Rosso di Montalcino. La conservazione non è mai stata una soluzione6 min read

L’annunciata assemblea del Consorzio del Brunello sulla proposta di modifica del disciplinare del Rosso di Montalcino, come succede ogni volta che si annuncia un qualsiasi cambiamento, sta sollevando le proteste dei difensori dello status quo a tutti i costi. Ora il dissenso e la critica sono sempre legittimi ma il rischio è che si perdano di vista i reali motivi per cui una parte importante della denominazione, ha deciso di porre all’attenzione dei soci la possibilità di un cambiamento di rotta.

Perché cambiare.

I disciplinari di produzione solitamente si modificano quando non funzionano. La Doc Rosso di Montalcino è stata promulgata nel 1983 e diventata esecutiva dal 1° novembre 1984. In precedenza era stato commercializzato con la dizione Vino Rosso dai Vigneti di Brunello, poi giustamente eliminata per evitare qualsiasi confusione con il più importante genitore. Il motivo per cui il Rosso di Montalcino nacque è dovuto al fatto che il primo disciplinare del Brunello nei fatti prevedeva un invecchiamento di 5 anni del vino prima dell’immissione al consumo. Un lasso di tempo molto lungo durante il quale le cantine dovevano immagazzinare, senza poter incassare nulla, le partite di vino in invecchiamento. Nel caso poi della creazione di un’ azienda ex novo, il tempo si raddoppiava,  creando enormi problemi di liquidità alle cantine.

Il Rosso di Montalcino, con un solo anno di invecchiamento obbligatorio, fu non solo l’escamotage che permise di incassare ogni anno dei soldi  necessari a tirare avanti ma permetteva – o per lo meno era nelle intenzioni – di favorire una selezione delle uve migliori  in favore del Brunello.

Insomma non c’è nessuna storia e nessuna tradizione da difendere: il Rosso di Montalcino è stato inventato ed è nato come un vino di ricaduta cioè il risultato del declassamento delle uve del Brunello. Nonostante gli sforzi – per la verità di pochi – questa fama di vino di “seconda scelta” gli è sempre rimasta  appiccicata addosso e poco ha influito il tentativo di comunicarlo come un “assaggio anticipato del Brunello che sarà”. Da parte i produttori non ne hanno mai prodotto molto, dando una netta preferenza al più remunerativo Brunello. Per cui, a parte un breve periodo iniziale, c’è sempre stato tanto Brunello rispetto al Rosso e non viceversa. Soprattutto le piccole aziende con pochi ettari di vigneto – vale a dire la grande maggioranza delle aziende di Montalcino – hanno sempre preferito produrre Brunello anche perché la selezione delle uve in un piccolo podere è nei fatti quasi inesistente sia da un punto vista qualitativo che quantitativo per non parlare poi della remuneratività – come si è detto in precedenza – dell’uno rispetto all’altro.

 

Ormai da anni il Rosso di Montalcino è diventato un prodotto scarsamente appetibile dal mercato e anche gli ultimi dati dimostrano che dalle 4.390.000 fascette del 2007 si è passati alle 3.715.000 del 2010. I dati al 30/06/2011 dimostrerebbero una piccola risalita ma niente di più. Insomma così com’è, non piace, non affascina, non è appetibile nonostante molti Rossi di Montalcino – invecchiati in legno ma anche in vasca – siano senza dubbio validi.

Da qui a sostenere come fa Nick  Belfrage – in questi giorni sta promuovendo un appello contro la modifica del disciplinare – sostenendo che il Rosso di Montalcino “si è costruito una forte personalità sui mercati vinicoli internazionali facendo leva sul fatto che è un vino in purezza”, ce ne passa. Certo una campagna di comunicazione farebbe molto comodo ma di sicuro – visto il trend calante delle vendite – non basta nemmeno più quella. Per questo molte aziende – non tutte – hanno visto nella modifica del disciplinare una possibile strada da percorrere.

