Trentino fa rima con “Che bel viaggino!”3 min read

Il minimo che può capitare ad un abitante delle padane plaghe nebbiose che si reca in Trentino è un senso di vertigine per quelle alte vette che ti circondano. Se poi il padano è un appassionato di vino ed ama guardare il modo in cui i vigneti contendono lo spazio al pascolo e a i prati, indugiandovi pure a lungo, beh, allora la questione diventa più seria.
Ci sono buone probabilità che si faccia rosicare dall’invidia e, per non rischiare di tornarsene a casa oppresso da un vago ed indefinito senso di depressione, egli non potrà che opporre una strenua ed eroica resistenza, facendo ricorso all’unico antidoto di sua conoscenza. L’assaggio dei vini con moderazione (come vogliono legge, buonsenso e apparato digerente)  ma anche con altrettanto ferrea determinazione. Ed è esattamente ciò che ho fatto nei tre giorni in cui ho partecipato all’Educational Wine Tour promosso da Trentino SPA, l’azienda di marketing territoriale della regione. Sono bastati questi pochi giorni perché mi rendessi conto che esiste una parte del mondo enoico trentino che ad un viaggiatore frettoloso rischia di sfuggire. Uno spicchio più nascosto e defilato dalla realtà dei nomi noti e famosi, eppure non per questo meno interessante e rivelatrice. E’ su questa direttrice Trentino Spa ha messo in cantiere il Wine Tour, affidandolo all’abile e consumata esperienza di Sabrina Schench e Federica Schir.

Ecco a voi, quindi, un “distillato” delle mie riflessioni (si fa per dire).

Un percorso di avvicinamento ai vini trentini non può prescindere dalla figura del vignaiolo, sia esso produttore in proprio che conferitore di uve. Il produttore Trentino è per sua natura dinamico e responsabile, molto rispettoso dell’ambiente che lo circonda ed in cui opera e vive. Una “natura” così radicata nel modo di pensare e vivere che in Trentino, oggi come oggi, si è arrivati a vietare l’impiego di qualunque tipo di insetticida.
Un ambiente difficile, talvolta ostile per clima e morfologia, ha convinto nel corso degli anni i vignaioli trentini a ricercare la qualità ai massimi livelli e la valorizzazione del proprio patrimonio ampelografico, fatto da tanti vitigni e da molte sfumature. Non essendo un romanziere, credo farei molta fatica a farvi “voltar pagina” continuando così, senza tirar fuori uno straccio di nome di un vino. E allora eccovi qualche flash.
I vini assaggiati, circa una quarantina, hanno tutti il pregio della grande bevibilità, avendo leggerezza e struttura allo stesso tempo, con un buon corredo aromatico e una notevole scorrevolezza di bocca. Gli spumanti poi hanno fragranza e sapidità. Alcuni giocano su allunghi più importanti, altri si fanno apprezzare più per il brio subitaneo che per la complessità. Tutti hanno profumi intensi e ad alcuni non manca un tratto più esotico. Escludendo i “soliti noti”, San Leonardo, Foradori, Pojer, ecc. ecc, mi ha colpito la “grassezza” del Pinot Bianco di Bellaveder, l’eleganza del Pinot Nero (fantastico) di Maso Cantanghel, l’articolata complessità del Brut Rosè di Maso Martis, la mineralità agrumata dei Riesling di Pelz&Piffer, la naturalezza espressiva dei quattro vini di Vallarom, e il tratto varietal-territoriale della Nosiola di Vivallis.

 

Giovanni Solaroli

Ho iniziato ad interessarmi di vino 4 eoni fa, più per spirito di ribellione che per autentico interesse. A quei tempi, come in tutte le famiglie proletarie, anche nella nostra tavola non mancava mai il bottiglione di vino. Con il medesimo contenuto, poi ci si condiva anche l’onnipresente insalata. Ho dunque vissuto la stagione dello “spunto acetico” che in casa si spacciava per robustezza di carattere. Un ventennio fa decisi di dotarmi di una base più solida su cui appoggiare le future conoscenze, e iniziai il percorso AIS alla cui ultima tappa, quella di relatore, sono arrivato recentemente. Qualche annetto addietro ho incontrato il gruppo di Winesurf, oggi amici irrinunciabili. Ma ho anche dei “tituli”: giornalista, componente delle commissioni per la doc e docg, referente per la Guida VITAE, molto utili per i biglietti da visita. Beh, più o meno ho detto tutto e se ho dimenticato qualcosa è certamente l’effetto del vino.


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