Non ci resta che piangere.4 min read

Non c’è stato niente da fare! La stagione invernale del 2006-2007 è partita male e sta finendo peggio, e tutti i tentativi che la natura ha cercato di compiere per raddrizzare in qualche modo le cose sono caduti nel vuoto, letteralmente "ingoiati" da un’alta pressione di una tenacia spaventosa.
Quando ho iniziato a pensare a come scrivere queste brevi righe, avevamo anche già idealizzato il titolo, riferendoci ad una delle tante fasi fenologiche della vite, il pianto. Ma più i giorni passavamo, e questa intestazione diventava anche mia, per non dire nostra!
Abbiamo appena oltrepassato i mesi di gennaio e di febbraio, e ci ritroviamo con le montagne brulle, con pochissima neve (salvo fortunate eccezioni), con assenza quasi totale di  precipitazioni. Pochissimi anche i giorni di gelo, surclassati da temperature eternamente fuori norma anche di 6-7° sull’intera  penisola.

Ma torniamo a noi, ed al pianto.
L’inizio del periodo di accrescimento vegetativo della vite, si evidenzia con il fenomeno del pianto, una vera e propria fase fenologica.
L’arrivo della primavera nel vigneto è sottolineato da questo fenomeno: dai tagli di potatura la linfa inizia ad uscire in modo consistente, fino a dare origine ad un ininterrotto sgocciolamento.
Anno dopo anno, può però variare l’epoca d’inizio e la durata. Sempre in relazione alle annate può anche variare come entità.
E’ un evento naturale che tuttavia è indotto dall’opera della potatura e che allo stato spontaneo non si osserva. La variabilità con cui si manifesta in anni differenti ha inoltre reso possibili le correlazioni tra le sue caratteristiche e gli eventi naturali, o quelli dettati dalla coltivazione dell’anno precedente. I principali fattori che sicuramente hanno una certa influenza sono: l’età del vigneto, la vigoria delle piante e l’epoca della potatura invernale.
L’elemento oggetto di maggiore riflessione è tuttavia come questo fenomeno possa influire sulla produttività dell’annata in corso e se, in qualche modo, possa costituire un danno per le piante, ma non vi sono, al riguardo, esperienze di alcun genere.

La fase del risveglio primaverile è brevemente sintetizzabile nelle seguenti tappe:
 l’innalzamento della temperatura del terreno;
 l’intensificazione dell’attività radicale;
 la dissoluzione delle occlusioni naturali all’interno dei vasi formatisi all’inizio del riposo invernale;
 l’aumento del flusso linfatico all’interno dei vasi ascendenti;
 l’ingrossamento delle gemme e il successivo germogliamento.

Il pianto è quindi la conseguenza dei tagli che non si sono ancora naturalmente rimarginati. Da essi la linfa trova sfogo, fino a quando, a contatto dell’aria, inizia a rapprendersi, assumendo una consistenza quasi gommosa e divenendo quindi di ostacolo all’ulteriore gocciolamento.
La linfa che sgorga dalle ferite accidentali provocate sulle piante di vite appare ricca di minerali e sostanze organiche, e tra queste ultime soprattutto di zuccheri (principalmente glucosio).
Il fenomeno del pianto, priva  la vite delle riserve stoccate nelle radici durante il periodo di agostamento dell’anno precedente, ed è sufficiente anticipare la potatura in modo che le ferite possano rimarginarsi naturalmente prima del periodo primaverile.
La giovane età delle piante e la loro vigoria sono fattori favorevoli a un pianto abbondante e prolungato. L’epoca della potatura sembra anch’essa correlata: quando l’intervento è precoce nell’autunno pare che anche il successivo pianto avvenga altrettanto precocemente. Può quindi essere indicato, al riguardo, anticipare la potatura dei vecchi vigneti e posticipare il più possibile quella dei più vigorosi.
La potatura della vite richiede talvolta, soprattutto nei vecchi vigneti, consistenti tagli di ritorno sul ceppo. Sebbene questi siano da contenere il più possibile, non possono essere sempre evitati. Da queste grandi ferite, il flusso di linfa è generalmente rallentato; essendo tuttavia grande la superficie di taglio, la quantità di liquido può essere notevole. In queste condizioni è favorito il contatto con l’aria e quindi la trasformazione del liquido in una sostanza prima mucillaginosa e poi quasi gommosa. In questo substrato possono proliferare particolari microrganismi che si sviluppano in sovrafflate colonie. La massa di linfa in parte rappresa diviene rossastro-arancione a seguito della presenza di questi esseri e appare molto vistosa. A tutto questo non conseguirà, tuttavia, alcun danno e, con il passare di qualche settimana, tutto quanto sarà superato.

Adesso stiamo a vedere se anche la primavera continuerà all’insegna dell’anomalia barica e termica oppure se la natura avrà finalmente la forza di far cambiare le cose. Certo, il gelo a marzo non è invocato da nessuno! Speriamo solo che piova, per fare "scorta" di preziosa acqua in vista della stagione estiva!
Altrimenti non ci resta che piangere!

Davide Ferrarese

Davide Ferrarese, agronomo e profondo conoscitore del Piemonte agricolo, per diversi anni nostro “metereologo ufficiale” ci ha lasciato in eredità tantissimi interessanti articoli.


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