La possibilità di aggiungere al sangiovese, un 15% di altre uve – sì anche syrah, cabernet, merlot- è vissuto come il fumo negli occhi in quanto snaturerebbe il Rosso e minaccerebbe “  di compromettere il carattere unico del Rosso di Montalcino”. Quale poi sia questo carattere, finora non si è ben capito. Anche perché chi vorrà, potrà continuare a fare il Rosso con le sole uve sangiovese. Forse però la chiave di lettura sta in qualche riga più sotto dell’appello di Belfrage, quando con una piroetta logica e anche formale si salta di palo in frasca e si dice  “ Sicuramente sarete coscienti che molti di noi temono che un compromesso nei confronti del Rosso di Montalcino possa rappresentare l’apertura di una breccia più grande che potrebbe portare ad un altro compromesso, nei riguardi della purezza del grande Brunello-uno dei vini più grandi del mondo” .

In sostanza si chiede un’azione preventiva e di fatto si propone un processo alle intenzioni. Il Rosso come il cavallo di Troia, non è male ma questa è sempre la stata la scusante per lasciare le cose come stanno, tipico dei conservatori a tutti i costi. Considerare risolutivo quel 15 % di altre uve ai fini del successo di mercato del Rosso è difficile, però è un’opzione che vale la pena di far esplorare a chi ci si vorrà cimentare. Continuare ad imporre a tutti una soluzione  – quella attuale – che non funziona o funziona poco, visto che stiamo parlando di mercato, è da considerarsi quantomeno illiberale. Ho un sospetto, però. Persa a suo tempo la battaglia contro le modifiche del Chianti Classico, del Vino Nobile di Montepulciano che non hanno perso né l’anima né l’appeal nonostante la presenza di altre uve oltre al sangiovese, per non parlare del Cirò, di Bolgheri, e di tanti altri ancora. Non è che anche questa volta potrebbe succedere lo stesso ? In definitiva gli unici a dover decidere sono i produttori.

Qualunque sia il verdetto merita rispetto.


Spigolature

Tralascio, per amor di patria, di chiosare più di tanto su quanto ha scritto Francesco Illy chiedendo di rimandare in data destinarsi l’incontro fissato per il prossimo 7 Settembre a causa delle avverse condizioni atmosferiche . “Il 21 Agosto 2011 una tempesta di caldo con venti forti a 41°C ha colpito Montalcino.  Le uve in maturazione si sono appassite in quantità che variano tra il 5% ed il 50% a seconda delle zone e dell’età delle vigne”. A parte che il range proposto (5%-50%), per dirlo in modo eufemistico, è un ”tantinello ampio”…. Ma la prefigurazione di un Brunello amaroneggiante, manco fossimo nel 2003, è se non altro assai prematura ….   Certo nei suoi vigneti “bonsai” con ben 62.500 ceppi per ettaro ( Fonte sito del Podere Le Ripi), calura e siccità sono avvertiti in misura infinitamente maggiore rispetto ad altre densità e modalità d’impianto.  Ma soprattutto è bastato fare qualche telefonata a qualche produttore, qua e là, per ridimensionare ampiamente il fenomeno: insomma tranquilli.

pigolature

Carlo Macchi

Sono entrato nel campo (appena seminato) dell’enogastronomia nell’anno di grazia 1987. Ho collaborato con le più importanti guide e riviste italiane del settore e, visto che non c’è limite al peggio, anche con qualcuna estera. Faccio parte di quel gruppo di italiani che non si sente realizzato se non ha scritto qualche libro o non ha creato una nuova guida sui vini. Purtroppo sono andato oltre, essendo stato tra i creatori di una trasmissione televisiva sul vino e sul cibo divenuta sicuramente la causa del fallimento di una nota rete nazionale. Riconosco di capire molto poco di vino, per questo ho partecipato a corsi e master ai quattro angoli del mondo tra cui quello per Master of Wine, naturalmente senza riuscire a superarlo. Winesurf è, da più di dieci anni, l’ultima spiaggia: dopo c’è solo Master Chef.


