Sangiovese di Romagna: 10 e Lode.13 min read

Facciamo tutti un passo indietro nel tempo. Siamo, anno più anno meno, verso la metà dell’Ottocento. A Siena si è appena svolto un interessante incontro tra produttori ed appassionati di vino (da quando vengono chiamati convegni?) da cui sono uscite idee molto innovative. Ci immaginiamo di leggere da un giornale dell’epoca: “Da molti illustri intervenuti è stato evidenziato che, pur coltivando Sangiovese praticamente dappertutto, è molto probabile che quello di San Casciano non dia un vino uguale a quello della lontana Montepulciano o quello di Gaiole in Chianti non porti ad un prodotto simile a quello che nasce, per esempio, a Montalcino. Visto che su questo punto praticamente tutti i convenuti hanno dato il loro assenso si è proposto allora  di ricercare con attenzione le differenze tra questi territori/vini e di catalogarle. In altre parole, dopo un accurato studio, dovrebbe confermarsi il fatto, (dagli esperti riconosciuto da tempo) che non tutti i sangiovesi toscani sono uguali e che le zone  in cui nascono (per il territorio, il clima, le esposizioni, le temperature etc) hanno delle logiche diversità che portano a prodotti comunque buoni ma differenti, anche nel prezzo. La prima divisione abbozzata ha condotto ad indicare tre grandi territori: uno chiamato con lo storico nome di Chianti, gli altri due prenderanno invece il nome dai comuni di produzione: Montalcino e Montepulciano.”
Torniamo alla realtà ed al giorno d’oggi, in particolare al convegno (questo vero!) che si è tenuto a  Faenza sabato 27 Gennaio 2006. Il tema in discussione era “ Le varie identità del Sangiovese di Romagna” e sia il tono degli interventi che l’oggetto del contendere mi ha fatto pensare di essere testimone di un fatto storico: la prima presentazione pubblica delle sottozone del Sangiovese di Romagna. Questo progetto, tenuto giustamente in incubazione per alcuni anni da Fabio Giavedoni e Giorgio Melandri, ha ricevuto forza e vigore dalle profonde conoscenze del professor Remigio Bordini, fino ad  giungere ad una concreta base di discussione fattiva. Mentre ascoltavo i vari interventi mi ponevo una sola domanda “Ma perchè nessuno c’ha pensato prima?”. In realtà balza agli occhi che quel territorio comprendente quasi tre province ha delle diversità pedologiche e climatiche grandissime ed il fatto di tenerle tutte riunite nel grosso mazzo della DOC Sangiovese di Romagna rasenta l’assurdo. Ma sarebbe altrettanto assurdo bruciare le tappe e proporre in breve questa suddivisione come un fatto conclamato. Come quella Toscana tra Chianti, Chianti Classico, Nobile e Brunello, nata molti anni fa e che noi viviamo oggi come logica, quella romagnola avrà bisogno di tempo per sedimentarsi, approfondirsi e trovare in sè quelle motivazioni superiori che la rendano immune da un precoce e biasimevole sfruttamento commerciale. Se tra qualche anno, chi vorrà bere un Sangiovese di Romagna profumato ma austero chiederà “un Sangiovese di Predappio” allora vorrà dire che l’idea presentata nel 2007, (come quella senese del 1850….) avrà fatto il suo giusto percorso. Ma intanto presentiamoli questi territori: chi vorrà potrà conoscerli meglio leggendo i contributi di Fabio Giavedoni, Giorgio Melandri e Remigio Bordini riportato al termine del mio articolo. Io mi limito ad elencarli ed a presentarli graficamente.
1.Dozza-Imola
2.Serra-Castelbolognese
3.Faenza,
4.Brisighella
5.Modigliana-Marzeno
6.Oriolo dei Fichi-Vecchiazzano
7.Predappio
8.Bertinoro
9.Montiano – Longiano
10.Coriano-Covignano

Partendo da queste 10 zone, mettendoci il tempo che occorre, sono convinto che potrà nascere il Sangiovese di Romagna del futuro, molto più riconoscibile e tanto più intrigante del passato.

