Tannini, noccioline, gomma arabica!! Le aziende rispondono.8 min read

Non possiamo certo dirci soddisfatti della risposta dei produttori italiani ai nostri quesiti su Gomma arabica e tannini. Abbiamo spedito le nostre domande a quasi 1750 cantine (in alcuni casi due volte) ed il risultato è che solo 44 aziende ci hanno risposto. Capiamo benissimo che era la prima volta che si vedevano arrivare domande molto irriverenti e che prevedevano risposte per niente facili, ma ci aspettavamo qualcosa in più. Prima di proseguire vogliamo ringraziare le 44 aziende (troverete il loro elenco poco sotto) che da 11 regioni diverse ci hanno inviato le risposte ai nostri 10 quesiti. Forse è bene iniziare proprio da qui, dalle regioni che ci hanno completamente snobbato. Nel nord non abbiamo avuto una risposta che fosse una da Lombardia, Liguria, Valle d’Aosta, Trentino ed Alto Adige, nel centro l’Umbria spicca per il suo disinteresse come nel sud la Puglia, la Calabria e la Basilicata. Dal Lazio e dall’Emilia Romagna abbiamo avuto un solo “cenno di vita”,  due (ma encomiabili)  da Marche, Abruzzo, Sardegna e Sicilia. Salendo troviamo il Friuli con tre, la Campania con quattro,  il Veneto con cinque e poi Toscana e Piemonte si dividono lo scettro con undici risposte a testa. Ma vediamo di cambiare registro ed andiamo addentro ai dati che ci sono arrivati. Come vedrete dall’elenco ci hanno risposto cantine importanti e non, grandi e piccole, nomi blasonati ed altri assolutamente sconosciuti.

Come oramai consuetudine ripercorreremo assieme le nostre 10 domande e poi trarremo alcune conclusioni.

Hanno risposto (in ordine rigorosamente temporale) queste 44 cantine: Cascina i Carpini, Paladin, La stoppa, Castello Ducale, Ghizzano, Boscaini Carlo,Villa Cervia, Dettori, Pittaro Vini, San Luciano, Valgiano, Cantine d’Ercole, Casina di Cornia, Sedilesu, De Conciliis, Arbiola, Cantine Buffa, Cantine Rallo, Torre Gaia, Primosic, La Castellina, Torraccia del Piantavigna, Panizzi, Scopetani, Carra di Casatico, Biovini Erbaluna, Roccolo Grassi, Belisario, San Felice, Terre da Vino, Aurelio Settimo, Antoniolo, Cavallotto, Montesecondo, Anna Berra, Cantine Leonardo, Produttori del Barbaresco, Contrade di Taurasi, Illuminati, Antolini, Sandrone, Gruppo Italiano Vini, Ormanni, Bucci.

Dato che il questionario non si presta (salvo annoiarvi a morte) ad essere pubblicato 44 volte e visto che alcune cantine hanno chiesto di non vedere pubblicate le loro risposte, vi faremo noi un corposo e veritiero sunto di quanto ci è giunto.

 

La prima domanda era di approccio :

Conosce i seguenti prodotti usati in enologia? Ed elencavamo:Gomma Arabica, Tannini da buccia, tannini da vinaccioli, tannini da legno.

Nessuno ha risposto di no, qualcuno ha sottolineato che li conosce ma non sa a cosa servono………

La seconda domanda chiedeva quanto venivano usati in cantina, dando quattro possibili risposte: mai, qualche volta, spesso, sempre.

Solo 7-8 aziende hanno risposto di non usare mai tutti e quattro i prodotti. Il resto ha risposto con varie sfumature. Nessuno ha detto di usarli sempre.

La terza domanda si riferiva ai dosaggi dei quattro prodotti.

Qui la faccenda si ingarbuglia. Ben 19 aziende (il 43% del totale!!!) hanno affermato di usare Gomma Arabica in dosaggi molto diversi: si va da 10 gr/hl a 200gr/hl. Come vedete una bella forbice, che si amplifica ulteriormente visto che solo uno ha specificato l’uso di quella in polvere

(che ha concentrazioni diverse rispetto alla liquida).

