 2008. Insolitamente carica nel colore, quasi stanca, evoluta al naso con confettura di albicocca e note di miele di acacia. Ben sostenuta e senza alcun cedimento la beva al palato con una chiusa lunga e precisa. ***

 

Vigna del Vulcano 2006. La sorpresa della serata. Fresca, piacevole, ricca, con rimandi fumé e di idrocarburi, sapida al palato, piacevole la chiusura. Un grandissimo vino. *****

 

Sede a Terzigno. Via Bosco Mauro, 1. Tel. 081.5295016
www.cantinevilladora.it Ettari: 13 di proprietà. Bottiglie prodotte: 45.000

 

 

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Carlo Macchi

Sono entrato nel campo (appena seminato) dell’enogastronomia nell’anno di grazia 1987. Ho collaborato con le più importanti guide e riviste italiane del settore e, visto che non c’è limite al peggio, anche con qualcuna estera. Faccio parte di quel gruppo di italiani che non si sente realizzato se non ha scritto qualche libro o non ha creato una nuova guida sui vini. Purtroppo sono andato oltre, essendo stato tra i creatori di una trasmissione televisiva sul vino e sul cibo divenuta sicuramente la causa del fallimento di una nota rete nazionale. Riconosco di capire molto poco di vino, per questo ho partecipato a corsi e master ai quattro angoli del mondo tra cui quello per Master of Wine, naturalmente senza riuscire a superarlo. Winesurf è, da più di dieci anni, l’ultima spiaggia: dopo c’è solo Master Chef.


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