Parla Robert Princic, produttore del miglior vino bianco d’Italia13 min read

Il titolo di miglior vino bianco d’Italia per la nostra guida vini 2023-2024 è stato conferito al  Collio Friulano DOC 2022 di Gradis’ciutta. Ci sembra giusto quindi dedicare un’intervista al produttore di questo grande vino, Robert Princic.

Mercoledì prossimo pubblicheremo anche l’intervista ad ARPEPE, alias  famiglia Pelizzatti Perego, produttori del miglior rosso (nonché miglior vino d’Italia!), per la nostra guida. Stiamo parlando del  Valtellina Superiore Sassella Riserva Rocce Rosse 2016.

Due interviste per capire come e dove nasce un grande vino. Non perdetevele!

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WINESURF. “Come penso tu sappia ti intervisto perché per Winesurf hai prodotto il miglior vino bianco italiano, il Collio DOC Friulano Gradisciutta 2022.”

ROBERT PRINCIC. “Si e vi ringrazio. Speriamo di ripeterci anche l’anno prossimo!”

W. “Adesso non ti allargare! (ridiamo).  Tu, come ogni friulano che si rispetti, produci molte tipologie di vini, in particolare da monovitigno bianco. Come ogni genitore, anche se ama tutti  i suoi figli ha delle preferenze, tu quali vitigno ami di più?”

R.P. “Sono tutti figli miei e a botta non saprei dire: il friulano nel passare degli anni sta dando grandi soddisfazioni, non soltanto a me ma in generale nei vigneti collinari, sia del Collio che dei Colli Orientali. Nel contempo sono anche un amante del Pinot Grigio, perché secondo me è un vino che, come idea, potrebbe crescere molto di più, però adesso per me il Friulano è il vino che preferisco.”

Robert Princic

W. “Collio e Colli Orientali del Friuli sono spesso confusi  dal consumatore medio o meglio vengono considerate due zone praticamente simili, anche e soprattutto perché coltivano le stesse uve. Se tu dovessi elencare macro differenze differenze tra i due territori cosa mi diresti?”

R.P. “Domanda molto cattiva e  credo tu sappia già la risposta.”

W. “E’ probabile ma la risposta la voglio da te.”

R.P. “Una delle differenze di base fa parte della storia delle due denominazioni: all’interno dei confini del Collio praticamente tutta la parte collinare, e solo quella,  è Collio DOC, mentre nei Colli Orientali tutto quello che c’è all’interno dei confini della denominazione, sia collina o meno, è Colli Orientali. Le colline del Collio o dei Colli Orientali sono simili,  entrambe composte da ponca, pur con varie sfumature, ma la pianura, in Collio non utilizzata per i DOC, è argilla e quindi è completamente diversa. Ci può essere anche un discorso microclimatico, con le colline a sud nei Colli Orientali che somigliano più al Collio, mentre andando verso nord, oltre Cividale, il clima è più  freddo e ci sono quindi differenze climatiche. Queste credo siano le differenze principali.”

W. “Dagli studi fatti dal Consorzio Colli Orientali e anche da dati diffusi dal Consorzio Collio si vede molto bene che all’interno delle due denominazioni vi sono grandi diversità climatiche, pedologiche, pluviometriche etc. Credi che una suddivisione in MGA servirebbe a qualcosa o creerebbe solo confusione?”

R.P. “Questo era il mio sogno qualche anno fa e credo sia una cosa che abbia un senso.”

W. “Ma non pensi  che in un territorio che ancora viene ancora “confuso”, fare delle suddivisioni alla fine vai a alimentare  la confusione?

R.P. “Diciamo dipende da quanto vuoi frazionarlo: se vuoi farlo collina per collina non ne vieni fuori e crei confusione, ma creare delle macroaree, magari comunali o legate a determinati areali collinari,  potrebbe essere interessante.”