Per quanto riguarda i tannini siamo di fronte alle prime sorprese: pensavamo che i più usati fossero quelli da legno ma invece solo 8 cantine (il 19%)  ammettono di usarli, contro le 9 dei tannini da vinacciolo (il 22%) e le undici dei tannini da buccia (25%). Dato che diverse cantine usano una sola di queste tre tipologie abbiamo ben 22 aziende (50% del totale!!!!) che aggiungono, più o meno saltuariamente, ai loro vini, tannini di varia natura.

 

La quarta domanda era la seguente:

Crede sia giusto, in caso di loro uso, riportarlo in etichetta? A questa era strettamente collegata la quinta che gli chiedeva il perché.

Qui si sono divisi praticamente a metà: 22 (50%)hanno risposto SI, 16 (36%) NO e 6 non hanno dato risposta. I Si hanno motivato  soprattutto con voglia di chiarezza verso il consumatore (quindi solarità commerciale) e per marcare chiaramente la differenza tra vino naturale ed industriale. A questo proposito voglio sottolineare (si capisce comunque dai numeri) come diverse aziende che usano uno o più dei quattro prodotti abbiano detto che è bene non riportarli in etichetta. Motivi: (tra parentesi nostre annotazioni): sono ininfluenti, possono fuorviare il consumatore, creare confusione, dare un’immagine distorta del settore, aggiungerlo in etichetta costa perchè queste devono essere rifatte(sic!!!!!!!!), in basse dosi non danno problemi (allora qualche problema lo danno???? In che dosaggi????), sono prodotti già presenti nel vino (i tannini del legno e la gomma arabica?????). Un azienda molto conosciuta ha testualmente dichiarato che “…non vanno riportate in etichetta se modificano solo il gusto del vino”!!!!

Come vedete troviamo motivazioni che partono da ragioni anche condivisibili ed arrivano al limite dell’assurdo. Ci sembra che su tutto regni molta confusione e molta ignoranza sui prodotti stessi.

 

Arriviamo così alla sesta domanda:

Crede che la legislazione, per queste sostanze, sia: troppo lassista, , giusta. troppo restrittiva

Le prime due possibilità hanno diviso a metà il gruppo. 19 hanno detto “troppo lassista”, altrettanti “giusta”, due si sono astenuti ed uno solo ha optato per il “troppo restrittiva”.

La settima domanda chiedeva il perchè della loro opinione. Qui molti (oltre il 60%) hanno preferito non rispondere, soprattutto tra quelli che giudicano giusta la normativa. Chi la vede troppo lassista vorrebbe una regolamentazione maggiore sulle DOC e sulle DOCG e soprattutto denuncia la quasi assoluta “aggirabilità” dei controlli stessi.

Le domande 8-9-10 riguardavano i chips:

Pensa in futuro di utilizzare i chips (trucioli di legno) nel vino?
Perchè?
Nel caso li dovesse usare, lo riporterà in etichetta?

Come vedete erano tre domande che aprivano un mondo di possibilità. Alla prima delle tre la stragrande maggioranza ha risposto NO (67%) ma una discreta fetta (20%)ha detto SI, argomentando che prima di qualsiasi decisione vanno provati per vedere che risultati danno. Un 13% non ha risposto.

Sui perchè, tra i fautori del no, primeggiano motivazioni di ordine qualitativo (il legno è meglio!) che riguardano i loro vini di alta fascia:  alcuni asseriscono di poterli anche prendere in considerazione ma solo per i  vini base. Tra i possibili utilizzatori troviamo sempre la stessa tesi di base (sui grandi vini mai!) ma sono molto più possibilisti sulle altre tipologie:VDT, VQPRD, IGT (quindi anche un Supertuscan, per esempio!!!), o per vini che devono essere venduti su mercati dove altri già li usano regolarmente.( su che fasce di prezzo non viene detto!!!!!).

Chiudiamo con una notizia abbastanza positiva: alla decima domanda ben 34 aziende  (77%) hanno risposto SI e solo 6 NO (quattro astenuti). Delle 34 però ben 7 hanno detto che lo riporteranno solo se la legge lo richiederà, altrimenti…..ciccia.

 

Commenti

Cosa dire a commento di questi dati. Intanto facciamo una premessa importante. Anche se siamo per principio contrari all’utilizzo di queste sostanze in enologia la cosa che veramente ci sembra ingiusta e sbagliata è il non riportarle in etichetta.  Il consumatore ha il diritto di sapere che cosa c’è dentro al prodotto che acquista, qualunque esso sia.

