Nizza 2006, ovvero il bello ma difficile gioco delle quattro carte.4 min read

Seconda partecipazione all’anteprima della Barbera Nizza e secondo anno in cui le sensazione mi ricordano la maglia, da me non molto amata,di una squadra di calcio torinese. Il bianco ed il nero, il chiaro e lo scuro si mischiano in questo prodotto fortemente amato e voluto da un piccolo ma compatto e deciso gruppo di produttori.

I toni bianchi, di bella luce chiara, parlano di un organizzazione come sempre perfetta , di produttori seri e con cui confrontarsi è veramente utile, di una vendemmia 2006 di altissimo livello. Le righe nere invece sono dubbi ricorrenti sul senso della tipologia Nizza, specie se confrontata con i vini base (quindi Barbera d’Asti, Superiore e non) delle stesse aziende.

Vediamo di sintetizzare con un esempio alpinistico. Per fare un buon Nizza occorre raggiungere nello stesso momento alcune vette: quella della maturazione fenolica (anche per avere un acidità più moderata e moderabile), quella dell’acidità (perché sempre di barbera di tratta), quella dell’alcol (vetta possibilmente più bassa, perché i 15° o 16° che si raggiungono “giocoforza” se si cerca la maturazione fenolica, sono duri da reggere) e quella del buon equilibrio del legno. Come potete capire si tratta di un difficilissimo “Gioco delle quattro carte”, che viene giocato sempre a scapito della quinta “vetta non vetta” alias eleganza. Sicuramente il tempo deve svolgere un ruolo importante nella partita: questo, come un novello Eolo, soffiando soffiando, consumerà le cime e livellerà gli spigoli. Ma, se di tempo c’è bisogno, perché presentarle quando Eolo ancora non ha potuto lavorare a dovere? Certo, stiamo parlando di anteprima e si presume che le persone invitate sappiano vedere il panorama futuro, anche se adesso nascosto da catene montuose destinate poi a levigarsi ed a sparire.

Questo gioco di preveggenza ha bisogno però di due cose. Panorami simili anno dopo anno e la certezza che la valle promessa è dietro le vette che la nascondono. Fuor di metafora: prevedere il futuro per una tipologia di vino che ha pochissime annate da presentare non è come parlare di Barolo, che viene assaggiato giovane da quando Berta filava. Come si fa a garantire che quel tannino del legno si amalgamerà, che quella rotondità non sarà eccessiva, che quell’alcol non rimarrà sempre un carattere coprente/asciugante di tutto il resto. Noi Possiamo provarci perché crediamo che il gioco valga la candela, ma il pubblico? Non sarebbe meglio fare una piccola modifica al disciplinare e creare la BaBa “alias Barbera invecchiata per disciplinare (solo in vetro, per carità!) quanto un Barolo. Capisco che questo porterebbe a costi e problemi ancora più grossi per i bravi produttori del Nizza, ma servirebbe forse a far quadrare il cerchio. Si presenta un vino più equilibrato con il grande vantaggio di poterlo definire “La barbera più invecchiata (per legge) del mondo. Si entra di diritto nel mondo dei grandi vini sognati, si strappa un posto alla tavola di quelle poche denominazioni italiane che possono vantare un così lungo invecchiamento. Soprattutto però si presenza il Nizza quando va presentato e quando certi dubbi sono stati resi inesistenti dal tempo.

Questo non lo proporrei se i miei amici del Nizza campassero solo dei proventi di questa tipologia, ma in realtà sbarcano il lunario soprattutto con le Barbera d’Asti,  spesso prodotte in quantitativi dieci  volte superiori rispetto al Nizza.  E proprio queste tipologia, assaggiata dopo il “fratello maggiore”, ci fa immaginare possibile un Nizza con i tempi del Barolo. Infatti sono finiti i tempi delle barbera difettate, dei vini poveri e scissi, dalla beva improvvisata e stiracchiata. Oggi le Barbere d’Asti di chi produce Nizza sono dei signori vini quotidiani, prodotti freschi, riconoscibili, godibili, vendibili e venduti a prezzi molto onesti.

Chi produce vini del genere non può non avere la lungimiranza di proiettare il suo vino “top “nel mondo dei gradi prodotti che hanno bisogno di tanto tempo per dare il meglio di se. Sia che questo meglio porti il nome di  fusione del legno con il corpo del vino (molto migliorata di anno in anno)di  equilibrio acido (fondamentale, specie con estratti alti e polifenoli maturi) o  di potenza alcolica. Se il Nizza deve essere LA Barbera di riferimento (vigneti ed intenzioni vanno in quel senso) allora dobbiamo dargli tutto il tempo di cui ha bisogno, specie se il rischio è quello di assomigliare alle  “barberone” d’Alba: potenti, energiche ma sempre meno dotate della freschezza e della riconoscibilità che questo grande vitigno deve portare con se.

Carlo Macchi

Sono entrato nel campo (appena seminato) dell’enogastronomia nell’anno di grazia 1987. Ho collaborato con le più importanti guide e riviste italiane del settore e, visto che non c’è limite al peggio, anche con qualcuna estera. Faccio parte di quel gruppo di italiani che non si sente realizzato se non ha scritto qualche libro o non ha creato una nuova guida sui vini. Purtroppo sono andato oltre, essendo stato tra i creatori di una trasmissione televisiva sul vino e sul cibo divenuta sicuramente la causa del fallimento di una nota rete nazionale. Riconosco di capire molto poco di vino, per questo ho partecipato a corsi e master ai quattro angoli del mondo tra cui quello per Master of Wine, naturalmente senza riuscire a superarlo. Winesurf è, da più di dieci anni, l’ultima spiaggia: dopo c’è solo Master Chef.


ARGOMENTI PRINCIPALI



LEGGI ANCHE