 

 

L’IDENTITA’ DEL SANGIOVESE DI ROMAGNA  LETTA ATTRAVERSO 10 TERRITORI.
Di Fabio Giavedoni e Giorgio Melandri

La doc del Sangiovese di Romagna è molto lunga e si possono riconoscere attraverso il bicchiere dei territori con espressioni di identità diversa. Il bicchiere, come dimostra la relazione del Dottor Remigio Bordini, racconta bene le diversità, e se da una parte sembra uno strumento molto empirico, dall’altra è strumento che coinvolge la cultura, la memoria e la sensibilità dell’uomo, cioè di quegli elementi che sono l’essenza stessa e il senso del vino. Ricordiamo che le classificazioni storiche francesi (su tutte quelle di Bordeaux del 1855 valida ancora oggi, che fu fatta utilizzando la valutazione qualitativa dei mediatori che permetteva di stabilire i prezzi del vino) sono state attraverso il bicchiere.
I dieci territori individuati non esauriscono comunque il tema perché quasi in ognuno è possibile riconoscere una scansione ben precisa di diversi ambienti e precisamente: la prima quinta collinare, più fertile e più calda, la collina vera e propria, ancora caratterizzata da terreni argillosi, e la alta collina dove iniziano i terreni autoctoni di arenaria, gesso e calcare. Il confine tra la prima quinta e la collina vera e propria spesso è segnato dai calanchi, nelle loro formazioni caratteristiche del paesaggio romagnolo. In qualsiasi zona vi saranno notevoli differenze tra i vini prodotti in questi tre diversi ambienti.
Vediamo insieme questi territori che sono descritti, come abbiamo già detto, a partire dal bicchiere: è chiaro che più sono i produttori impegnati in progetti di qualità su un singolo territorio, più sono i traduttori affidabili del carattere di quel territorio. Questa premessa è doverosa perché ci sono territori, e in particolare quello di Montiano –Longiano, che potranno rivelarsi appieno solo quando saranno disponibili traduttori più numerosi ed affidabili. Per introdurre i territori è necessaria una ultima precisazione importante. La lettura della DOC Sangiovese attraverso dieci territori esprime la volontà di descrivere le diverse identità dei sangiovesi prodotti in Romagna mettendo a fuoco attraverso il bicchiere i diversi stili, ricollegandoli ai loro territori, ai suoli ed alle diverse curve termiche. Non abbiamo mai pensato ad una lettura tesa a stabilire quali territori siano più o meno vocati, così come non abbiamo mai pensato di escludere delle zone da questa lettura. È stato naturale descrivere il “cuore” dei vari territori perché vi si ritrovano caratteristiche più pure, lasciando ad un ragionamento più tecnico la sfida di tracciare dei confini che in teoria potrebbero anche sovrapporre alcune aree.

Questo territorio rappresenta il confine nord per il Sangiovese di Romagna che qui risente di un clima tendenzialmente continentale, poco mitigato dalla rilevante distanza dal mare. In generale i vini possiedono un frutto più fresco, vivace, floreale e la piena maturazione richiede più che altrove un grande sforzo in vigna.

Come già per il territorio di Dozza, anche qui il clima è tendenzialmente continentale e poco mitigato dalla rilevante distanza dal mare. Questo territorio ha un ambiente ricco da un punto ambientale e molto interessante con alcune peculiarità come la presenza di cipressi. Storicamente è indicato in Romagna come un territorio molto vocato. In generale i vini possiedono un frutto fresco e floreale esaltato da una corretta espozizione delle vigne.

Qui siamo nel cuore della denominazione e i vini riescono a coniugare ricchezza, piacevolezza e anche una certa complessità. Questo terriorio consegna aromi fruttati e floreali, bocche morbide e vini di una certa espressività che soffrono in alcune posizioni le annate troppo calde o troppo fredde.

Comprensorio estremamente particolare a cominciare dal microclima che qui permette da sempre una diffusa coltivazione dell’olivo con risultati straordinari. I vini hanno una piacevolezza marcata, immediata, aromi floreali e, in generale, una vivida freschezza. Da segnalare che questa zona comprende anche i terreni dove emerge la vena del gesso, confine naturale con il territorio di Faenza, terreni con caratteristiche uniche che regalano ai vini una eleganza difficlmente ottenibile su altri suoli.

Questo distretto si differenzia da quello di Faenza-Brisighella più per ragioni microclimatiche e per una diversa vegetazione che per gli aspetti geologici. I vini hanno qui grande carattere ed una personalità decisa che rispecchia un territorio più selvaggio e duro. In generale il Sangiovese non fatica a trovare una certa potenza ed una marcata austerità.

