Un viaggio in Alsazia non ti sazia (seconda parte)8 min read

La seconda parte del viaggio alsaziano del nostro Giovanni Solaroli

La grande varietà dei terreni alsaziani è una componente fondamentale nella profilazione dei vini: il Grand Atlas des Vignobles de France ne descrive in maniera approfondita ben 13. Ora, se consideriamo il numero dei vitigni ammessi, il numero dei Grand Crù, che sono 51, e le 13 denominazioni comunali, iniziamo ad avere una idea di quanti stili di vini diversi possano scaturire da una tale combinazione di elementi. Ma una prima suddisione, grossolana quanto volete, ma estremamente efficace, consiste nel suddividere lo stile dei vini secondo una provenienza “allargata”, seguendo uno schema proposto dal CIVA (Comitato interprofessionale dei vini d’Alsazia) stesso.

I vini del Bass-Reno (nel nord)

I vini del Basso Reno sono, per loro natura, più discreti di quelli dell’Alto Reno. A volte possono raggiungere vette di finezza (suolo di Andlau) o di potenza (suolo di Barr). I sylvaner spesso mostrano di possedere una identità sconosciuta altrove. I Riesling godono di questi microclimi freddi, mentre i gewurztraminers a volte mancano di brio e freschezza, pur evitando la pesantezza.

I vini dell ‘Alto Reno (nel sud)

La parte settentrionale del dipartimento, da Bergheim a Kaysersberg, offre i vini più equilibrati e seducenti. I riesling sono i più raffinati e snelli, i pinots gris e i gewurztraminers risultano più eleganti che potenti. Il microclima di Colmar favorisce la muffa nobile e l’opulenza delle trame, ed è particolarmente adatto per i gewurztraminers e i pinot gris. Il sud è spesso troppo caldo per i riesling, ad eccezione dei terreni sabbiosi di Guebwiller o dei famosi terreni lavici del Rangen di Thann. Il fatto di essere essenzialmente una regione bianchista, non implica l’assensa di uve a bacca nera. Il 10% della superfice vitata è a pinot nero ma il vino che se ne ricava, al momento, non riveste grande interesse, salvo il fatto che può costituire un’alternativa agli amanti del vitigno e in cerca di vini a prezzi popolari. La situazione potrebbe cambiare se il pinot nero fosse ammesso nei 2 dei 51 Grand Crù che hanno fatto domanda: il Hengst e il Vorbourg, ma l’iter è lungo e complesso. Una breve descrizione dei vitigni vi potrà essere d’aiuto per identificare sulla carta da quale uva/vino iniziare il vostro viaggio tra i vini d’Alsazia.

Riesling

Il Re d’Alsazia, il Riesling, occupa il 21,8% della superficie del vigneto. Si esprime con molte sfaccettature, frequentemente da luogo a vini nervosi e tesi, dotati di grande freschezza, ed hanno l’eccezionale capacità di esprimere le sfumature del loro terroir. Tuttavia, il livello rimane molto irregolare, la generosità delle rese e a volte la scarsa maturazione delle uve penalizzano la tipicità e la potenzialità di questo vitigno.

Pinot bianco

Rappresenta il 21,2% della superficie del vigneto; fornisce una gamma aromatica vicino a quello dello Chardonnay, una bocca rotonda e meno reattiva del Sylvaner. Dà un vino facile da bere con antipasti o pesce e crostacei ed è spesso assemblato con l’Auxerrois. Tuttavia, un’etichetta di un vino pinot bianco non fornisce informazioni sulla percentuale effettiva di pinot bianco e auxerrois. Le due uve provengono certamente dalla stessa famiglia, ma Auxerrois produce vini più ricchi e dolci.

Gewurztraminer

Occupa il 20,4% della superficie complessiva del vigneto. Il Gewurztraminer dà vini originali, tra i più profumati Alsazia. Molto spesso l’uva viene trasformata sotto l’influenza della muffa nobile e può dare un nettare paragonabile ai grandi Sauternes.

