Non lo vogliamo né cotto né crudo3 min read

E’ ora di dire basta! Diamo vita ad un movimento di protesta contro la reiterazione dei luoghi comuni sul vino. Sto alludendo ad una battaglia per avere i vini serviti alla temperatura corretta. Personalmente considero la temperatura di servizio, e quindi anche e soprattutto quella di consumo del vino, uno degli aspetti fondamentali per godere appieno ciò che stiamo bevendo. Basta con i bianchi nel secchiello ed i rossi a “temperatura ambiente”. Se è vero che percezioni e preferenze rientrano nella sfera soggettiva, è altrettanto vero che alcune regole di massima ci sono. Ma non perché siano dogmi assoluti, al contrario, si possono spiegare analizzandone gli effetti fisico-chimici.
Ecco il decalogo: al di sotto degli 8° ci possono rifilare qualunque cosa che tanto non sentiremo niente. Ma è altrettanto vero anche l’estremo opposto: sopra ai 21° i profumi risulteranno fortemente condizionati dal processo di volatilizzazione dell’alcol. Ed ecco il primo luogo comune: i rossi vanno serviti a temperatura ambiente. Ma quale ambiente? Non certo i 36 gradi del Bagno Margherita il giorno di Ferragosto, ne tantomeno i 26 del Ristorante Pinco Pallino “terrazza che guarda il mare” verso lo spettacolo pirotecnico la sera della Notte Rosa, voglio sperare. Servire un rosso d’estate richiede una maggiore attenzione e una maggiore consapevolezza circa alcuni effetti, che qui riassumo:

•    Una temperatura alta aumenta la sensazione di dolcezza a scapito di quella amara e salata e una temperatura bassa  funziona al contrario.
•    La percezione dell’acidità non cambia con la temperatura, ma aumenta la gradevolezza se è bassa.
•    Una temperatura bassa aumenta la sensazione di astringenza data dai tannini
•    Una temperatura bassa diminuisce la percezione alcolica ed una alta la esasperano.

A questo punto è chiaro che i vini rossi non possono venire serviti alla famigerata "temperatura ambiente", provvedendo, quando necessario, a rinfrescarli prima ed evitando così ai clienti l’imbarazzo di dover chiedere del ghiaccio per portare un qualunque vino rosso dai torridi 26-28° ai più civili 16-18°. E lo stesso vale per i passiti, che risulteranno meno “stucchevoli” qualora serviti adeguatamente. Se ci si attenesse a queste semplici e risparmiose regole, quell’oscuro oggetto del desiderio che i vignaioli cercano con tanta fatica di preservare, e che rischia di morire affogato in un secchiello pieno di ghiaccio o cotto nella griglia di un clima torrido, ci regalerebbe qualche soddisfazione in più.

E allora bando al ghiaccio (costa fatica ed energia) che iberna il vino e chiediamo una semplice e banalissima “glacette” che manterrà in temperatura il vino, bianco o rosso che sia, per la durata della cena a costo quasi zero. Adesso tutti uniti nel coro: fuori i bianchi e dentro i rossi. Nel secchiello o nel frigo e dove se no? E’ una questione di civiltà.. del bere.     

Giovanni Solaroli

Ho iniziato ad interessarmi di vino 4 eoni fa, più per spirito di ribellione che per autentico interesse. A quei tempi, come in tutte le famiglie proletarie, anche nella nostra tavola non mancava mai il bottiglione di vino. Con il medesimo contenuto, poi ci si condiva anche l’onnipresente insalata. Ho dunque vissuto la stagione dello “spunto acetico” che in casa si spacciava per robustezza di carattere. Un ventennio fa decisi di dotarmi di una base più solida su cui appoggiare le future conoscenze, e iniziai il percorso AIS alla cui ultima tappa, quella di relatore, sono arrivato recentemente. Qualche annetto addietro ho incontrato il gruppo di Winesurf, oggi amici irrinunciabili. Ma ho anche dei “tituli”: giornalista, componente delle commissioni per la doc e docg, referente per la Guida VITAE, molto utili per i biglietti da visita. Beh, più o meno ho detto tutto e se ho dimenticato qualcosa è certamente l’effetto del vino.


ARGOMENTI PRINCIPALI



LEGGI ANCHE