Radici 2009. Quando si dice crescere.7 min read

Lo scorso fine settimana lungo (13-14-15 giugno) ho partecipato alla quarta edizione di Radici, la manifestazione che presenta e fa giudicare a due diverse giurie i migliori vini da vitigni autoctoni della Puglia.

Era la mia seconda partecipazione ed a distanza di un anno l’evento, ideato ed organizzato dal trio Nicola Campanile, Enzo Scivetti e Pasquale Porcelli, è cresciuto in maniera esponenziale. Non solo la location (un hotel 5 stelle immerso nel verde di olivi centenari e muraglie di bouganville) era veramente meravigliosa, ma la manifestazione ha assunto quel piglio e quella sicurezza di sé che ne fa fin da ora la più importante manifestazione pugliese sul vino. Altrimenti non si capisce perché circa 400 persone siano arrivate per le premiazioni finali e quest’ultime siano state seguite in un silenzio quasi religioso.

Ma andiamo con calma. I vini presentati a radici vengono assaggiati da due giurie, una di giornalisti specializzati (definita giuria degli esperti) ed una composta da varia ma esperta umanità degustante (da ristoratori a blogger del vino a sommelier a “semplici” appassionati). Quest’ultima viene definita degli appassionati e vi posso garantire che la passione si sentiva chiaramente quando la porta divisoria tra le due giurie veniva aperta… Facevo parte, assieme a colleghi del calibro di Franco Ziliani, Luciano Pignataro, Giampaolo Gravina (tanto per parlare solo dei  giornalisti italiani) della giuria degli esperti. In due giorni ed in tutta tranquillità abbiamo assaggiato circa 180 vini, facendosi un quadro molto chiaro dei vini pugliesi. Qui sta proprio il bello di Radici: invitare a degustare personaggi esperti (esclusi i presenti ovviamente….)che poi riferiscono ai produttori ed agli appassionati pugliesi le loro impressioni generali. Questo serve sia ai giornalisti, che riescono a farsi un quadro chiaro della situazione,  sia ai produttori che ricevono informazioni  ampie e generali che possono farli uscire dal loro “Particulare”, dal ristretto mondo della loro azienda. Tutti hanno da imparare a Radici ed il bello è che tutti imparano.

Da quest’anno poi la manifestazione ha partorito altre iniziative, come la partecipazione dei vincitori a fiere internazionali e la stesura di un volume bilingue sui vini partecipanti. Questo grazie soprattutto all’impegno della regione che ha giustamente visto in Radici il modo migliore di far parlare del vino pugliese in casa e fuori.

Ma parliamone di questo vino pugliese: in campo scendevano i bianchi da vitigni autoctoni (quindi Bombino Bianco, Fiano e Fiano Minutolo), i rosati ed i rossi da Negromaro, Uva di Troia e Primitivo. Piccola digressione in Basilicata con la sezione dedicata all’Aglianico del Vulture.

 

Bianchi

 

Se ci credessero veramente i produttori pugliesi potrebbero fare dei buoni bianchi. Basta infatti assaggiare i Fiano Minutolo e si capisce come, se l’uva ti da una mano, si può riuscire a creare vini non scontati,  piacevoli e di buona struttura. Il Bombino più di tanto non può dare ed il solo fatto di vinificarlo bene non è cosa da passare sotto silenzio. Di scarso peso invece il Fiano, forse poco adatto a queste terre.

Rosati

Sarò anche prevenuto ma credo che la strada del salasso per i rosati pugliesi sia quella che porta verso il baratro dell’omologazione. Se la Puglia può avere una chance nel mondo dei rosati, non è quella di sfornare rosatellini profuma tini, ma di creare Vini Rosati (la maiuscola non è a caso) da uve selezionate solo per questi. Fino a quando si vuole vendere sul mercato locale vanno pure bene i rosatellini ,ma quando si pregusta e si organizza il salto di qualità allora bisogna pensare e lavorare in maniera diversa. Servono rosati con struttura, con anima, con corpo per conquistare i mercati. I rosatellini vanno bene per il ristorante di pesce vicino casa, non per imporsi come la vera Regione/Rosato d’Italia.

Uva di Troia.

 

Vorrei tanto parlarne bene ma purtroppo non posso. Per il secondo anno consecutivo i vini fatti con questo vitigno mi sono sembrati più velleitari che altro. Buoni prodotti esistono ma in generale mancano sia i profumi caratteristici che la classica struttura del vitigno. Sembrava di assaggiare vini di stampo internazionale, mentre l’uva di Troia dovrebbe essere la quintessenza dell’autoctono. Riflettete produttori, riflettete.

Negroamaro

 

Nel mare magnum di quest’uva ho avuto tante belle conferme ma pochi ulteriori passi in avanti. È sempre vitigno di riferimento, è sempre uva grintosa, viva, importante, ma sembra che i maggiori passi avanti siano stati fatti con il Primitivo. Aglianico del VultureMolto, ma molto meglio rispetto allo scorso anno. Anche se l’uso del legno piccolo sembra essere diventata una professione di fede non si possono ignorare le possenti strutture,  gli austeri e vigorosi profumi, le inaspettate e ruvide finezze che questo vitigno ci può regalare.

