Petrini/Testa, ovvero cosa accade oggi all’informazione3 min read

Ho seguito con tristezza la polemica Carlin Petrini versus Chicco Testa. Anche se tutti i miei lettori credo sappiano a cosa mi riferisco  faccio un piccolo sunto.

Carlin su Repubblica parla della prossima/attuale vendemmia e dice cose che qualsiasi minimo conoscitore del mondo del vino non può che sottoscrivere, del tipo “la prossima vendemmia, particolarmente abbondante, non farà che aumentare il processo di svendita del vino sfuso, con il risultato che il Barolo sarà pagato due euro e mezzo al litro e il Barbaresco poco più di uno. Bisogna invece produrre di meno e aumentare la qualità per mantenere i prezzi”. Dopo qualche giorno gli risponde infuriato Chicco Testa, ex responsabile storico di Legambiente,  ex AD dell’Enel ed ora Managing director di Banca Rothschild, tacciandolo di essere l’esempio peggiore dell’elitarismo di sinistra, di voler far aumentare il prezzo del vino penalizzando le masse proletarie e bevitrici etc. Per inciso si tuffa a pesce nella polemica anche un giornalista de” Il Giornale” per infilare ancora più a fondo i chiodi della croce mediatica del Carlin “elitario di sinistra”.

Questi i fatti ed ora vi spiego il mio ragionamento che spero faccia molte grinze (cioè spero di sbagliarmi), ma non credo.

Leggendo l’articolo di Carlin ho trovato molte cose giuste ma, per chi è un po’ del settore, abbastanza risapute. Il fatto di dover dare una giusta remunerazione sia al lavoro dei contadini che soprattutto alla qualità prodotta, passando attraverso l’assioma “meno quantità più qualità” sfoderato e sviscerato in ogni corso di degustazione, fa parte oramai del DNA di ogni appassionato e minimo conoscitore del mondo del vino. Ma un ragionamento che tra conoscitori, anche minimi, della materia potrebbe essere visto come risaputo e quasi didascalico entra nel grande mare della comunicazione di massa, dove esistono regole diverse dal semplice “parli chi sa”, e diventa tutta un’altra cosa. In questo mare è oramai consuetudine acclarata che a parlare debbano essere quasi sempre quelli che ne sanno meno (Santa Televisione docet ed evito di fare milioni di esempi), nella migliore delle ipotesi distorcendo il senso reale dell’oggetto del contendere. Questo spesso solo per un motivo : il bisogno di mettersi in mostra e di far parlare di se.

Così Chicco Testa (di cui non si sentiva parlare da tempo) non ha perso l’occasione ed è assurto alle cronache. Così verso la fine di luglio a fatto il ministro del turismo, Vittoria Brambilla (probabilmente non se la filava più nessuno) sparando la bomba dell’abolizione del Palio. Cosa ovviamente impossibile (molto più facile evacuare Siena e disperdere i senesi ai quattro angoli del mondo), senza considerare il fatto che un ministro del turismo dovrebbe sapere che Il Palio è una calamita turistica di enormi proporzioni. Affermazione fatta quindi  solo per avere visibilità, anche per un giorno, anche per poche ore.

In questo mare in tempesta della grande comunicazione purtroppo la navicella del mondo del vino di qualità  naviga molto male. Non so di chi sia la colpa ma se in pubblicità il vino in brick viene conservato inclinato in cantina, molto poco di quanto ci stiamo dicendo da anni è filtrato oltre le Colonne d’Ercole del mare nostrum. La riprova è purtroppo l’articolo di Carlin in cui, frasi per noi di una logica inattaccabile vengono considerate all’opposto del loro significato, solo per puntare almeno a quei “quindici minuti di notorietà” che, per Andy  Warhol, tutti nella vita possono avere.

“Per fortuna” non è solo il nostro mondo ad avere problemi. Giustamente Margherita Hack, nel suo ultimo libro Libera scienza in libero stato fa notare che i politici oggi parlano ad ogni piè sospinto di innovazione, salvo poi diminuire drasticamente i fondi per la ricerca scientifica “pura”che è alla base di qualsiasi innovazione. L’importante è quindi produrre parole, anche se nei fatti le contraddici immediatamente.

Insomma, questa polemica estiva mi ha fatto ritoccare con mano quanto sia molto più facile far passare una comunicazione falsa che un messaggio corretto nella grande comunicazione odierna. Tutto questo, anche se ne abbiamo esempi lampanti tutti i giorni, proprio perché ha toccato il mio (nostro)  piccolo mondo, mi ha messo addosso un senso di impotenza ed una  tristezza che stenta ad andarsene.

Carlo Macchi

Sono entrato nel campo (appena seminato) dell’enogastronomia nell’anno di grazia 1987. Ho collaborato con le più importanti guide e riviste italiane del settore e, visto che non c’è limite al peggio, anche con qualcuna estera. Faccio parte di quel gruppo di italiani che non si sente realizzato se non ha scritto qualche libro o non ha creato una nuova guida sui vini. Purtroppo sono andato oltre, essendo stato tra i creatori di una trasmissione televisiva sul vino e sul cibo divenuta sicuramente la causa del fallimento di una nota rete nazionale. Riconosco di capire molto poco di vino, per questo ho partecipato a corsi e master ai quattro angoli del mondo tra cui quello per Master of Wine, naturalmente senza riuscire a superarlo. Winesurf è, da più di dieci anni, l’ultima spiaggia: dopo c’è solo Master Chef.


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