Terza edizione di Monferace en Première3 min read

La location è sempre il meraviglioso Castello di Ponzano nel cuore del Monferrato, mentre gli interlocutori sono cambiati almeno in parte.

L’anno scorso si era affrontato il tema della Geologia dei vigneti ed il valore del paesaggio agrario del basso Piemonte. Quest’anno invece si è optato per una spiegazione un po’ più tecnica e forse anche molto più interessante  sul profilo aromatico dell’uva Grignolino con il professor Maurizio Petrozziello del CREA.

Saltando la parte teorica, complessa anche se molto interessante Petrozziello ci dice che Il Grignolino è caratterizzato dai seguenti macro elementi:

Castello di Ponzano

il rotundone (speziato = pepe); benzenoidi (frutta = ciliegia, more); terpeni (floreale = rosa) e norisoprenoidi (eucalipto e the’).

Tutti questi elementi con l’invecchiamento a Monferace vengono leggermente amplificati con un importante aggiunta di note oaklattone (note boisé = cocco, vaniglia).

Successivamente Anna Schneider si è focalizzata sull’origine del Grignolino ed in generale su come si forma un nuovo vitigno ed eventuali mutazioni.

Il Grignolino, conosciuto con il nome di Barbesino sin dal XII° secolo, non si sa ancora di chi sia ‘figlio’. Fratellastro dell’uva Zanello (non si hanno notizie di vinificazione recente)  ed Uvalino (credo esista solo un’azienda che lo produce).  Nipote del Nebbiolo (nonno) e della Freisa (zia) e zio del Ruchè.

Anna Schneider

Ma quindi? Osservando il profilo antocianico il Grignolino si posiziona nella via di mezzo tra il Ruchè ed il Nebbiolo.

Infine Alessandro Torcoli direttore di Civiltà del bere quest’anno ha condotto la degustazione apportando un valore aggiunto a questo momento con delle analisi più market/business oriented.

Interessante l’ultima domanda del direttore di Civiltà del bere: “Quali sono i vostri competitor?”

Le risposte mi hanno lasciato dubbioso: Barolo, Amarone, Nebbiolo, Barbaresco, Borgogna 1er cru e Grand cru, Gattinara e Brunello.

Più che competitors per me sono  denominazioni a cui Monferace aspirerebbe sia da un punto di vista qualitativo che di prezzo finale. Per ora il Monferace è una rara alternativa per i consumatori più esperti in cerca di nuove varietà, regioni e tipi di vino con adeguato bilanciamento prezzo/qualità.

Il fatto stesso che i prodotti vadano in gran parte molto lontano, giustifica una ricerca spasmodica di novità degli appassionati più incalliti.

Marco Ronco ci ha raccontato l’andamento climatico dell’annata 2019. Minime e massime sotto e sopra la medie nei primi tre mesi, aprile con piogge abbondanti ed un maggio abbondantemente sotto la media annuale (nuovo record freddo). Inizio Giugno caldissimo seguito da piogge abbondanti e i tre mesi successivi caldi.

Il territorio del Monferace

All’assaggio della 2019 si osserva uno scatto di qualità rispetto alla 2018, sarà l’annata o sarà un anno in più di esperienza delle aziende?

Undici i Monferace  degustati. ecco i miei migliori assaggi:

Accornero Vigne Vecchie 2019– Forse Il più classico, se possiamo usare questa parola,  dei Monferace. Frutta matura, note boisé, speziate e floreali sono ben stratificate. Tannino presente ma ben integrato da un freschezza balsamica (ginepro, erbe aromatiche) ed agrumata (chinotto). Lungo e persistente.

Vicara Uccelletta 2017. Colore ancora rubino pallido. Aromi nitidi, distinguibili ben intricati di frutta rossa matura, pepe nero, tabacco da pipa, agrumi, curry e fiori secchi. Fresco lungo e persistente con tannino morbido ed avvolgente con ritorni di frutta e velature balsamiche.

Tenuta Santa Caterina 2019. Frutto maturo ma ancora molto fresco (amarane/more/fragole). Spezia dolce dal pepe al masala e leggermente piccante. Tannino vellutato con pizzicore fresco di agrume e peperoncino. Finale molto pulito con frutta dolce.

Davide Buongiorno
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