Una zona con un terreno diverso ed assai particolare, caratterizzato dalla presenza di sabbie che affiorano spesso nelle arature. I vini di questo territorio hanno grande profondità e quando posseggono strutture molto ricche abbisognano di tempi lunghi di affinamento (soprattutto nella più calda zona ad est, verso Vecchiazzano). All’opposto, andando da Vecchiazzano verso Oriolo (ed in particolare verso Santa Lucia) i terreni diventano pianeggianti ed i climi più freschi e si producono vini decisamente più pronti.

Questo territorio è considerato nella tradizione orale romagnola uno dei più vocati tanto che spesso in passato si arrivava qui, anche da lontano, a prendere le marze per gli innesti. Il quadro aromatico è limitatamente floreale e mostra piuttosto un frutto molto evidente, con una maggiore austerità e durezza di tannini. Anche qui è segnalata tradizionalmente la presenza di sangiovesi ad acino ellittico.

Tradizionalmente territorio di Albana (che qui vanta una lunga tradizione) ha oggi scoperto una vocazione per il Sangiovese che lo porta ai vertici della produzione romagnola. I vini sono meno austeri di quelli della zona di Predappio nonostante una struttura più possente che richiede tempi lunghi di maturazione. Possiamo riconoscere due diverse esposizioni: la parte che guarda la pianura e il mare (cioè la parte rivolta alla via Emilia) e la parte di Montemaggio, che rimane a monte del paese. 

Questa zona rappresenta il confine tra il nord e il sud della denomizione ed i vini sono caldi e ricchi, con un fruttato molto evidente e una struttura levigata anche quando è ricca. I sangiovesi di questa zona possono facilmente essere indirizzati verso espressioni potenti, ma sono i vini più equilibrati ad esprimere le migliori qualità.

I vini prodotti in questa zona sentono decisamente l’influenza climatica del mare ed hanno un carattere più mediterraneo e solare. Generalmente sono pronti abbastanza presto ed esprimono eleganza e grande maturità di frutto. Le uve di Sangiovese qui maturano con circa 10 giorni di anticipo rispetto alla zona del faentino. E’ da queste colline, precisamente dai dintorni di Verrucchio, che arriva il delicatissimo Sangiovese ad acino ellittico caratterizzato da una buccia sottile, da un fruttato evidente e da tannini leggeri e soffici. Qui evidentemente le condizioni climatiche sono sempre più favorevoli.

TERRITORI  PER IL VITIGNO SANGIOVESE IN ROMAGNA
Contributo del Dott. Remigo Bordini, agronomo

Percorrendo la grande e antica via di comunicazione Emilia e quindi geograficamente da nord-ovest verso sud-est con a destra la collina appenninica e a sinistra l’estesa pianura, si attraversa quasi in diagonale la Romagna, incrociando i numerosi torrenti – fiumi che, con direzione sud verso nord e est costituiscono i veri e propri confini naturali di una serie caratteristica di distinti areali.
Percorrendo invece ipoteticamente il crinale appenninico, si potrebbe registrare un’altra serie di particolarità geologiche legate al fenomeno termale quasi sempre corrispondente con l’affiorare di rocce gessose ed emanazioni di zolfo. La progressione è la seguente: Castel San Pietro terme, Riolo Terme, Brisighella (terme), Catrocaro Terme, Verucchio (terme). Più da vicino possiamo distinguere areali caratterizzati e cioè territori collinari più o meno scoscesi di massima tra due torrenti fiume che fungono da confine.
Riprendendo il percorso da nord – ovest verso sud – est i territori che ospitano in quantità più o meno consistente i vigneti realizzati con il vitigno Sangiovese sono:

Questo areale è caratterizzato da prevalente presenza di argille più o meno evolute e cioè variamente colorate dal grigio (poco evolute) fino al rosso mattone opaco (molto evolute). Unitamente si riscontrano terreni più o meno franco –sabbiosi derivati da arenarie poco compatte.

Caratterizzazione di questo areale è quella di argille tendenzialmente evolute, con particolare riferimento alla parte basale delle vallecole.
Nella parte alta delle vallecole, prevalgono terreni franco – sabbiosi originati da arenarie più consistenti o da marne argillo – calcaree.