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  1. Non voglio entrare nel merito del Rosso di Montalcino e di cosa potrebbe diventare con un nuovo disciplinare, ma sono certo di una cosa: in Italia troppo spesso e troppo diffusamente c’è l’insana abitudine di cambiare le regole dei disciplinari. Dobbiamo essere coscienti che il consumatore finale ha bisogno di regole certe, semplici e durature. Non è possibile che i disciplinari italiani continuino a cambiare in base a come cambiano le mode di consumo. E’ un segnale di grande debolezza di chi non vuole credere in quello che fa e in quello che ha. Eppure la Francia è cosଠvicina a noi ma non abbiamo ancora imparato la lezione.

  2. I disciplinari devono cambiare necessariamente quando le condizioni di mercato si modificano. Il vino si deve vendere. Se rimane sugli scaffali difficilmente si riesce a mantenere la qualità  mentre è più probabile che chiuda la cantina. La qualità  costa. Costa produrla e costa mantenerla. Per questo il disciplinare del Brunello dalla sua promulgazione ad oggi è cambiato: ci mancherebbe altro che non fosse cambiato. Cinque anni obbligatori di legno in annate come il 1984, il 1989 o il 1992 o oltre meno disastrose, sono un fulgido esempio del perché le modifiche sono necessarie. Per non parlare del tenore di acidità , ecc. Quando le cantine lo reputano necessario li cambiano. Il disciplinare non un fine è un mezzo. Fortunatamente la legge prevede che siano i produttori a decidere sui disciplinari di produzione.

  3. La mia opinione e’ la seguente:

    1) Il disciplinare del Brunello per quanto riguarda la purezza del Sangiovese non si tocca, rimane 100%.

    2) Dal disciplinare DOC del Rosso di Montalcino, visto gli ottimi risultati raggiunti da questo tipo di vino che riscuote sempre piu’ consensi fra i consumatori, un Sangiovese 100% piu’ fresco ed anche piu’ economico, si dovrebbe estrarre una DOCG Rosso di Montalcino Superiore (come hanno fatto a suo tempo a Soave), per garantire meglio il tipo di conduzione delle vigne, nel senso sistemi di allevamento, gemmatura, potatura, densita’ eccetera eccetera e limitare i terreni soltanto a quelli efettivamente piu’ vocati, gli stessi del Brunello, per intenderci.

    3) A questo punto la DOC Rosso di Montalcino potrebbe essere mantenuta per un rosso vero, cioe’ un assemblaggio o un uvaggio, visto che in nessuna DOC italiana con la dizione “Rosso” e’ mai stata indicata una vinificazione in purezza da un solo vitigno. “Rosso” ha sempre significato per tutti che ad un vitigno principale se ne aggiungono altri.

    4) Abolire quindi la Sant’Antimo per quanto riguarda i rossi. Rimanga solo per gli eventuali bianchi.

  4. Caro Mario, la mia vecchia proposta di, cambiando il disciplinare con l’aggiunta di un 15% di altre uve, specificare semplicemente in etichetta Sangiovese 100% per chi lo farebbe in purezza è stata giudicata troppo difficile per il mercato. Figuriamoci un Sangiovese Superiore DOCG..

  5. Caro Carlo, potrei dirti che le DOCG Superiore estratte da una DOC sono gia’ tante e nessuna e’ stata giudicata troppo difficile per il mercato!
    Per esempio:
    Aglianico del Vulture Superiore, Asolo Prosecco Superiore, Barbera d’Asti Superiore, Barbera del Monferrato Superiore, Bardolino Superiore, Cesanese del Piglio Superiore, Conegliano Valdobbiadene Prosecco Superiore, Dolcetto di Dogliani Superiore, Dolcetto di Ovada Superiore, Soave Superiore, Cartizze di Valdobbiadene Superiore, Valtellina Superiore, Vermentino di Gallura Superiore…………..

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