W. “Quasi come Le UGA chiantigiane quindi.”

R.P. “Si senz’altro. Io sono dell’idea che un vino non lo fai in un anno ma lo progetti in un periodo più o meno lungo di anni e quindi anche le zone stesse hanno e avranno un evoluzione, con però un punto di partenza. Mi pare sia addirittura dal 1700 che l’areale Goriziano fino a Grado aveva una suddivisione, che magari era più di carattere fiscale ma comunque voleva dire che chi produceva in terreni migliori doveva pagare di più. Poi c’è indubbiamente la scelta dei vitigni che è importante, visto che ne abbiamo tanti e non siamo come la Borgogna dove ce ne sono praticamente due.”

W. “Tu sei stato Presidente del Consorzio Collio, quindi hai avuto un punto di vista anche istituzionale, per questo ti chiedo cosa hanno perso Collio, Colli Orientali e Isonzo che gli impedisce di tornare ai fasti degli anni 1990-2005, quando i bianchi di questi territori erano i più famosi d’Italia e spuntavano prezzi mediamente più alti di adesso e soprattutto più alti rispetto ad altre zone.”

P.R. “Domanda difficile. Parlo del Collio, che in passato era un territorio di moda. Sicuramente il livello dei vini del Collio, scoperto da tempo, potrebbe quasi raddoppiare la sua qualità media, naturalmente non dall’oggi al domani.”

W. “Però pur “raddoppiando” o comunque avendo innalzato la qualità i prezzi medi sono bassi, più che in passato.”

R.P.Oggi è molto complesso riuscire a comunicare e nello stesso tempo continuare ad essere di moda, avendo però argomenti nuovi: in questo senso il Collio forse ha esaurito gran parte dei suoi argomenti. Ma i consumatori sanno che il Collio fa vini buoni, magari non tutti sono buoni ma una gran parte: un appassionato è sicuro che nel Collio c’è una garanzia di qualità e questo è vero anche e soprattutto per il passato, quando non c’erano in Italia grandi zone di produzione di bianchi.”

W. “Passiamo a qualcosa di più personale: la tua primogenita Futura decide, tra 15 anni, di lavorare in azienda con te. Primo giorno di lavoro, cosa le dici?”

R.P. “L’azienda è tua, adesso arrangiati! E’ quello che ha fatto con me mio padre. Ti sto accanto, ti do una mano, però arrangiati. Credo che questo sia molto formativo, sicuramente difficile  ma ti responsabilizza.”

W. “Cambiamento climatico: qual è il vitigno che in zona ne ha sofferto di più?”

P.R. “L’annata 2022 è molto rappresentati in questo senso: comunque c’è una continua evoluzione. Mi rendo conto che i vini stanno cambiando ma in realtà più che con annate calde ci dobbiamo confrontare  con annate completamente diverse: se la 2022 è stata rovente la 2023 potrebbe rientrare nella normalità ma è stata molto più piovosa del solito. E’ difficile dire chi ci ha rimesso di più: la regola generale dice che i vitigni aromatici sono quelli che subiscono  di più, quindi, anche se non ne ho, credo che il traminer aromatico possa aver avuto problemi. Anche il sauvignon, almeno nel 2022 ha perso un po’ la tipicità delle annate più fredde ma alla fine ha dato buoni risultati.”

W. “Dal punto di vista viticolo cosa fai di diverso per contrastare il cambiamento climatico?”

R.P. “Dal punto di vista viticolo sicuramente occorre proteggere più il grappolo lasciando qualche foglia in più, ma se nel 2022 bisognava coprire il più possibile nel 2023 occorreva togliere molte foglie e lasciare i grappoli più all’aria perché con la piovosità importante che c’è stata occorreva farlo. La cosa basilare è che le viti devono essere in equilibrio per imparare anche a difendersi da sole, devono avere una vigoria sufficiente, non scarsa e non eccessiva.”

W. “Oltre ai bianchi e a qualche rosso, produci anche dei metodo classico: Quali sono gli errori che un produttore di bianchi deve stare attento a non fare mettendosi a produrre metodo classico?”

R.P. “La regola di base è sempre quella: pensare a fare un metodo classico e non fare un bianco per poi spumantizzarlo.”