Pinot grigio

Originaria della Borgogna, questa uva con acini rosa è in grado di arricchire il suo sapore grazie alla sovra-maturazione o alla muffa nobile. Costituisce il 15,4% della superficie del vigneto alsaziano. Se pinot gris è raccolto senza maturazione adeguata, dà vini poco significativi, ma con la vendemmia tardiva o la selezione degli acini nobili, può raggiungere vette di qualità e longevità inimmaginabili.

Pinot nero

I vini rossi alsaziani sono fatti esclusivamente da questa varietà, che rappresenta il 10,1% della superficie del vigneto. Una parte delle uve sono impiegate nella spumantizzazione, altre prendono altre vie, facilmente immaginabili. Comunque i vini rossi dell’Alsazia sono da osservare con attenzione, viste le enrgie che i vignerons vi impiegano.

Sylvaner

Franco, delicato e di potenza moderata, il sylvaner esprime bene note minerali e dà ai vini un senso di freschezza. Rappresentando il 7,5% della superficie del vigneto, a volte viene vinificato in legno e anche con vendemmia tardiva. Tuttavia, il sylvaner è spesso banale, è spesso sottile e diluito a causa delle alte rese. Meglio scegliere le cuvées elaborate dai migliori viticoltori.

Moscato

Rappresenta il 2,3% della superficie del vigneto. Sono in realtà due i moscati che vengono impiantati e autorizzati in Alsazia: la varietà con piccoli grani, detto Muscat d’Alsace, e l’Ottonel, presente nell’Europa centrale, e che possiede la particolarità di rendere i vini più seducenti e più morbidi. Danno vini fragranti e aromatici se vinificati in secco e divini quando fatti con vendemmia tardiva e selezione di acini nobili.

Auxerre

Alcuni viticoltori lo vinificano separatamente. Dà un vino più pieno e grasso del pinot bianco, con una consistenza e un equilibrio tra alcol, acidità e zucchero che lo avvicina a un pinot grigio.

Klevener di Heiligenstein

È un savagnin rosa presente nel villaggio di Heiligenstein e nei suoi dintorni, coltivato su 44 ettari, ovvero lo 0,3% della superficie totale del vigneto.

Ed eccovi il secondo gruppetto di produttori “visitati e bevuti”.

MARC TEMPÉ

Che dire di Marc e Anne-Marie Tempè, se non che il mondo ha bisogno di persone del genere. Nella loro casa-cantina conservano e riusano tutto dando al luogo un aspetto solo apparentemente caotico. Figli di conferitori, (tecnico Inao Marc e figlia di commercianti Anne-Marie) nel 1993 decidono di prendere in affitto le vigne dei genitori e di mettere in atto il progetto di praticare viticoltura biodinamica sui 9 ettari gestiti. Suddivisi in una trentina di parcelle a Zellenberg e nei comuni limitrofi. Marc Tempè è un uomo dall’apprenza solida come una montagna di granito, dai lineamenti duri e grossolani, ma dispone di una sensibilità fuori del comune. Che inevitabilmente e per fortuna si riflette nei suoi vini ampi e fruttati.

Il vino che mi è piaciuto: Aoc Alsace Pinot Blanc Zellenberg 2018: l’esigente Marc realizza uno dei più interessanti e caratteriali Pinot Blanc d’Alsazia, da suoli argillo-marnosi del villagio omonimo. Particolarmente intenso al naso (agrumi, frutta bianca) mostra altrettanta ampiezza e intensita in bocca. Rimarchevole, nonostante l’idea italica di Pinot Blanc sia tutt’altra.

ALBERT MANN

Il Domaine è il frutto dell’unione delle famiglie Mann e Barthelme, questi ultimi attivi sin dal 1654. I fratelli Barthelmè, vignaioli dell’anno 2012 per la rvf, sono una forza della natura. Lavorano 23 ettari suddivisi in un centinaio di parcelle, in regime biodinamico dal 2013. Vigne a pochi km da Colmar nell’alto reno. Maurice in vigna e Jacky in cantina sanno realizzare vini cesellati di grande equilibrio. E’ dalla loro cantina che esce quello che è considerato il miglior Pinot Nero alsaziano.

