Striscia striscia, dove arriveremo?4 min read

Non ho visto tutti i servizi e le interviste dei “Fornelli polemici” fatti da Striscia la Notizia, ma quando ho avuto modo di seguirli dentro di me lottavano due sentimenti contrastanti. Il primo mi spingeva ad ammettere che delle cose vere c’erano (come negare le schede ristoranti fatte per fax, le mogli che sfruttano la posizione del marito e viceversa, o l’arte dello scroccare la cena, tipica di tanti colleghi o pseudo tali), il secondo incarnava  la certezza che quel poco di vero rischiava di diventare l’unica cosa vera per chi ascoltava, con il risultato di fare di tutte le erbe un fascio e di, come dicono ad Oxford, sputtanare la categoria.

Per questo ieri sera, dopo l’ennesimo ristoratore che si prendeva la tanto agognata rivincita su anni di sudditanza guidesca, ho deciso di scrivere a Striscia.
Di seguito la parte più importante della mia mail. Mi piace precisare che non sono riuscito a trovare una mail diretta od una qualsiasi della redazione. Ho dovuto inviarla a quella del Cabibbo. Speriamo sia arrivata a destinazione.

“…Mi risulta molto difficile andare avanti adesso perché, pur essendo completamente in disaccordo con il taglio dato ai servizi da Laudadio non posso non riconoscere che dei grossi problemi ci siano. Da una parte quindi riconosco fondate alcune ammissioni fatte da ristoratori (menù per fax, mancanza di visite) e da giornalisti (in primo luogo Carlo Cambi, anche se l’unico a pubblicare integralmente la sentenza contro il Gambero Rosso sono stato io, alcuni mesi fa, su winesurf) ma quello che non posso sopportare è che così facendo nel calderone ci fate entrare tutti:  dai giornalisti seri ai pressappochisti caciaroni. Tutti assieme in un “magna magna” di periferia dove il livello è veramente infimo. Non voglio essere io a ricordarvi che il nostro mestiere è soprattutto quello di permettere al lettore (o al telespettatore) di farsi un quadro chiaro della situazione. Questo non succede guardando i servizi di striscia, dove le parole di alcuni (credo e spero in buonafede) diventano oro colato. Vi invito quindi a dare lo stesso spazio anche al contraddittorio, intervistando le altre parti in causa. Spero che lo facciate con serietà e correttezza: solo così svolgerete un corretto servizio per il pubblico e soprattutto eviterete di gettare discredito su una categoria dove (come accade in molte altre) convivono spudorati dilettanti, seri professionisti e giornalisti corretti. Se dai vostri servizi pensate si possa capir questo continuate pure così, altrimenti…..a voi la scelta.
Sono a vostra disposizione per un proficuo scambio di opinioni”

Ho cercato volutamente di non essere polemico (e spero di esserci riuscito), anche se dentro ribollivo come un vulcano in eruzione. Questa eruzione era dovuta purtroppo anche alla reazione di diverse persone del settore (pure colleghi)  che invece di essere preoccupati ghignavano di soddisfazione quando veniva screditato tizio o caio. Come si fa a non capire che servizi del genere ci mettono tutti sulla stessa barca e se affonda, affondiamo assieme a lei. Come non capire che sarebbe giunto il momento di farsi sentire, anche ufficialmente, con i redattori di Striscia. Non per fare la voce grossa ma semplicemente per far capire che il mondo del giornalismo enogastronomico è pieno di persone serie e (come accade da qualsiasi parte) anche  di qualche mela marcia. Questo però non deve essere il viatico per denigrare tutta  la categoria, usando inoltre una tecnica che è molto simile al pettegolezzo. Dai cuochi sparlanti di cui non sappiamo nome e faccia, a titolari blasonate che si lamentano perché non vengono valutate meglio (quante lamentele del genere abbiamo sentito…), a giornalisti che non si rendono conto di darsi la zappa sui piedi pur di apparire in televisione, la tecnica è sempre la stessa: pochi fatti (peraltro mal esposti) e parecchio astio, il tutto mescolato in un mare di chiacchiere. Capisco che oggi fa più audience una pernacchia di un discorso serio ma quando te ne rendi conto sulla tua pelle la cosa brucia maledettamente. Faccio un esempio: il mio amico Carlo Cambi che, in chiusura del suo intervento, cita la frase di Peynaud “La qualità dei vini la fanno i degustatori, ma la qualità dei degustatori chi la fa” non ricordandosi forse di aver pubblicato centinaia di degustazioni sul suo Wine Passion, porta non solo discredito totale sulla categoria ma un discredito non motivato e difficilmente “rivedibile” se non con l’oblio. Ma da qui all’oblio cosa diciamo al pubblico? Come motivo la mia serietà e correttezza se non posso togliermi pubblicamente di dosso una lettera scarlatta che assolutamente non sento, assieme a moltissimi colleghi, di meritare.

Sono molto preoccupato perché non credo che la cosa finirà qui. E’ talmente facile trovare ristoratori o produttori  di vino incazzati per punteggi che reputano ingiusti che Striscia la notizia rischia di avere servizi in archivio per il prossimo millennio. Forse la cosa avrà comunque uno stop: il giorno in cui uscirà la prima guida enogastronomica di Striscia la notizia…….

 

 

Carlo Macchi

Sono entrato nel campo (appena seminato) dell’enogastronomia nell’anno di grazia 1987. Ho collaborato con le più importanti guide e riviste italiane del settore e, visto che non c’è limite al peggio, anche con qualcuna estera. Faccio parte di quel gruppo di italiani che non si sente realizzato se non ha scritto qualche libro o non ha creato una nuova guida sui vini. Purtroppo sono andato oltre, essendo stato tra i creatori di una trasmissione televisiva sul vino e sul cibo divenuta sicuramente la causa del fallimento di una nota rete nazionale. Riconosco di capire molto poco di vino, per questo ho partecipato a corsi e master ai quattro angoli del mondo tra cui quello per Master of Wine, naturalmente senza riuscire a superarlo. Winesurf è, da più di dieci anni, l’ultima spiaggia: dopo c’è solo Master Chef.


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