Primitivo

Ed eccomi a quello che da solo valeva il viaggio. La Puglia ha un vitigno che oramai si è affrancato da vinificazioni rabberciate e “non” lavorazioni in vigna per mancanza di fondi e soddisfazioni finanziarie. Quei primitivi dai cui nasi uscivano  mandrie di cavalli con i loro caratteristi aromi oggi sono in gran parte un ricordo. “C’è qualcosa di nuovo oggi nel sole, anzi d’antico!” potrebbe essere il secondo nome del Primitivo. Vini profumati, complessi, di spropositata gradazione alcolica (fino a 18°!!!) che però non viene percepita. Vini di gradevole finezza in una struttura da far invidia a Rambo. Vini cangianti dove il lieve residuo zuccherino conferisce solo particolare garbo. Vini dove il legno (versioni moderne) è ben dosato e ben si poggia sulla struttura. Vini che ti fanno innamorare,  ma che ti fanno incazzare di brutto quando pensi che una buona fetta va al  nord per apportare le caratteristiche suddette a blasonate denominazioni. Vini che ti fanno incazzare ancora di più quando constati che i produttori stessi vogliono cambiare il disciplinare per renderlo più internazionale (o forse solo per salvarsi il c…. in caso di controlli). Infatti il disciplinare del Primitivo di Manduria sta per cambiare in quel senso. Ma la vera folgorazione sulla via di Damasco è stato l’altro primitivo, quello della piccola e collinare zona di Gioia del Colle. Un comprensorio di cui sentiremo molto parlare in futuro e che, personalmente, dovrò visitare con tutta l’attenzione con cui mi sono avvicinato, in passato, ai grandi cru borgognoni. Gioia del Colle, ARRIVO!!!!!!!!

 

 

Per chiudere, troverete di seguito l’elenco dei vincitori di Radici 2009 (guardate la classifica generale e poi capirete la mia tirata su Gioia del Colle).

Vincitori Assoluti del Festival:

1)Polvanera – Polvanera 17 2006
2)Nicola Chiaromonte – Primitivo Riserva 2006
3)Pietra Ventosa – Primitivo Riserva 2006

 

Vincitori delle varie categorie

Vino Bianco da vitigno autoctono secondo classificato – giuria appassionati: Cantele – Alticelli 2008
Vino Bianco da vitigno autoctono secondo classificato – giuria tecnica: La Marchesa – Il Quadrello 2008
Vino Bianco da vitigno autoctono primo classificato – giuria appassionati: Polvanera – Aùva 2008
Vino Bianco da vitigno autoctono primo classificato – giuria tecnica: I Pastini – Rampone 2008
Vino Rosato da vitigno autoctono secondo classificato – giuria appassionati: Santi Dimitri – Aruca 2008
Vino Rosato da vitigno autoctono secondo classificato – giuria tecnica: La Marchesa – Il Melograno 2008
Vino Rosato da vitigno autoctono primo classificato – giuria appassionati: Rivera – Pungirosa 2008
Vino Rosato da vitigno autoctono primo classificato – giuria tecnica: Paolo Leo – Fuxia 2008
Nero di Troia secondo classificato – giuria appassionati: Agricola Tarantini – Petrignana 2007
Nero di Troia secondo classificato – giuria tecnica: Fujanera – Arrocco 2008
Nero di Troia primo classificato – giuria appassionati: Santa Lucia: Riserva le More 2006
Nero di Troia primo classificato – giuria tecnica: Valle dell’elce – Essenziale 2008
Negroamaro secondo classificato – giuria appassionati: Candido – Duca D’Aragona 2003
Negroamaro secondo classificato – giuria tecnica: Palamà – Mavro 2007
Negroamaro primo classificato – giuria appassionati: Apollonio – Divoto 2001
Negroamaro primo classificato – giuria tecnica: Cantine Menhir – Salice Salentino 2007
Primitivo secondo classificato – giuria appassionati: S. Maria del Morige – Settantasei 2007
Primitivo secondo classificato – giuria tecnica: Fatalone – Primitivo Riserva 2000
Primitivo primo classificato – giuria appassionati: Morella – La Signora 2005
Primitivo primo classificato – giuria tecnica: Ferri – Purpureus 2007
Aglianico del Vulture secondo classificato – giuria appassionati: Lucania – Grifalco 2006
Aglianico del Vulture secondo classificato – giuria tecnica: Lucania – Grifalco 2006
Aglianico del vulture primo classificato – giuria appassionati: Cantine del Notaio – La Firma 2006
Aglianico del vulture primo classificato – giuria tecnica: Macarico – Aglianico del vulture2006

Carlo Macchi

Sono entrato nel campo (appena seminato) dell’enogastronomia nell’anno di grazia 1987. Ho collaborato con le più importanti guide e riviste italiane del settore e, visto che non c’è limite al peggio, anche con qualcuna estera. Faccio parte di quel gruppo di italiani che non si sente realizzato se non ha scritto qualche libro o non ha creato una nuova guida sui vini. Purtroppo sono andato oltre, essendo stato tra i creatori di una trasmissione televisiva sul vino e sul cibo divenuta sicuramente la causa del fallimento di una nota rete nazionale. Riconosco di capire molto poco di vino, per questo ho partecipato a corsi e master ai quattro angoli del mondo tra cui quello per Master of Wine, naturalmente senza riuscire a superarlo. Winesurf è, da più di dieci anni, l’ultima spiaggia: dopo c’è solo Master Chef.


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