Lo sapevate che in Albania nascono vini interessanti?4 min read

Per chi si interessa di vino, l’Albania è probabilmente l’ultimo paese a destare l’interesse di un appassionato di vino e di conseguenza latitano le occasioni per incrociare i loro vini.

A meno che non decidiate di trascorrere una vacanza marinara sulle belle coste Albanesi, non vi sarà facile assaggiare qualche vino albanese. Ma anche in questo caso, l’impresa si presenterà ardua.

A colmare questa lacuna ci ha pensato l’AIS Club Albania nella serata organizzata da AIS Romagna, una delle tante serate promosse in giro per l’Italia. Serata il cui ricavato sarà interamente destinato alla Sanità Albanese.

Vigneti albanesi

Vincenzo Vitale, relatore AIS della serata è a tutti gli effetti un vero esperto sull’Albania, avendoci vissuto a lungo. Vincenzo è stato tra i primi ad avviare quel processo che possiamo chiamare “alfabetizzazione enoica” della neonata filiera del moderno vino albanese. Per ironia della sorte, avendo iniziato come distributore di vini italiani, oggi si ritrova invece a cercare di convincere ristoranti e alberghi albanesi a proporre i loro vini.

Ho scritto moderno perché, seppur in piccolo, la storia del vino albanese è antica e risale a quando Greci e Illiri vi abitavano; da qui transitavano le viti che i Romani diffusero in tutto il loro impero. In epoca più attuale, dopo l’indipendenza dell’Albania conquistata nel 1912, la viticoltura riprese un certo vigore arrivando a occupare una superfice di circa 15mila ettari.

shesh

Ma è solo con l’avvio della parziale privatizzazione dei terreni, dopo la caduta del regime Enver Hoxha che l’interesse si fa più vivo.

Oggi si contano 26mila ettari e l’andamento è in crescita; merito di investimenti stranieri, dei fondi europei e del forte orgoglio del popolo albanese nel voler produrre vini che riflettano la loro identità.

L’Albania è un paese prevalentemente montagnoso e la viticoltura è praticata in diverse aree suddivise in fasce altimetriche. Se ne contano sommariamente sei: Zadrima, Sukth, Narta, Myzeqeja, Korca e Permet. Le cantine che producono vino, in parte acquistando uva da piccoli viticoltori, (la proprietà è molto frammentata) sono circa una trentina: molte sono condotte da Albanesi che hanno studiato e fatto stage in Italia e oggi mettono a frutto le loro competenze con l’aiuto, sempre più occasionale, di enologi italiani.

Kallmet

Competenze sia agronomiche, sui quattro vitigni autoctoni albanesi, che di tecniche enologiche.

  • Shesh vitigno sia bianco che nero, uva dall’interessante acidità
  • Kallmet, uva rosso di gran carattere, esprime tannini delicati
  • Pules uva bianca di buona aromaticità
  • Vlosh vecchio vitigno in fase di riscoperta

Ma veniamo agli 8 vini che Vincenzo Vitale ci ha proposto, 3 da vitigni francesi, tecnicamente ben fatti ma piuttosto anonimi e privi di interesse; infatti la domanda che aleggiava nell’aria era <chi mai acquisterebbe un Chardonnay albanese? >. Decisamente più interessanti invece i 5 vini da vitigni originali.

Kantina Faba: Chardonnay 2018, ben inquadrato nell’ esprimere il vitigno, pulizia e maturità. Forse le uve andavano vendemmiate prima, a meno che non si volesse ottenere un vino morbido e maturo. A mio avviso un po’ di freschezza in più avrebbe giovato.Kantina Duka: Shes i Bardhe 2020, un bianco decisamente ben fatto, bel bouquet floreale, cangiante, freschezza integrata, finale sui toni di spezie e frutti bianchi.Kantina Medaur: Chardonnay 2018, profumi tostati, noccioline, banana matura, bocca esile dal finale vanigliato. Comunque il vitigno si sente.

  • Kantina Uka: Pulez 2017, bottiglia molto probabilmente maltrattata, ne risente il colore, il giallo si è fatto più dorato, il naso mostra alcune imperfezioni e il sorso evidenzia incipiente ossidazione. Probabilmente questo vitigno è più adatto per fare vini da bersi in gioventù.
  • Kantina Dukat: Vlosh 2015, dal vitigno omonimo, un incrocio tra un rosato carico e un rosso slavato, trasparente. Da terreni sotto il livello del mare (1 mt.) un rosso/rosato dal colore poco invitante, con profumi erbacei e terrosi. Interessante al gusto, molto fresco e speziato, e leggero di corpo. È un paradosso, mai i rimandi a taluni rossi dell’Alto Piemonte non è poi così strampalato.

  • Kantina Duka: Cabernet Sauvignon 2017, un vino improbabile, pur mostrando le caratteristiche aromatiche del vitigno (ribes, piccoli frutti di bosco in generale, e un erbaceo evidente (foglia di pomodoro) all’assaggio si perde. La struttura è debole, evidentemente l’apporto dei trucioli di legno apporta aroma e gusto ma non struttura. I tannini sono caratterizzati da eccessi di morbidezza.
  • Kantina Uka: Kallmet 2018, decisamente il miglior vino di tutta la batteria. Granato semi trasparente, profumi di fiori secchi, spezie e radici. Un bel sorso delicatamente fresco e tannico, leggero ma molto gradevole. Difficile immaginarlo però in abbinamento ai robusti piatti Albanesi, le cui caratteristiche ci sono state descritte da Vincenzo.
  • Kantin Balaj: Caberlot 2019, ecco un rosso tannico e robusto. Bel colore fitto e scuro con delicati profumi di frutti neri, more e susine ben declinati. Ben diverso l’assaggio, intelaiatura tannica rigida e ruvida, in contrasto con quanto preannunciato dal reparto olfattivo. Probabilmente con il tempo il tannino potrà ammorbidirsi, al momento l’abbinamento con piatti adatti (agnello, montone, etc.) potrebbe valorizzarlo.

In conclusione, una serata partita con aspettative dettate solo dalla curiosità vera e propria, si è rivelata invece oltremodo interessante. Sull’altro lato dell’Adriatico c’è un popolo fiero delle proprie tradizioni e che sta cercando crearsi una propria identità enologica, studiando e magari facendo riferimento a modelli di maggior successo.

 

 

Giovanni Solaroli

Ho iniziato ad interessarmi di vino 4 eoni fa, più per spirito di ribellione che per autentico interesse. A quei tempi, come in tutte le famiglie proletarie, anche nella nostra tavola non mancava mai il bottiglione di vino. Con il medesimo contenuto, poi ci si condiva anche l’onnipresente insalata. Ho dunque vissuto la stagione dello “spunto acetico” che in casa si spacciava per robustezza di carattere. Un ventennio fa decisi di dotarmi di una base più solida su cui appoggiare le future conoscenze, e iniziai il percorso AIS alla cui ultima tappa, quella di relatore, sono arrivato recentemente. Qualche annetto addietro ho incontrato il gruppo di Winesurf, oggi amici irrinunciabili. Ma ho anche dei “tituli”: giornalista, componente delle commissioni per la doc e docg, referente per la Guida VITAE, molto utili per i biglietti da visita. Beh, più o meno ho detto tutto e se ho dimenticato qualcosa è certamente l’effetto del vino.


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