Sfogo dopo un anno di Covid3 min read

In questi giorni, che negli scorsi anni erano pieni di anteprime e quindi di informazioni, di conoscenze, di incontri, di viaggi, ho capito quale reale rischio corriamo con la pandemia. Quello di non rinnovare e ampliare il nostro orizzonte culturale e conoscitivo.

Uno può controbattere che un giornalista può (e deve in molti casi) muoversi per lavoro ma, almeno per il mondo del vino non è la stessa cosa. Nel mondo del vino accanto alla notizia c’è sempre una minima deriva piacevole, anche quando si parla di notizie spiacevoli. Per esempio se ci comunicano che una fiera non verrà fatta da una parte ti dispiace ma dall’altra il tuo pensiero corre a quelle trascorse, a alcuni momenti belli, a incontri, a degustazioni, a confronti.

Oggi, almeno a me, manca questo: non tanto la degustazione (che posso fare in ufficio) ma tutto quel mondo, quel contorno che è strettamente legato alla degustazione e ti stimola a conoscere non solo le caratteristiche di un vino ma uno o più  produttori, una o più storie, denominazioni, territori, diversità e alla fine ti porta a crescere, non solo professionalmente.

Più vanno avanti i collegamenti online più mi rendo conto di quanto, anche nel migliore dei casi, rappresentino un triste surrogato della realtà e mi viene da pensare ai ragazzi, agli studenti, che si sono visti defraudati per un anno (e speriamo sia finita qui) della loro vita di società, dell’interagire in un ambiente sicuro ma percepito (da giovane) ostile, dell’apprendere  modi con cui reagire alle “costrizioni” giornaliere dei professori e alle informazioni non sempre verbali che ricevono. Insomma della palestra  di vita che è  la scuola.

Anche io oggi sento il bisogno di questa palestra, sento la necessità  non solo di leggere libri sul vino ma di incontrare maestri, professori e naturalmente anche qualche alunno svogliato.

Rischiamo di perdere l’allenamento al confronto, di chiuderci dentro paure (anche motivate) che ci allontanano sempre più l’uno dall’altro. Un piccolo esempio: ogni volta che vedo una foto dove vi sono più persone vicine (anche se è di qualche anno fa)  mi viene immediatamente da pensare “Ma sono senza mascherina!” e il moto di leggera rabbia che mi prende fa sentire che dentro di me sta nascendo qualcosa di sbagliato, cioè il rifiuto verso un mondo normale, dove è normale parlare e incontrarsi senza paura di farlo. Ma questo è il meno.

Ho finito di rileggere adesso un illuminate testo di Umberto Eco, “Costruire il nemico” e alla fine mi è venuto da pensare che questa pandemia ci ha risvegliato innominabili paure verso l’altro, dove  l’altro non è una persona in “teoria diversa” (per colore, religione, etnia) ma è proprio quello che è accanto a te, il tuo vicino di casa, addirittura i tuoi figli che si incontrano con gli amici non utilizzando distanze da tutti consigliati.

Per dare un taglio a queste paure noi comunicatori del mondo del vino cosa dovremmo fare? Sinceramente non lo so ma sono convinto non basti fotografare una bottiglia bevuta e darne due note di degustazione, dovremmo fare qualcosa di più e di diverso, anzi di molto simile a quello che abbiamo fatto fino ad un anno fa: comunicare e commentare notizie .

Ma se le notizie non ci sono cosa possiamo fare? Lo chiedo a me e lo chiedo a voi.

Carlo Macchi

Sono entrato nel campo (appena seminato) dell’enogastronomia nell’anno di grazia 1987. Ho collaborato con le più importanti guide e riviste italiane del settore e, visto che non c’è limite al peggio, anche con qualcuna estera. Faccio parte di quel gruppo di italiani che non si sente realizzato se non ha scritto qualche libro o non ha creato una nuova guida sui vini. Purtroppo sono andato oltre, essendo stato tra i creatori di una trasmissione televisiva sul vino e sul cibo divenuta sicuramente la causa del fallimento di una nota rete nazionale. Riconosco di capire molto poco di vino, per questo ho partecipato a corsi e master ai quattro angoli del mondo tra cui quello per Master of Wine, naturalmente senza riuscire a superarlo. Winesurf è, da più di dieci anni, l’ultima spiaggia: dopo c’è solo Master Chef.


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