Questionario giornalisti/blogger/influencer: non ve ne po’ fregà de meno3 min read

Le risposte ai nostri questionari (dal peso delle bottiglie alle  vasche in cemento, passando per  i tappi, la degustazione bendata e molti altri argomenti) di solito superavano ampiamente quota 250 e quindi per il questionario sui giornalisti/blogger/influencer, (che è stato veicolato anche dal gruppo IGP I Giovani Promettenti)  pensavamo di arrivare ad almeno 300 se non a 400 risposte. Dopo alcuni solleciti, sia sui social che tramite mail personalizzate alla fine sono arrivate…  13 risposte.

Cosa dire di fronte ad un flop di queste dimensioni?

La prima cose che ci viene in mente è che il tema delle differenze tra queste categorie  non interessa minimamente i produttori, la seconda è che magari il questionario era troppo complesso e richiedeva più dei cinque minuti canonici per rispondere.

La terza è che forse i produttori hanno una certa riluttanza a rispondere per non crearsi inimicizie (impossibili in quanto il questionario era anonimo) a destra o sinistra.

Resta il fatto che solo 13 produttori che, se non fosse per l’anonimato vorrei ringraziare uno per uno, ci hanno risposto: da chi ha definito il questionario “erbafascista” nel senso che secondo lui  faceva di ogni erba un fascio, a chi ha risposto con concetti chiari, profondi e condivisibili, tanto che abbiamo deciso di pubblicarne in contemporanea uno come esempio di chiarezza di idee e profondità di vedute.

Comunque cerchiamo di trarre qualche indicazione anche da questi pochi questionari, anche se l’unica indicazione da trarre sarebbe quella di lasciar perdere l’argomento.

Comunque la prima cosa è che, con lievi  sfumature, la stragrande maggioranza dei produttori ha capito la differenza tra le tre categorie,  giornalisti, blogger e influencer e l’ha capita nella maniera più “laica” possibile, cioè  senza minimamente prendere posizione pro o contro, ma evidenziando le  differenze.

Qua sotto ve ne elenchiamo qualcuna:

Mediamente ritengono i giornalisti più preparati dei blogger.

I blogger però  sono più attenti alle piccole realtà anche sconosciute.  mentre i giornalisti mostrano più attenzione per nomi conosciuti o grossi marchi

All’interno del mondo dei giornalisti reputano quelli esteri più preparati genericamente ma con minor conoscenza della realtà produttiva italiana e dei territori.

Reputano i blogger più liberi da “imposizioni editoriali” ma li sollecitano ad essere  più critici. Questo è un punto interessante: forse per evitare critiche da parte dei produttori e future “chiusure” a loro richieste di visite o incontri i blogger scrivono quasi sempre in positivo e questo viene visto come un limite, perché alcuni produttori non riescono a capire quanto ci sia di vero nelle lodi verso i loro vini.

Ci viene da dire che anche tra la stampa con il tesserino da giornalista non vediamo maree di critiche negative, ma ci inchiniamo di fronte ad una minore “predisposizione alla lode” percepita dai produttori.

Ma ripetiamo che i dati sono talmente pochi che è impossibile  trarre qualche certezza: forse una c’è ed è la chiarezza con cui quasi tutti i produttori hanno spiegato il ruolo degli influencer: per loro sono semplicemente delle persone che vengono pagate (poco o tanto, dipende) per fare pubblicità a dei prodotti. Detto questo non demonizzano affatto  il ruolo, semplicemente lo vedono per quello che è, alla pari di una qualsiasi pubblicità.

Una critica al mondo del giornalismo è quella di doversi in qualche modo modernizzare, di riuscire ad utilizzare il web in maniera più costruttiva e moderna. Qui crediamo abbiamo proprio centrato l’obiettivo, perché il mondo del giornalismo enogastronomico, specie quello italiano, rischia di restare ancorato a schemi che potevano andare bene 20 anni fa, ma oggi risultano spesso superati e poco graditi alle giovani generazioni.

Ma  la cosa che comunque deve far riflettere è che solo 13 produttori ci hanno risposto e questo, alla fine dei salmi, può essere visto anche come la dimostrazione  che  questa diatriba creata da noi giornalisti ai produttori non interessa, forse perché  “i recinti” creati da noi  tra blogger, giornalisti e influencer  per loro sono chiari, per non dire scontati.

Carlo Macchi

Sono entrato nel campo (appena seminato) dell’enogastronomia nell’anno di grazia 1987. Ho collaborato con le più importanti guide e riviste italiane del settore e, visto che non c’è limite al peggio, anche con qualcuna estera. Faccio parte di quel gruppo di italiani che non si sente realizzato se non ha scritto qualche libro o non ha creato una nuova guida sui vini. Purtroppo sono andato oltre, essendo stato tra i creatori di una trasmissione televisiva sul vino e sul cibo divenuta sicuramente la causa del fallimento di una nota rete nazionale. Riconosco di capire molto poco di vino, per questo ho partecipato a corsi e master ai quattro angoli del mondo tra cui quello per Master of Wine, naturalmente senza riuscire a superarlo. Winesurf è, da più di dieci anni, l’ultima spiaggia: dopo c’è solo Master Chef.


LEGGI ANCHE