Taurasi 1977 Mastroberardino2 min read

Il tempo del vino? Ci sono bottiglie che hanno bisogno di evoluzione per esprimersi al meglio e che però in ogni stadio riescono ad esprimere una completezza circolare.
Altre di cui non si può fare altro che contare gli anni di attesa, lunghi come i minuti di un appuntamento giovanile d’amore (verrà, non verrà?)
L’Aglianico è gretto e inelegante quando esce troppo presto, sprucido come le genti irpine e vulturine che lo lavorano poco aduse al commercio e alle relazioni umane borghesi, ma chiuse nei loro secoli, che dico, millenni, di isolamento montanaro.
Poi però il tempo serve a scoprire le qualità nascoste, la laboriosità e il senso della misura accompagnato da una caustica ironia sulle cose del mondo per quanto riguarda gli uomini, l’ingredibile eleganza del bicchiere, Sottile e forte, quando sono passati, dieci, quindici, vent’anni, trent’anni.
Sinora solo con Mastroberardino è possibile viaggiare oltre i venti anni. Si è spesso parlato del Taurasi 1968, e il mio invito è, quando avete occasione, di profittare e partecipare alle rare verticali che l’azienda organizza in giro per l’Italia nel corso dell’anno.
Noi di recente abbiamo condotto una trama a Vitigno Italia insieme all’enologo Massimo Di Renzo e all’amministratore delegato Dario Pennino.

Allora ci è piaciuto molto il 1977, trentatre gli anni di Cristo, e di cui riporto le note della brava degustatrice Sara Marte: “il 1977 è frutto invece di un’annata definita” la tipica annata irpina” per le forti escursioni termiche tra il giorno e la notte. Fine agosto poi ed inizio settembre furono caratterizzati da forti piogge. E’ un vino che regala subito un naso di bella complessità, certo meno sconvolgente del precedente 1968. Percepisco delle note di cuoio ed al palato ci dirigiamo verso qualche nota medicinale e certamente una bocca di lunga, lunghissima persistenza e profondità. Il tannino c’è, rotondo ma presente”.
Il tempo è l’elemento fondamentale capace di distinguere un grande vino. Motivi commerciali spingono tutti al bicchiere pronto, ma allora bevete Freisa, Nero d’Avola, Piedirosso.
Nessuna pratica enologica potrà invece eguagliare la capacità dell’Aglianico di dialogare con gli anni di regalari sensazioni ancestrali al naso e alla mente.
Il significato storico di queste bottiglie è proprio questo: l’Aglianico regala grandi soddisfazioni, tanto migliori quanto lunga l’attesa di cui sarete stati capaci.
Il resto è ciarpame enologico.

Questo articolo esce contemporaneamente su :
vinoalvino.org
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winesurf.it

 

Carlo Macchi

Sono entrato nel campo (appena seminato) dell’enogastronomia nell’anno di grazia 1987. Ho collaborato con le più importanti guide e riviste italiane del settore e, visto che non c’è limite al peggio, anche con qualcuna estera. Faccio parte di quel gruppo di italiani che non si sente realizzato se non ha scritto qualche libro o non ha creato una nuova guida sui vini. Purtroppo sono andato oltre, essendo stato tra i creatori di una trasmissione televisiva sul vino e sul cibo divenuta sicuramente la causa del fallimento di una nota rete nazionale. Riconosco di capire molto poco di vino, per questo ho partecipato a corsi e master ai quattro angoli del mondo tra cui quello per Master of Wine, naturalmente senza riuscire a superarlo. Winesurf è, da più di dieci anni, l’ultima spiaggia: dopo c’è solo Master Chef.


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