E’ l’areale più caratterizzato dalle argille rosse evolute o molto evolute con particolare riferimento, anche qui, nella parte bassa delle vallecole.
Verso la parte alta delle vallecole sono ben presenti terreni formatisi con l’evoluzione pedologica di arenarie più o meno compatte; queste ultime con prevalente cemento calcareo, raramente marnoso – argillose. Il confine nord – ovest dell’areale (vallecola di Zattaglia) è segnato da un caratteristico costone di roccia gessosa, tra l’altro oggetto di studio per diverse e molto caratterizzanti essenze vegetali quali felci, orchidee, ecc.

E’ l’areale in cui i terreni sono i più caratterizzati dalla evoluzione di rocce gessose e calcaree. La tessitura dei terreni è spesso franca o sabbiosa con inclusioni argillose più o meno intense. L’evoluzione delle argille è media e molto spesso combinata con la presenza di arenarie a cemento calcareo. Sono presenti anche le marne argillose.

Questo areale gode della presenza di diversi torrenti tra cui l’Ibola e il Paglia che confluiscono con il centrale Marzeno. Le formazioni più importanti sono le arenarie e le argille molto evolute di colore rosso intenso. Spesso i terreni formati dall’evoluzione pedo – genetica hanno reazione neutra fino ai più che caratteristici terreni acidi della località di Sarna – Borgo Tuliero. E’ anche per queste caratteristiche che la parte più bassa della valle del Marzeno è divenuta una delle più importanti culle per la coltivazione della pianta di Actinidia (Kiwi). Il confine sud – est dell’areale è segnato dal crinale calcareo organogeno di Pietramora – Cepparano.

< Oriolo dei Fichi-Vecchiazzano> La caratterizzazione principale di questo areale è quella delle molasse (sabbie) gialle del Messiniano, poi dalla presenza più o meno intensa di argille evolute. La tessitura è tendenzialmente franca o sabbiosa, raramente argillosa.

Questo areale è uno dei più antichi relativamente alla coltivazione del vitigno Sangiovese. Le formazioni litologiche sono tra le più varie, tra cui fondamentalmente i calcari, le argille (da poco evolute a evolute) ed in parte sabbie marnoso arenacee.
Per le sue caratteristiche, questo areale può essere chiamato areale di collegamento tra il precedente ed il seguente di Bertinoro.

La formazione più caratteristizzante è il calcare organogeno o spungone di origine marina, da cui a seguito di pedogenesi la formazione dei caratteristici terreni chiari ricchi di calcare. Tra le formazioni minori la marne argillose ed alcune arenarie.

Trattasi di un’areale sensibilmente diverso dai precedenti anche l’orografia (molti piccoli torrentelli) e colline più dolci.  La formazione geologica più caratterizzante è quella delle molasse del Messiniano, con colorazioni e tonalità ampie tra l’ocra ed il giallo; in conseguenza diretta anche fenomeni erosivi più o meno intensi. Tra le altre formazioni quella argillo – arenacea.

Questo areale nella sua laterale nord – ovest comprende terreni franchi o sciolti frutto della parte terminale dell’evoluzione delle molasse del Messiniano, qui  spesso calcaree (Covignano). Nella laterale sud – est si trovano formazioni argillose o molto argillose incentrate sul territorio di Coriano. Nella frangia intermedia si trovano con forte presenza terreni con tessitura argillosa spesso con reazione alcalina ed a volte salina.

 

Carlo Macchi

Sono entrato nel campo (appena seminato) dell’enogastronomia nell’anno di grazia 1987. Ho collaborato con le più importanti guide e riviste italiane del settore e, visto che non c’è limite al peggio, anche con qualcuna estera. Faccio parte di quel gruppo di italiani che non si sente realizzato se non ha scritto qualche libro o non ha creato una nuova guida sui vini. Purtroppo sono andato oltre, essendo stato tra i creatori di una trasmissione televisiva sul vino e sul cibo divenuta sicuramente la causa del fallimento di una nota rete nazionale. Riconosco di capire molto poco di vino, per questo ho partecipato a corsi e master ai quattro angoli del mondo tra cui quello per Master of Wine, naturalmente senza riuscire a superarlo. Winesurf è, da più di dieci anni, l’ultima spiaggia: dopo c’è solo Master Chef.


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