L’ultima volta che ho visto Franco Geminiani è stato un paio di mesi fa nella sua Fattoria Zerbina; era già malato, stanco, ma sono felice di averlo salutato per l’ultima volta. Il Signor Franco, così l’ho sempre chiamato, era figlio di Vincenzo e papà di Cristina, fu ponte decisivo tra il nonno e la nipote, tra due epoche e due mondi ugualmente decisivi non solo per le vicissitudini della tenuta agricola acquistata nel 1966, ma per la storia moderna del vino romagnolo.
In pochi lo conoscevano, forse i vecchi operatori del settore, forse qualche appassionato di lunga militanza, niente rispetto al peso determinante che invece ha sempre avuto nelle vicende operative dell’azienda. Franco decise di vivere la sua tenuta tra le quinte di famiglia e ha continuato a farlo fino alla fine, con i modi di un signore d’altri tempi, pieni di garbo e umanità.
Ebbi la fortuna di incontrarlo spesso durante il mio stage in Fattoria, ormai tredici anni fa, e ricordo bene che tutte le mattine passava a salutarmi, io garzone di bottega goffamente alle prese con rimontaggi e délestage; mi sorrideva, mi chiedeva se fossi stanco, se avessi bisogno di qualcosa, e si allontanava con una calorosa stretta di mano.
Ieri se n’è andato un uomo perbene, dimenticarlo sarebbe ingiusto, spero che non accada.