E’ passato un anno da quando Libero Masi e sua moglie Manuela Cheli vennero trucidati nella loro casa di Nereto, in Abruzzo. Può sembrare strano che un giornale di enogastronomia parli di queste cose, ma lo facciamo per diversi motivi. Il primo è che eravamo molto amici di Libero e la sua morte mi ha lasciato un grosso vuoto nel cuore. Il secondo è che Libero amava la cultura del cibo e del vino, L’ultimo è che ancora oggi, dopo quasi 400 giorni, non siamo riusciti a sapere che l’ha ucciso. Non discuto l’impegno delle forse dell’ordine ma vorrei vedere quanto prima dietro alle sbarre quello che l’ha ammazzato. Tra qualche giorno si aprirà il Congresso di Slow Food, di cui Libero era dirigente nazionale. Spero che anche in quella sede ci si ricordi di Libero e si chieda ad alta voce un’accelerazione nelle indagini.
Una volta, durante una delle mille iniziative di Slow Food che lui gioiosamente organizzava a getto continuo, lasciando spesso in secondo piano il lavoro e la famiglia. gli chiesi perchè lo facesse. “Per non morire dentro!” fu la risposta. Oggi è un anno che Libero è morto fuori, ma dentro di noi rimarrà sempre vivo