Montefalco Sagrantino: un vino da aspettare pazientemente.3 min read

Montefalco e la bella stagione devono aver stretto un patto di ferro: sono oramai 5 anni che il giorno della Settimana enologica dedicato agli assaggi prevede cielo rigorosamente azzurro e clima estivo. In questa situazione assaggiare vini particolarmente tannici risulta un po’ più difficile del normale. Indubbiamente qualche bruma aiuta quando ci sono in ballo vini che si avvicinano a quelli da meditazione. La carica fenolica del Sagrantino è infatti così importante che, non per niente, viene evidenziata ad ogni piè sospinto. Non ultimo il direttore del Consorzio che, prima dell’assaggio dei vini della nuova annata in commercio, proprio riferendosi alla sua abbondanza di polifenoli, lo ha definito “Il vino con il maggiore potenziale di invecchiamento al mondo”.

Purtroppo una piccola retrospettiva del 1998 (allora i produttori si contavano sulle dita di due mani) non  ha avvalorato questa teoria che, prima di trasformarsi in pratica, dovrà veder passare molta acqua sotto i ponti. Questo non perché le uve sagrantino manchino di potenza ma perché, come dice una vecchia pubblicità di pneumatici “La potenza non serve a niente senza il controllo”. In particolare questo “controllo” si ottiene da vigne vecchie, equilibrate e da un’esperienza  che molti produttori locali non hanno. Il parco vigneti aumenta infatti di anno in anno in maniera quasi esponenziale ed i produttori spuntano come funghi. In una situazione del genere, dove la vigna è quasi sempre nuova, non si può che avere pazienza ed aspettare, (a parte alcune oramai consolidate eccezioni storiche), almeno 7-10 annate prima di valutare l’effettiva portata delle possibilità di invecchiamento di questo vitigno.

Dal futuro al presente, e quindi all’annata 2005. Durante la manifestazione l’assaggio di un ristretto numero di campioni (circa una quindicina) ci ha permesso di farsi un’idea comunque abbastanza chiara di questa vendemmia. In sintesi potremmo dire che “natura non facit saltus” e che quelle caratteristiche di lieve “diluizione” riscontrate in altri rossi italiani di quell’ annata non hanno “saltato” questo meraviglioso territorio. “Diluizione” per un vino così tannico è un termine abbastanza improprio ma credo renda bene l’idea di un vino pur aggressivo a cui però manca quel collante centrale, quell’armonia che forse un maggiore invecchiamento in vetro potrà sviluppare.L’altra faccia della medaglia è invece positiva ed è  rappresentata da una bevibilità maggiore, da una generale morbidezza che il mercato sicuramente gradirà.

Ma veniamo ai vini che ci hanno colpito di più: ne citiamo tre, parafrasando il titolo di un famoso film western della nostra infanzia: il potente, l’elegante ed il tradizionale.
“Il potente” è il Sagrantino 2005 di Rocca di Fabbri: un vino che ci ha fatto saltare sulla sedia per come sviluppa la sua enorme forza senza che i tannini risultino verdi e disarmonici. Proprio un bel bere!
L’elegante è il vino della fattoria Colsanto, che esprime una grande freschezza ed armonia. La struttura è sempre imponente ma grazie appunto ad un’acidità particolarmente equilibrata ed a tannini giustamente ruvidi il tutto assume connotazioni di armonica eleganza.
Il tradizionale non poteva che essere un nostro vecchio pallino, il Sagrantino di Filippo Antonelli: il suoi vini sono da sempre al top della denominazione, grazie a profumi dove il legno svolge ruoli subalterni e ad un palato di grande, austera, finezza. Anno dopo anno Filippo produce vini che dovrebbero essere presi ad esempio da chi si avvicina, come produttore,( ma forse soprattutto come consumatore) al Sagrantino.
Adesso appuntamento al prossimo anno, con un’anteprima dove speriamo di incontrare la totalità dei produttori locali, raccolti attorno al Consorzio di Tutela.

Carlo Macchi

Sono entrato nel campo (appena seminato) dell’enogastronomia nell’anno di grazia 1987. Ho collaborato con le più importanti guide e riviste italiane del settore e, visto che non c’è limite al peggio, anche con qualcuna estera. Faccio parte di quel gruppo di italiani che non si sente realizzato se non ha scritto qualche libro o non ha creato una nuova guida sui vini. Purtroppo sono andato oltre, essendo stato tra i creatori di una trasmissione televisiva sul vino e sul cibo divenuta sicuramente la causa del fallimento di una nota rete nazionale. Riconosco di capire molto poco di vino, per questo ho partecipato a corsi e master ai quattro angoli del mondo tra cui quello per Master of Wine, naturalmente senza riuscire a superarlo. Winesurf è, da più di dieci anni, l’ultima spiaggia: dopo c’è solo Master Chef.


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