Era riuscito a domare il Raboso ma non ce l’ha fatta a domare un male che qualche giorno fa l’ha portato via.
Ho saputo solo adesso (mea culpa) che Giorgio Cecchetto, produttore veneto forse tra i più lungimiranti del nostro paese, ci ha abbandonato, stroncato da una brutto male a poco più di 60 anni.
L’avevo incontrato due volte in vita mia, l’ultima poco più di un anno fa, ed entrambe le volte mi aveva lasciato stupito e ammirato. La seconda volta più della prima, grazie a vini ma soprattutto al clima che c’era in azienda, dove i figli erano parte integrante e integrata del progetto.
Si, perché Giorgio Cecchetto aveva un progetto, anzi parecchi: non era solo di fare vino buono, di scoprire le potenzialità e le possibili innovazioni di un vitigno come il raboso. Dall’avvicinare al vino e alla vita dei campi i ragazzi affetti da sindrome di Down, al suo ingresso nel mondo del Prosecco DOCG di qualità, al suo sperimentare continuo e addirittura condividere la sua cantina con amici appassionati che l’hanno riempita di bottiglie stratosferiche: tutto questo faceva di Giorgio una persona poliedrica, disponibile, attenta, di buon cuore.

Ai figli, che voglio ricordare con questa foto e alla moglie vanno le mie condoglianze più sincere e mi scuso per non aver scritto qualcosa nei giorni scorsi.
Giorgio e i suoi figli avevano lasciato in me una bellissima impressione e sono convinto che i tre sapranno continuare come è meglio di prima, usando le idee di Giorgio e sviluppandole con la fermezza e la sana passione che ho intravisto in loro.
Ciao Giorgio, in cantina ho un tuo Raboso e non lo stapperò adesso ma fra molti anni, perché vedendo quella bottiglia il tuo ricordo rimanga vivo e perché sono convinto che potrà maturare e migliorare per molto tempo.