Lo scambio (legale!) delle uve toscane tra DOCG e IGT3 min read

Vi prego di seguirmi attentamente perché sto entrando in un campo minato, dove il rischio è quello di “saltare” a conclusioni o a deduzioni a prima vista logiche ma che potrebbero portare verso accuse  infondate o visioni deformate della realtà.

Tutto nasce da uno scambio di battute con un produttore toscano che, parlando del suo vino mi disse più o meno questo “Del resto da qualche anno, con i certificati che ci dicono solo che possiamo produrre  x quintali di vino DOP all’interno di ogni azienda, il quantitativo possiamo anche ottenerlo da vigne aziendali piantate a IGT, basta che la vigna abbia le stesse caratteristiche di quelle DOP, quindi stesse uve e stessa resa”. Sono rimasto piuttosto sconcertato e sul momento non ho approfondito l’argomento, cominciando però dopo qualche giorno a chiedere in giro e constatando che questa “traslazione” avveniva regolarmente anche in altre denominazioni toscane.

In altre parole se all’interno della mia azienda ho 10 ettari totali, di cui 8 a DOP e 2 a IGT, se quei 2 ettari sono equivalenti (cioè stesse uve della DOP, stessa resa) posso scegliere  uve per il mio vino DOP anche tra i due ettari IGT, utilizzando un quantitativo x dalla vigna IGT e declassando a IGT lo stesso identico quantitativo che prima era DOP.

Per essere ancora più chiari: mettiamo che abbia piantato un vigneto IGT a 500 metri s.l.m.: in un’annata calda l’uva prodotta (mettiamo sia sangiovese) è migliore della vigna DOP che ho a 150 metri d’altezza : con questa regola posso “sostituire” un quantitativo di vino DOP non eccelso con uno IGT di grande livello, migliorando così il mio vino DOP, cioè quello di punta dell’azienda.

Tutto questo grazie ad una determinazione della Regione Toscana, riportata nel Bollettino Ufficiale del  17 dicembre 2017 che, riprendendo l’articolo 39 della legge nazionale 238/2016, (il cosiddetto Testo Unico sul vino) testualmente recita:

  1. In attuazione dell’articolo 39, comma 3, della l.238/2016, la Giunta regionale, su proposta dei consorzi di tutela e sentite le organizzazioni professionali agricole e cooperative maggiormente rappresentative, può disciplinare l’iscrizione dei vigneti nello schedario, ai fini della idoneità alla rivendicazione delle relative DO, per conseguire l’equilibrio di mercato, determinando:
  2. a) la superficie iscrivibile allo schedario ai fini dell’idoneità alla rivendicazione, di seguito denominata superficie rivendicabile;
  3. b) i criteri per l’assegnazione della superficie rivendicabile a livello aziendale.
  4. La disciplina di cui al comma 2 può avere una durata massima di tre anni.
  5. 4. La superficie rivendicabile è assegnata a livello aziendale e il suo trasferimento è consentito:
  6. a) tramite il trasferimento, anche temporaneo, di una superficie vitata almeno equivalente

Quindi se un vigneto è “all’interno dell’azienda” ed è “equivalente” un produttore toscano può scambiare  un quantitativo  x di  vino IGT prodotto con altrettanto vino DOP. Almemo così ho capito e così mi hanno detto diversi produttori.

Questa cosa, come è successo a me, può in un primo momento creare un certo sconcerto e far pensare ad uno seduto ad un tavolo da poker, dove ad ogni mano ha la possibilità (legale) di prendere una carta in più rispetto agli altri giocatori e scambiarla con una delle 5 che ha in mano. A prima vista sembra un bel vantaggio.

Riflettendo meglio però credo che la cosa possa  essere vista fondamentalmente  in due modi: da una parte io consumatore che punto a bere un vino DOP migliore possibile non posso che essere felice, perché così un produttore può darmi ogni anno il meglio della sua produzione, dall’altra sorgono alcuni dilemmi etici considerando quanto è stato detto e fatto per dare una configurazione assolutamente rigorosa e inattaccabile  alle DOC e alle DOCG italiane.

Non so se questa regola sia stata adottata anche da altre regioni e in che modo. Ripeto, ognuno può pensarla come vuole ma credo sia comunque importante parlarne perché è doveroso informare il consumatore sulla tipologia di vigneto da cui provengono (solo in parte e non sempre) vini DOCG toscani conosciuti in tutto il mondo.

In particolare mi farebbero molto piacere commenti di produttori o di tecnici informati per far capire meglio a tutti (a me per primo)  se e come si declina questa particolare regolamentazione.

Carlo Macchi

Sono entrato nel campo (appena seminato) dell’enogastronomia nell’anno di grazia 1987. Ho collaborato con le più importanti guide e riviste italiane del settore e, visto che non c’è limite al peggio, anche con qualcuna estera. Faccio parte di quel gruppo di italiani che non si sente realizzato se non ha scritto qualche libro o non ha creato una nuova guida sui vini. Purtroppo sono andato oltre, essendo stato tra i creatori di una trasmissione televisiva sul vino e sul cibo divenuta sicuramente la causa del fallimento di una nota rete nazionale. Riconosco di capire molto poco di vino, per questo ho partecipato a corsi e master ai quattro angoli del mondo tra cui quello per Master of Wine, naturalmente senza riuscire a superarlo. Winesurf è, da più di dieci anni, l’ultima spiaggia: dopo c’è solo Master Chef.


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