Per questo non possiamo essere felici quando scopriamo (traslando il nostro risultato a livello nazionale) che quasi il 50% delle aziende usa gomma arabica regolarmente ed un altro 50% utilizza tannini di varia natura. In pratica solo un esiguo 20% dice di non usare niente. Se questo è vero abbiamo circa l’80% delle aziende vitivinicole che utilizzano regolarmente qualcuna di queste sostanze senza riportarlo in etichetta. Siamo d’accordo che è tutto perfettamente legale ma non ci sembra etico e giusto, specie perchè la cosa non è ristretta a pochi casi ma oramai è più che generalizzata. Il Ministero delle Politiche Agricole (magari su richiesta dell’Assoenologi e delle associazioni di categoria , o è chiedere troppo?) dovrebbe muoversi, ed in fretta! In quanto poi a chiarezza di messaggio siamo messi proprio male: soffermiamoci sulle risposte che le aziende ci hanno fornito. Lasciamo da parte chi motiva la cosa con il costo delle etichette (si commenta da solo) ma tutta questa paura della verità, specie quando non si conosce perfettamente i risultati che i prodotti hanno sull’organismo ( vedi la frase : in piccole dosi non fanno male!!!) non è certo un bel viatico per poi volere a tutti  costi la fiducia del consumatore.

Ci hanno lasciato di stucco anche frasi come “Se modificano solo il gusto non vanno riportate in etichetta” che aprono scenari in cui il vino può subire, in nome del dio mercato, ogni sorta di manipolazione, perché dichiarata non nociva ed ammessa da fumose normative.

Ci saremmo aspettati quindi che le stesse normative soddisfacessero molti più produttori: per questo siamo stati felici nel constatare che ben la metà si sia dichiarata insoddisfatta, valutando le regole per l’uso dei “quattro moschettieri” troppo lassiste, specie per i vini DOC e DOCG. Questo, se vogliamo è un segnale positivo.

Sui chips era quasi logico che la stragrande maggioranza fosse contraria. La campagna stampa che si è innescata coglie i suoi frutti, anche se, una volta abbassatosi il polverone, sarà il caso di fare di nuovo l’appello. La cosa che preoccupa sui chips è l’assoluta generalizzazione di alcuni termini. Per esempio “l’uso solo nei vini di base”. Cosa vuol dire “vino di base”? Per Gaja può essere il Barbaresco da 70 € mentre per l’imbottigliatore dietro l’angolo è il vino da 50 centesimi, magari venduto in bric. Su questa linea non per niente qualcuno ipotizza il loro utilizzo per i vini IGT, vedendoli come “vini di base”, senza considerare che tutti i Supetuscan, la stragrande maggioranza dei vini siciliani più blasonati ed i vini “di fantasia” che quasi ogni produttore di livello mette in commercio, rientrano in questa categoria. In queste praterie d’ignoranza legislativa i chips ci sguazzerebbero benissimo ed ognuno potrebbe attingere alla fonte che più gli aggrada, senza essere tacciato (legalmente s’intende) di “intruciolare il vino”.

Chiudiamo tornando sui tannini da uve: forse correremo dietro a vecchie chimere e saremo degli idealisti superati ma non ci va giù il fatto che una sostanza estratta da uve bianche (e quindi a tutti gli effetti uva bianca anch’essa) possa essere usata in vini che per legge devono essere 100% uve nere. I consorzi del Barolo del Barbaresco e del Brunello di Montalcino (tanto per fare dei nomi) potrebbero e dovrebbero dare un segnale di vita.

 

 

Carlo Macchi

Sono entrato nel campo (appena seminato) dell’enogastronomia nell’anno di grazia 1987. Ho collaborato con le più importanti guide e riviste italiane del settore e, visto che non c’è limite al peggio, anche con qualcuna estera. Faccio parte di quel gruppo di italiani che non si sente realizzato se non ha scritto qualche libro o non ha creato una nuova guida sui vini. Purtroppo sono andato oltre, essendo stato tra i creatori di una trasmissione televisiva sul vino e sul cibo divenuta sicuramente la causa del fallimento di una nota rete nazionale. Riconosco di capire molto poco di vino, per questo ho partecipato a corsi e master ai quattro angoli del mondo tra cui quello per Master of Wine, naturalmente senza riuscire a superarlo. Winesurf è, da più di dieci anni, l’ultima spiaggia: dopo c’è solo Master Chef.


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