L’insostenibile leggerezza del tannino4 min read

Due grammi circa! Questo è il peso dei polifenoli (in soldoni tannini e antociani)in un litro di vino rosso. In particolare questi due grammi si riferiscono ad un Cabernet Sauvignon prodotto a Coonawarra. Tale leggera pesantezza è stata misurata con un sistema presentato da Peter Godden (responsabile dell’Australian Wine Research institute) al convegno Polifenovi e Vino, svoltosi martedì 29 a Montespertoli.

In questi due grammi, in questa apparente leggerezza (tanto per capire: di acqua in un litro di vino ne trovi da 850 a 900 grammi..) , si  concentrano gli sforzi di studiosi e tecnici nei quattro angoli del mondo. Solo al ben organizzato convegno di Montespertoli, giustamente voluto da ISVEA (www.isvea.it) con il fattivo aiuto di Vinidea, (www.vinidea.it)  erano presenti relatori dall’Australia, dalla Francia, dalla Spagna e ovviamente dall’Italia.

Ma torniamo ai nostri due pesantissimi grammi di tannini e antociani, sostanze che, nel “loro piccolo” racchiudono la differenza tra un vino ed un grande vino, tra un prodotto da battaglia ed un grande rosso da invecchiamento.

Una cosa piuttosto divertente è stata sentire praticamente ogni relatore iniziare il suo intervento premettendo che “sui tannini e gli antociani sappiamo ben poco”, salvo poi snocciolare dati, esperimenti, risultanze che comunque un quadro migliore e molto più approfondito di qualche anno  fa lo mettevano in mostra.

Non sono certo in grado di spiegare la cosa tecnicamente, né voglio tediarvi con lunghe elucubrazioni: cercherò quindi, con esempi, di farvi capire cosa c’è di nuovo nel “fantastico mondo dei polifenoli”.

Immaginatevi la colonna portante del palazzo chiamato vino, questa colonna è fatta di mattoni di diverse misure. Noi sappiamo le sue misure esterne ma non quelle dei diversi mattoni che la compongono. Gli studi attuali tendono a smontare la colonna, prendere mattone per mattone, misurarlo, capire di cosa è fatto e poi utilizzarlo nella ricostruzione dello stesso palazzo-vino o, ancora meglio di palazzi-vino diversi e più adatti alle varie circostanze. 

Fuor di metafora: oggi noi sappiamo  molte cose sui tannini e sugli antociani ma non li conosciamo uno per uno e non sappiamo con certezza se procedere in un certo modo sia giusto o sbagliato. Infatti (e non voglio scomodare messieur Lapalisse) un Merlot è diverso da un Nebbiolo, una Barbera da un Monastrell o da un Pinor Nero, un Cabernet Sauvignon da un Syrah e tutti hanno concentrazioni diverse di tannini e antociani.  Inoltre le varie tipologie di uve crescono in terreni, climi, forme di allevamento diverse, aumentando così le differenze. 

Se comunque nelle uve si trovano naturalmente i nostri “due grammi di gloria”, il fatto di esserci, anche in quantità, non vuol dire “travasarsi” senza colpo ferire nel vino finito. Uno dei problemi più grossi di tannini e antociani è infatti la solubilità, cioè come riuscire a farli migrare dalla buccia al vino senza perderli per strada.  E per strada se ne perdono quantitativi industriali!
Lo stato dell’arte è proprio quello di riuscire in primo luogo a conoscerli e misurarli (relazioni di Hélène Fulcrand, Stefano Ferrari e Peter Godden).

Il secondo passo è trovare il modo migliore per permettere ai polifenoli di maturare al meglio assieme all’uva come evidenziato dal professor Palliotti   e poi, e qui si sono soffermate Encarnación Gomez-Plaza e Antonella Bosso, portarli “senza perdite” ed in maniera stabile nel vino.

In ognuna di queste  parti, pur avendo fatto passi avanti, dobbiamo ancora fare molto. Insomma, l’America è scoperta ma va esplorata e per farlo occorrono tante cose: dagli strumenti di misurazione e di classificazione dati alle prove sul campo, agli esperimenti.

Mentre il convegno dava segnali ottimistici per il futuro io, mano a mano che gli interventi andavano avanti, mi sentivo si più allegro, ma più tristemente allegro. Più allegro perché capivo (anche uno come me, che un 6- a chimica faceva ululare di gioia) che la scienza era sulla strada giusta e che tra non molto potrà dare sicuramente basi per vini migliori per tutti. Più tristemente allegro perché in tutte queste misurazioni, prove e riprove il vecchio inguaribile bohemien del vino si era fatto strada in me con l’idea che, forse  non si  arriverà mai  a capire la vera anima dei polifenoli, quel quid che li fa nascere e/o li trasforma da sostanze come altre in grandi e forse unici apportatori di qualità: insomma forse non si arriverà mai a capire completamente l’essenza di un grande vino.  Forse non si giungerà mai a comprendere perche quel  grande vino è grande nonostante non sia stato fatto come scienza comanda.

Proprio di fronte a nomi importati (oltre ai citati ,Patrick Vuchot, Giuseppe Arfelli, e Michael Jourdes), a  esperienze e relazioni intelligenti, profonde e convincenti ho pensato, con un sorriso triste sulle labbra, che il mistero del grande vino (purtroppo? per fortuna?) rimarrà forse e per sempre un  meraviglioso mistero.

 

Carlo Macchi

Sono entrato nel campo (appena seminato) dell’enogastronomia nell’anno di grazia 1987. Ho collaborato con le più importanti guide e riviste italiane del settore e, visto che non c’è limite al peggio, anche con qualcuna estera. Faccio parte di quel gruppo di italiani che non si sente realizzato se non ha scritto qualche libro o non ha creato una nuova guida sui vini. Purtroppo sono andato oltre, essendo stato tra i creatori di una trasmissione televisiva sul vino e sul cibo divenuta sicuramente la causa del fallimento di una nota rete nazionale. Riconosco di capire molto poco di vino, per questo ho partecipato a corsi e master ai quattro angoli del mondo tra cui quello per Master of Wine, naturalmente senza riuscire a superarlo. Winesurf è, da più di dieci anni, l’ultima spiaggia: dopo c’è solo Master Chef.


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0 responses to “L’insostenibile leggerezza del tannino4 min read

  1. Abbi fede, il mistero non sarà  mai completamente svelato. La riprova è che una degli autorevoli convenuti si chiama Encarnacion, termine sul cui significato ci si accapiglia da più di duemila anni.

  2. Mettiamo che la ricerca scientifica ci possa dotare di strumenti per costruire vini con i corredi polifenolici da noi voluti. Si potranno cioè produrre più semplicemente i vini che noi vogliamo, o che il mercato vuole, o che nicchie di mercato vogliono, o che il mercato globalizzato vuole, che a noi piacciono. Che non piacciono agli americani, adatti alla cucina cinese, con profumi animali, o di peperone…Si potranno cioè fare vini, come sempre, forse in maniera più consapevole. Il vino è bello perchè è vario, il resto sono soltanto “COLE”.

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