Per capire meglio l’Amarone parliamo di appassimento4 min read

Appassire l’uva è una pratica molto antica e tutto sommato assai semplice, almeno apparentemente, e si può spiegare come una tecnica per concentrare gli zuccheri nell’uva con l’obiettivo di ottenere vini più importanti e, ovviamente, più alcolici.

Una regola che vale per il Passito di Pantelleria come per l’Amarone. Altrettanto evidente però è che un vino ottenuto da uve sottoposte ad appassimento non è solo concentrazione e grado alcolico ma qualcosa di molto più complesso: basti pensare al caleidoscopio di profumi e di sapori di cui i vini, ottenuti con questa tecnica, sono riccamente dotati.

E proprio questi aspetti sono stati al centro dell’approfondimento che il Gruppo Tecnico Masi ha presentato, con particolare riferimento all’Amarone, nel consueto seminario che si è svolto al Vinitaly. Al centro dell’attenzione delle relazioni il ruolo che la genetica (intervento di Lanfranco Paronetto)  svolge in questo campo. Quest’ultima infatti è la scienza che studia i caratteri costitutivi ed ereditari degli organismi viventi, i meccanismi attraverso i quali si trasmettono ai discendenti e le modalità con cui si manifestano.

Infatti nell’uva il materiale genetico caratterizza innanzitutto la varietà, e, sotto la pressione di diversi stimoli ambientali e stagionali, controlla l’accumulo nella bacca dei vari componenti, determina la produzione di particolari sostanze e genera l’espressione di caratteristiche e di qualità, utili al vino. Da questo punto di vista il lavoro di sequenziamento del genoma della vite – effettuato internazionalmente nel 2007 e a cui hanno collaborato anche il consorzio Vigna e l’Istituto agrario di San Michele all’Adige in Italia- ha evidenziato che il suo DNA è costituito da 19 cromosomi dove si  possono individuare 30 mila geni per un totale di 500 milioni di nucleotidi. Tutto ciò permette di sviluppare in modo molto fine ed approfondito la comprensione del metabolismo della pianta e come questo sia correlato con i parametri ambientali, sia meteorologici che nutrizionali (terreno).

Quando durante la vendemmia si stacca il grappolo, il legame con la piante si recide e quindi terminano pure tutti gli scambi (metabolici) tra i due. Da questo momento però le cellule dell’uva, iniziando il processo di appassimento, subiscono a loro volta delle importanti modifiche.

Secondo lo studio del Centro di Genomica  Funzionale Vegetale dell’Università di Verona, presentato nel corso del seminario, a causa dello stress nella bacca si attivano ben  415 geni, che hanno la funzione sia di fronteggiare lo stress dovuto alla disidratazione sia di controllare la produzione di aromi e metaboliti secondari, responsabili del sapore e del bouquet del vino. Per questo il Centro ha sottoposto ad un’indagine genetica tre diverse varietà di vite, Corvina, Syrah e Cabernet Sauvignon caratterizzate da diverse velocità di disidratazione e, di conseguenza, da tempi diseguali di appassimento.

La Corvina per esempio, presenta un’intensità di modulazione (cioè un livello di attivazione o inattivazione) mediamente più elevata rispetto sia a Cabernet che a Syrah. Questo potrebbe essere dovuto a risposte dovute alle sue specifiche caratteristiche ma anche al fatto che la Corvina, data la peculiarità dei suoi acini, si disidrata più lentamente delle altre cultivar impiegando il doppio del tempo per raggiungere la stessa perdita di peso. In sostanza alcuni particolari geni si attivano e danno vita ad aromi che ricordano le spezie legnose ma nella Corvina il livello è molto più alto di Cabernet e Syrah e lo stesso succede con altri.

Ciò permette una caratterizzazione “locale” molto particolare. La strada per capire i vari fenomeni è ancora lunga però questo primo studio presentato è un passo in avanti per approfondire cosa succede durante l’appassimento e quindi come intervenire a partire dal vigneto. Quando si dice che l’Amarone è un vino complesso non è solo per la ricchezza dei profumi e dei sapori o all’intreccio armonico tra i due, a monte infatti ci sono processi naturali altrettanto “complessi”. Comprenderli meglio significa non solo migliorare i vini ma anche gustarli con la consapevolezza di quanto sia vivo e affascinante questo prodotto.

 

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Carlo Macchi

Sono entrato nel campo (appena seminato) dell’enogastronomia nell’anno di grazia 1987. Ho collaborato con le più importanti guide e riviste italiane del settore e, visto che non c’è limite al peggio, anche con qualcuna estera. Faccio parte di quel gruppo di italiani che non si sente realizzato se non ha scritto qualche libro o non ha creato una nuova guida sui vini. Purtroppo sono andato oltre, essendo stato tra i creatori di una trasmissione televisiva sul vino e sul cibo divenuta sicuramente la causa del fallimento di una nota rete nazionale. Riconosco di capire molto poco di vino, per questo ho partecipato a corsi e master ai quattro angoli del mondo tra cui quello per Master of Wine, naturalmente senza riuscire a superarlo. Winesurf è, da più di dieci anni, l’ultima spiaggia: dopo c’è solo Master Chef.


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