Il vino che mi è piaciuto: Aoc Alsace Muscat 2018: un Muscat d’Alsace secco (70% varietà ottonel e 30% muscat d’Alsace) così ben fatto è una rarità. Certo, il vino migliore della magnifica gamma del Domaine è il Riesling Grand Crù Schlossberg, ma questo Muscat è così delicato e raffinato negli aromi e al palato che rappresenta un momento di ristoro e riposo dai grassi e opulenti vini da vendemmia tardiva o con residui zuccherini rilevanti.

 BOTT-GEYL

Jean Cristophe Bott oggi conduce l’azienda nata negli anni 50 dalla fusione delle storiche famiglie Bott e Geyl. Nel 93 ha convertito al biologico tutti i 15 ettari di vigna che poi nel 2000 sono passati in regime biodimanico. Ha un ventaglio di vigne prestigioso dislocate su 6 gran cru e 4 lieu-dits. Ha uno stile che mette in risalto la ricchezza e la concentrazione. Gestisce alla grande la sua parcella nel difficile e complicato Grand Crù Schoenenburg, un crù molto fertile di oltre 50 ettari che si riscalda lentamente ma consente maturazioni lente, ed è particolarmente vocato a produrre vini da lunghi invecchiamenti.

Il vino che mi è piaciuto: Aoc Alsace Riesling Grand Crù Schoenenbourg 2014: sono stato a lungo indeciso tra due Riesling di grandissimo livello, il Schlossberg e il Schoenenbourg, entrambi dall’annata 2014(sterss idrici a giugno, estate fresca e settembre umido) che ha richiesto cernite importanti durante la vendemmia. Alla fine mi ha conquistato l’acidità meno marcata e la delicatezza agrumata, appena amara, del finale di bocca.

MARCELL DEISS

Jean-Michel Deiss rappresenta un caso emblematico. Caposcuola e icona indiscussa di un movimento riformatore che mira a reintrodurre la compiantazione, cioè la possibilità di mescolare le uve di un terroir, come era prima dell’avvento della fillossera. Solo una degustazione dei vini di Marcell Deiss, vi può rendere l’idea di cosa sia la gamma di sfumature che riesce a produrre nei suoi capolavori assemblando le uve. Il carattere del vigneto emerge al di là di ogni ragionevole dubbio.

Il vino che mi è piaciuto: Grasberg 2014: dover scegliere uno dei vini di Marcell Deiss è impresa ardua, specie dopo la lunga ed esaustiva degustazione di vini frutto della pratica della complantazione, vale a dire dell’assemblaggio di varie uve ma provenienti da un terroir specifico. In questo caso da una parcella posta sulla cima del Grand Crù Altenberg de Bergheim e con uve riesling, pinot gris e gewurtztraminer. E’un’esplosione di frutti tropicali e di agrumi, e in bocca è complesso, lussurioso e di lunga persistenza. Non è secco ma, incredibile, ha un grande equilibrio giocato tra acidità e dolcezza.

 

Si ringrazia Samuel Cogliati e Jean Marc Gatteron per aver editato il libro: Alsazia, il territorio, i vignaioli, i vini dal quale ho tratto alcune informazioni.

Giovanni Solaroli

Ho iniziato ad interessarmi di vino 4 eoni fa, più per spirito di ribellione che per autentico interesse. A quei tempi, come in tutte le famiglie proletarie, anche nella nostra tavola non mancava mai il bottiglione di vino. Con il medesimo contenuto, poi ci si condiva anche l’onnipresente insalata. Ho dunque vissuto la stagione dello “spunto acetico” che in casa si spacciava per robustezza di carattere. Un ventennio fa decisi di dotarmi di una base più solida su cui appoggiare le future conoscenze, e iniziai il percorso AIS alla cui ultima tappa, quella di relatore, sono arrivato recentemente. Qualche annetto addietro ho incontrato il gruppo di Winesurf, oggi amici irrinunciabili. Ma ho anche dei “tituli”: giornalista, componente delle commissioni per la doc e docg, referente per la Guida VITAE, molto utili per i biglietti da visita. Beh, più o meno ho detto tutto e se ho dimenticato qualcosa è certamente l’effetto del vino.


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