Salone del Gusto 2008: e se Carlin…….3 min read

Non so se potrà interessarvi ma quest’anno andrò al Salone del Gusto a Torino (23-27 ottobre). in sintesi: Un luogo che racchiude molti luoghi, un idea che compendia molte idee, una visita che ti fa fare molte visite. Una manifestazione unica nel suo genere, un vero e proprio caleidoscopio alimentare. Ci trovi i veri contadini di tutto il mondo accanto agli industriali dell’agroalimentare. Il prodotto più raro ed esclusivo a fianco di quello da grande distribuzione. Il vino più caro vicino a quello “quotidiano”. Ma bello di questa festa del cibo mondiale (e di pensare al cibo) è che tutto è elegantemente tenuto in equilibrio dalle idee  che Carlin Petrini propugna ed i soci Slow Food portano avanti con trasporto.
Sono stato uno di quelli che ha organizzato il primo Salone del Gusto (ed anche qualche altro….) e quindi posso dire senza paura di essere smentito che nei cinque giorni del kermesse succede (tra le tante) una cosa particolare.  Un’ associazione che è partita praticamente dal vino, pur dandogli risalto, lo mette leggermente in disparte (giustamente devo dire) a vantaggio dei mille universi che l’idea Slow riesce a portare alla ribalta. Eppure al Salone viene sempre presentata la guida ai vini più importante d’Italia e vengono conferiti quei premi che ogni produttore sano di mente sogna di notte. Ma il vino non è Il Protagonista. Forse perché la sua produzione, specie in vigna, non è proprio in sintonia con quell’ideale di Buono, Pulito e Giusto che l’associazione porta avanti? Potrebbe anche essere. Magari sul buono non ci sono problemi, ma sul pulito e sul giusto bisognerebbe ragionarci.
Faccio un esempio: quanti trattamenti vengono fatti di media in un vigneto? Quante tonnellate di prodotto (dal rame, allo zolfo, ai pesticidi etc) vengono disperse nell’aria e nel terreno per produrre i vini che noi beviamo? Quanto di questo si disperde senza lasciare traccia e quanto invece entra nelle falde, nel terreno, viene portato dall’aria e si deposita su altre piante. Non lo sappiamo: ci sono stati degli studi a riguardo ma, oltre a non produrre dati precisi (anche se attendibili) hanno avuto il grosso guaio di non aver smosso una foglia.
Ma oltre agli agenti chimici nel terreno, che potrebbero anche essere ridotti se i produttori fossero meno “apprensivi” e fondamentalmente inesperti, ci sono altri problemi, inferiori ma non per questo da trascurare, visto che potremmo metterci mano e risolverli in tempi abbastanza brevi. Il problema del peso delle bottiglie è uno di questi.
Ma pensate se, nel Salone del “Buono, Pulito e Giusto”, di fronte a contadini di tutto il mondo che hanno i loro problemi a coesistere con sfruttamenti barbarico-industriali del terreno, durante la presentazione dei tre Bicchieri, cioè nel momento massimo per il mondo italiano del vino, Carlo Petrini si alzasse in piedi e chiedesse ai produttori di mettersi una mano sul cuore ed iniziare seriamente a ragionare su un tipo di viticoltura meno invasiva? Senza chiedere la luna biodinamica (tipo abolizione di tutte le sostanze chimiche) ma con l’intelligenza ed il buon senso che lo ha sempre contraddistinto Carlin potrebbe fare più lui con tre parole che un  bel numero di studi e di studiosi. Anche se andrò al Salone non sarò presente ai Tre Bicchieri, ma spero che Carlin abbia in mente qualcosa a riguardo, visto che in altre occasioni ha già fatto sentire la sua voce su questo tema. 
Se così non fosse, cari produttori, il problema rimane comunque aperto. Su ogni metro quadrato di vigna si depositano, anno dopo anno, una quantità di sostanze che fanno tremare vene, polsi e tutto il corpo. Ne vogliamo parlare?

Carlo Macchi

Sono entrato nel campo (appena seminato) dell’enogastronomia nell’anno di grazia 1987. Ho collaborato con le più importanti guide e riviste italiane del settore e, visto che non c’è limite al peggio, anche con qualcuna estera. Faccio parte di quel gruppo di italiani che non si sente realizzato se non ha scritto qualche libro o non ha creato una nuova guida sui vini. Purtroppo sono andato oltre, essendo stato tra i creatori di una trasmissione televisiva sul vino e sul cibo divenuta sicuramente la causa del fallimento di una nota rete nazionale. Riconosco di capire molto poco di vino, per questo ho partecipato a corsi e master ai quattro angoli del mondo tra cui quello per Master of Wine, naturalmente senza riuscire a superarlo. Winesurf è, da più di dieci anni, l’ultima spiaggia: dopo c’è solo Master Chef.


ARGOMENTI PRINCIPALI



LEGGI ANCHE