San Gimignano:ma non era un bianco da bere giovanissimo?2 min read

Dai nostri assaggi annuali di Vernaccia di San Gimignano un dato su tutti viene alla ribalta e scardina alcune certezze che erano già state messe fortemente in discussione dagli assaggi-confronti di vecchie annate che annualmente il consorzio organizza al fianco di prestigiose denominazioni estere. (vedi)

Il dato è questo. Tra i venti vini che hanno ottenuto i punteggi più alti (3 o più stelle) la metà precisa appartiene ad annate che vanno dal 2005 al 2008. Una cosa del genere, in una denominazione vista come adatta a vini di pronta beva, non può che far ricredere sulle possibilità di maturazione di questo vino e, in alcuni casi (udite udite cosa sta per dire il Macchi) sull’uso del legno per l’invecchiamento.

In effetti forse per la prima volta dopo anni di degustazioni abbiamo trovato legni non sovradimensionati ma ben fusi al vino, che riescono ad esaltarne le caratteristiche e non ad appiattirle. I cattivi hanno subito detto che in tempi di crisi non si investe in legni  nuovi…ma un certo miglioramento nel saper maneggiare questo strumento di cantina ci sembra comunque evidente.

Per chi ha da sempre seguito i vini di San Gimignano queste “novità”, oltre che fare piacere, permettono di toccare con mano i passi in avanti fatti da questa denominazione che, forse non sarà fuori dal guado, ma ha oramai le carte in regola per farlo.
Da una parte infatti il miglioramento medio dei vini base (che ancora qualcuno, pochi per fortuna,  si ostina a “punturare” con uve semiaromatiche) è oramai un dato quasi certo e se nell’altra faccia della medaglia troviamo buone notizie sul  fronte Riserve e Selezioni, vuol dire che la crescita qualitativa non è dovuta solo a qualche accorgimento di cantina, ma anche ad un miglioramento generale in vigna.

Aspettiamo però ad innalzare peana di giubilo, perché c’è sempre una buona parte di vini che non si staccano da una semplicità che è la vera e propria zavorra della denominazione. Su circa 60 vini almeno il 45% è dalle 2 stelle in giù e questo rappresenta indubbiamente il bicchiere mezzo vuoto.

Credo che nei  prossimi anni per mantenere con chiarezza e senza cambi di rotta la strada della qualità saranno veramente importanti i miglioramenti colturali. Niente di rivoluzionario (visto i tempi non certo adatti a grandi investimenti) ma ci sono ancora troppe vigne con forme di allevamento non certo adatte a vini di qualità. Piccoli passi, ripeto, ma vanno fatti se non si vuole rischiare di rimanere a metà strada.

Carlo Macchi

Sono entrato nel campo (appena seminato) dell’enogastronomia nell’anno di grazia 1987. Ho collaborato con le più importanti guide e riviste italiane del settore e, visto che non c’è limite al peggio, anche con qualcuna estera. Faccio parte di quel gruppo di italiani che non si sente realizzato se non ha scritto qualche libro o non ha creato una nuova guida sui vini. Purtroppo sono andato oltre, essendo stato tra i creatori di una trasmissione televisiva sul vino e sul cibo divenuta sicuramente la causa del fallimento di una nota rete nazionale. Riconosco di capire molto poco di vino, per questo ho partecipato a corsi e master ai quattro angoli del mondo tra cui quello per Master of Wine, naturalmente senza riuscire a superarlo. Winesurf è, da più di dieci anni, l’ultima spiaggia: dopo c’è solo Master Chef.


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