Toscana IGT bianco 2017 Giudizio, Scipio2 min read

L’elmo dell’inno di Mameli stavolta non c’entra: Scipio, al secolo Mario, è proprio il produttore di questo sorprendente vino, che ho scoperto praticamente per caso fermandomi random tra i banchi del recente Wine&Siena.

L’azienda è giovanissima, nata nel 2022, e coltiva vecchi vigneti di varietà autoctone – da 40 fino a 100 anni di età, quasi la metà a piede franco, garantiscono il titolare e il suo braccio destro, Agostino Bilancini – rintracciati qua e là sui suoli vulcanico-tufacei di Pitigliano. L’uva è raccolta a mano e poi vinificata nella cantina di San Quirico di Sorano, a meno di due km in linea d’aria dal confine laziale. Maremma profonda. O Alta Tuscia, se preferiamo.

Le mie prima esperienze di vinificazioni amatoriali – spiega Scipio – sono iniziate nelle antiche cantine monumentali scavate nel tufo, con la supervisione di amici enologi. La svolta è avvenuta però grazie all’incontro con Gaspare Buscemi, tra i maggiori maestri dell’enologia artigianale. E’ grazie alla sua spinta che è nata l’azienda”.

Delle quattro etichette che ho assaggiato alla kermesse senese, il “Poggio del Grillo” 2022 (Procanico rosa al 95% e Ansonica), il “Selva Cerrina” 2021 (bianco da tavola, dal 2022 divenuto “Giudizio”), il “Meletello” 2022 (Sangiovese 60% e Ciliegiolo) e il “Giudizio” 2022 (Procanico, Malvasia, Verdello, Ansonica e altri), quello che più mi ha colpito è l’ultimo, un sorso davvero inusuale e gratificante.

Fatto con pressatura di uve trattate solo con rame e zolfo, fermentazione spontanea e affinamento in acciaio, questo bianco dal colore dorato carico offre un ventaglio olfattivo vastissimo, cangiante e delicato, che alterna sentori di fiori di acacia, pietra e sassi, una punta di acciarino, accenni di miele, fieno e erbe di campo, restando capace di mantenersi in equilibrio su una sobria eleganza. La musica non cambia in bocca, ove pulizia e la compostezza assecondano un palato inusuale, mutevole, ora a tratti pastoso, ora gentile, mai sfuggente, lungo ma senza noia, vivo ma senza banalità.

Ho saputo che ne fanno meno di 7mila bottiglie, ma se la strada è questa (e non le finiscono prima) ne risentiremo parlare presto.

Carlo Macchi

Sono entrato nel campo (appena seminato) dell’enogastronomia nell’anno di grazia 1987. Ho collaborato con le più importanti guide e riviste italiane del settore e, visto che non c’è limite al peggio, anche con qualcuna estera. Faccio parte di quel gruppo di italiani che non si sente realizzato se non ha scritto qualche libro o non ha creato una nuova guida sui vini. Purtroppo sono andato oltre, essendo stato tra i creatori di una trasmissione televisiva sul vino e sul cibo divenuta sicuramente la causa del fallimento di una nota rete nazionale. Riconosco di capire molto poco di vino, per questo ho partecipato a corsi e master ai quattro angoli del mondo tra cui quello per Master of Wine, naturalmente senza riuscire a superarlo. Winesurf è, da più di dieci anni, l’ultima spiaggia: dopo c’è solo Master Chef.


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