W. “Quindi raccogliere prima.”

R.P. “Si deve decidere prima quello che va fatto. La logica dice che bisogna scegliere il vitigno giusto e il vigneto giusto: se hai un vigneto in cima alla collina con resa scarsissima forse quell’uva non è proprio adatta a fare metodo classico. Nei miei pochi anni di esperienza, anche se non sono poi tanto pochi, c’è sempre da imparare,  le annate che mi sono piaciute di più sono quelle più fredde, come la 2014.”

W. “Produrre metodo classico serve per migliorare il livello dei propri vini bianchi?”

R.P. “Secondo me si, perché ti fa ragionare in un’ottica di maggiore attenzione su alcuni momenti importanti:   tipo malolattica si o no, quanto e come pressare, etc. Ti fa capire cose che come produttore di vino bianco magari non tieni presente perché è un modo completamente diverso di pensare le cose.”

W. “Qual è la regione italiana dove vendi meglio i tuoi vini, Friuli Venezia Giulia a parte?”

R.P. “Vendiamo piuttosto bene nel Lazio e a Roma.”

W. “Qual è la nazione dove è più facile vendere vini friulani?”

R.P. “Non c’è una nazione più facile: per motivi diversi è complesso in ogni stato. Sotto il profilo commerciale devi sempre e comunque trovare i partner giusti e avere tanta voglia di raccontare e di spiegare i tuoi vini e la tua terra. Il mondo è grande, produce tanto vino e molto spesso è molto buono: la differenza la fai per vari motivi personali, per come riesci a presentarti e a far capire la tua azienda. “

W. “Mi capita spesso di degustare vini bianchi friulani “base” di 10-15-20 anni e trovarli buonissimi e ancora con molto da dire. Al contrario, assaggiando alcuni bianchi friulani in legno, definiti importanti,  di annata dal 2000 al 2010, capita di trovarli stanchi e quasi a fine corsa. Pensi sia un caso o semplicemente c’è stato uno sbaglio condiviso che ha coinvolto tante cantine friulane?”

R.P. “Diciamo che potrebbe essere una cosa legata a dei momenti storici. E’ una delle cosa più brutte che possano succedere quella di essere costretti a rincorrere delle tendenze. C’era un momento in cui andavano i vini che sapevano di legno ma anni dopo il sentore di legno è stato visto come un problema. Però in certi anni se non sapeva di legno avevi difficoltà a venderlo e questo è un concetto legato alla moda. Questo perché la comunicazione andava in una direzione diversa rispetto ad un altro periodo. Oggi il gusto del consumatore è cambiato, ma in passato magari è stato influenzato da qualcuno che diceva che doveva saper di legno altrimenti non era buono. Può darsi che siano stati fatti degli errori in quest’ottica, producendo vini che si sono seduti prima di altri prodotti solo in acciaio.”

Friulano

W. “E adesso spiegami come hai fatto il Collio Friulano DOC 2022 Gradis’ciutta: come è nato sia in vigna che in cantina.”

R.P. “Ho solo cercato di fare dell’uva e farla buona.”

W. “Questo lo immaginavo… più in particolare.”

R. P. “Cerchiamo di raccogliere uva matura e gustosa, matura al punto giusto. In cantina nulla di diverso: le fermentazioni avvengono tra i 18-20° ma se arriva a 21° non ci cambia la vita. Comunque la temperatura non deve innalzarsi troppo. Degustiamo quasi ogni giorno e evitiamo la malolattica per preservare la freschezza, anche perché il Friulano 2022 non è che abbia una grandissima acidità. Perché è meglio rispetto ad altre annate? Probabilmente proprio per come è andata l’annata! Il “segreto” credo sia stato solo nel vigneto. “

W. Quanto pensi che potrà andare avanti il tuo Collio Friulano DOC 2022?”

R.P. “Buona domanda: ti ricordi che poco tempo fa abbiamo degustato assieme il 2007, annata che io paragono alla 2022, con temperature molto alte? Dicemmo entrambi che era molto buono, ma io non avrei mai pensato che sarebbe andato avanti così tanto, quindi anche il 2022 potrebbe darci delle sorprese!”

