L’occasione per raggiungere Matilde Poggi a Le Fraghe è stata la verticale dei suoi vini rosa che scardinano i pregiudizi sulla gioventù a tutti i costi di questi vini. Ròdon, il suo Chiaretto di Bardolino, ci ha costretti a sperare che Matilde avesse qualche bottiglia ancora in cantina del 2015, ma niente da fare.
Nemmeno lei e Federico Giotto si aspettavano un risultato simile 9 anni fa. Poco male, ho comprato qualche 2023 e mi sono armata di molta pazienza. La matrice minerale, fresca, marina sommata all’equilibrio dei suoi vini rosa si ritrova anche in Traccia di Rosa, più territoriale come vino, anche perché non filtrato e passato in cemento non vetrificato. Le note evolutive ci hanno ricordato gli Assyrtiko di Santorini, vini ‘pallidi’ ma dalla personalità innegabile.
Oltre ad aver goduto del frutto dei suoi 40 di lavoro in vigna e cantina, avere la ex presidente FIVI e attuale presidente CEVI (Confédération Européenne des Vignerons Indépenants) è stata l’occasione per avere delle chiavi di lettura sul futuro dei vignaioli in Europa.

Winesurf – Cosa vede nel futuro delle piccole cantine in un mondo sempre più globalizzato?
Matilde Poggi – “Le piccole cantine hanno mercati di sbocco meno diversificati rispetto alle grandi aziende e risentono maggiormente se uno di essi va in crisi. Abbiamo visto durante la pandemia come la chiusura forzata della ristorazione abbia messo in difficoltà le piccole aziende rivolte principalmente al mercato interno. Dall’altro lato però, per le loro dimensioni contenute sono più agili, possono dunque reagire con maggiore rapidità ai cambiamenti e adattarsi alle nuove condizioni. Questa flessibilità operativa consente loro di trovare nuove soluzioni e di riorientare le risorse umane in modo più efficiente rispetto a realtà maggiormente strutturate, più complesse e burocratiche.
Il loro successo è anche legato alla crescente domanda di vini artigianali, una tendenza che sta guadagnando consensi soprattutto tra il pubblico giovane. I locali e le enoteche che puntano su questa tipologia stanno diventando sempre più popolari, contribuendo ulteriormente alla visibilità e al successo delle piccole aziende vinicole. Anche a livello internazionalestanno beneficiando della crescita dei piccoli importatori specializzati nei vini artigianali, una nicchia in espansione in molti mercati.
Credo quindi che queste realtà potranno continuare ad avere successo, ma dovranno prestare attenzione all’evoluzione del mercato del vino, in grande cambiamento in questi anni. Dovranno essere pronte a innovare e trasformarsi, rimanendo aggiornate e cercando nuovi modi per andare incontro alle esigenze dei consumatori”.
W – Qual è per lei il concetto di qualità di un vino e quanto c’entra il territorio?
MP – “Un vino di qualità è quello che nasce da produzioni artigianali a partire da uve sane in territori vocati, con un’enologia poco interventista. Nel mio caso il legame con il territorio è imprescindibile e credo sia ciò che veramente fa la differenza tra il vino europeo e quelli del mondo al di fuori dell’Europa.
Sono profondamente legata al paesaggio che circonda la mia azienda – il Monte Baldo che domina a nord, il lago di Garda con un clima tipicamente mediterraneo, la Valdadige lungo la quale scendono i venti freschi – e che ha scandito ogni momento della mia vita. Guidata dalla passione per l’ambiente circostante, tutto ciò che faccio in vigna, a conduzione biologica dal 2009, si pone come obiettivo la conservazione di questa territorialità unica e irripetibile. I miei vini – una produzione di soli vini fermi, dal 2021 esclusivamente con tappo a vite – rappresentano il meglio che restituisce la mia terra, con una forte impronta che deriva dalle particolari condizioni climatiche del Lago di Garda”.

W – Qual è il rapporto tra microcosmo e macrocosmo enoico, inteso sia dal punto di vista qualitativo che economico?
MP – “La qualità del vino nel microcosmo enoico si accompagna a un lavoro rispettoso e attento in vigna, alla tutela del territorio e della specificità del terroir, a garanzia della qualità nei confronti del consumatore. D’altro lato le grandi aziende possono investire in tecnologie avanzate e in ricerca ma può esserci una standardizzazione del prodotto per soddisfare le preferenze del consumo di massa. A livello economico le piccole cantine possono trovarsi ad affrontare sfide legate alla ridotta capacità produttiva e al più difficoltoso accesso ai mercati internazionali ma, come dicevo prima, traggono beneficio dalle nicchie di mercato e da una clientela affezionata che apprezza l’unicità delle loro referenze. Nel macrocosmo enoico si applicano più facilmente economie di scala, maggiori capacità di marketing e distribuzione e una presenza consolidata nei mercati globali, competitiva per prezzi e volumi. Per quanto riguarda l’aspetto qualitativo, entrambi i livelli presentano elementi di vantaggio e contribuiscono alla diversità e alla ricchezza del settore vinicolo. Dal punto di vista economico, sinergie e differenze tra piccoli e grandi produttori definiscono un ecosistema in continua evoluzione, dove entrambi possono coesistere per affrontare le sfide future”.
W – L’agricoltura di precisione è utile per i piccoli e medi produttori?
MP – “Con i cambiamenti climatici e i fenomeni estremi che questi comportano, l’agricoltura di precisione è uno strumento di cui non possiamo fare a meno per ottimizzare la gestione della vigna e ridurre l’impatto ambientale mediante l’utilizzo di tecnologie avanzate. Da un lato dobbiamo produrre uve sane da vinificare con attenzione, dall’altro dobbiamo contenere i costi e quindi fare trattamenti puntuali, solo dove è necessario. Per esempio, i dati previsionali satellitari giocano un ruolo chiave nel fornire informazioni utili per il monitoraggio e la pianificazione delle attività agricole, prevedendo e anticipando eventuali fenomeni climatici come siccità, gelo, inondazioni e grandinate”.
W – Estirpazione: è davvero la soluzione e per chi?
MP – “Mi pare una soluzione estrema e prematura. Ritengo piuttosto opportuno che si progetti una strategia a lunga scadenza per affrontare le difficoltà del mercato del vino. Di fronte all’incertezza attuale – nella quale non sappiamo ancora se la crisi in corso sia congiunturale o strutturale – ritengo molto pericoloso andare ad agire sugli investimenti riducendo così il potenziale produttivo del vino europeo.
Mi pare inoltre una contraddizione da un lato aiutare i nuovi vigneti e la ristrutturazione di quelli già esistenti, concedere ogni anno nuove autorizzazioni all’impianto, e dall’altro aiutare con un contributo (se pur limitato) l’estirpo e l’abbandono delle superfici vitate. Il vino si basa su investimenti a lungo termine, e pertanto necessita di visioni a lungo termine. In questo momento preferirei, ove necessario, richiedere misure che vadano a colpire il prodotto, quali quelle messe in campo durante la pandemia”.