W. “Turismo del vino: dando una valutazione da 1 a 10 quanto pensi sia diffuso in Collio?”

R.P. “Diciamo che siamo arrivati a 3. Il Collio è tutto da scoprire e c’è tanto da fare.”

W. “E nei Colli Orientali?”

R.P. “Credo si sia sempre sullo stesso livello.”

W. “Cosa pensi ci sia da migliorare nell’ottica del turismo del vino?”

R.P. “Aumentare il più possibile l’offerta e qui ogni produttore deve fare la sua parte, sia organizzandosi per degustazioni che nel settore dell’accoglienza. In primis dovremmo essere noi produttori ad essere capaci e in grado di accogliere il turista.”

W. “Sempre all’interno del turismo enoico, da 1 a 10, quanto daresti alla ristorazione in Collio o nei Colli Orientali?”

R.P. “Diciamo che tutto va in parallelo: dobbiamo tutti fare di più, anche la ristorazione. Ripeto che l’offerta deve essere aumentata in ogni settore. Anche noi abbiamo attivato una struttura ricettiva ma questo lo vedo solo come un inizio.”

W. “Da 1 a 10 quanto credi siano importanti:  guide vino cartacee.”

R.P. “Ce ne sono veramente tante in questo momento: se una volta avrei detto 10 ora arrivo massimo a 7.”

W. “Non ti chiedo guide vino online italiane perché ci siamo solo noi e quindi saresti costretto a darci 10 e lode obbligatoriamente (ridiamo), quindi ti chiedo riviste e guide estere sul vino.”

R.P. “Su certi mercati contano tanto e ti cambiano il posizionamento e la richiesta. In Canada e in molti posti negli Stati Uniti i punteggi sono esposti sugli scaffali e quindi avere un punteggio alto su Wine Spectator, Wine Advocate o Wine Enthusiast  fa la differenza. Anche per vincere dei tender in Canada il punteggio conta.”

W. “Influencer specializzati sul vino, sempre da 1 a 10.”

R.P. “E’ un mondo nuovo che sta crescendo. Diciamo che tutto quello che comunica ha la sua importanza ma comunque adesso credo sia sul 6.”

W. “Riviste di turismo non specializzate ma spesso con focus sul vino.”

R. P. “Ad oggi potrebbe essere un 7, però in un’ottica più ampia: se un turista scopre che un territorio è proprio come viene presentato da una rivista ci guadagniamo tutti. Quindi è un settore importante per consolidare un territorio più che un’azienda.”

W. “Domandone finale: c’è un territorio del vino che invidi, per caratteristiche climatiche generali e livello dei vini, e dove ti piacerebbe avere un vigneto?”

R. P. “In Italia?”

W. “Dimmene uno italiano e uno estero.”

R.P. “Per capacità di gestione di un marchio e posizionamento dell’immagine, in Italia indubbiamente Bolgheri. All’estero, anche se può sembrare scontato,  la Borgogna è estremamente affascinante. Magari se andiamo in Austria ti direi la Wachau.”

Carlo Macchi

Sono entrato nel campo (appena seminato) dell’enogastronomia nell’anno di grazia 1987. Ho collaborato con le più importanti guide e riviste italiane del settore e, visto che non c’è limite al peggio, anche con qualcuna estera. Faccio parte di quel gruppo di italiani che non si sente realizzato se non ha scritto qualche libro o non ha creato una nuova guida sui vini. Purtroppo sono andato oltre, essendo stato tra i creatori di una trasmissione televisiva sul vino e sul cibo divenuta sicuramente la causa del fallimento di una nota rete nazionale. Riconosco di capire molto poco di vino, per questo ho partecipato a corsi e master ai quattro angoli del mondo tra cui quello per Master of Wine, naturalmente senza riuscire a superarlo. Winesurf è, da più di dieci anni, l’ultima spiaggia: dopo c’è solo Master Chef.


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