Stavo per pubblicare l’ennesimo articolo in memoria di Libero Masi, quando mi è arrivata la notizia dell’archiviazione del caso. Da oggi ufficialmente gli assassini di Libero possono festeggiare. La giustizia, quella che Libero aveva servito ed in cui credeva,non è riuscita nemmeno ad avvicinarsi alla persona o alle persone che lo hanno trucidato assieme alla moglie Emanuela. Altre parole non servono, se non quelle in ricordo di un grande amico.
Oggi , assieme ad alcuni amici che hanno avuto la fortuna di conoscerlo e frequentarlo, ricordiamo Libero Masi.
Sono passati cinque anni dalla notte di quel 2 giugno 2005, quando Libero e sua moglie Emanuela vennero trucidati nella loro casa di Nereto, in Abruzzo. Se mai un omicidio possa essere una cosa semplice, questo non lo fu certamente. Uccisi a colpi di mannaia, peggio che macellati. Tutte le volte che ci penso mi si contorce lo stomaco.
Nonostante Libero e sua moglie fossero molto conosciuti, nonostante le modalità dell’omicidio (casi del genere, dove il sangue abbonda, di solito sono pane per la stampa), nonostante il paese di Nereto sia piccolissimo e si sappia e si senta tutto di tutti, nonostante tutto dopo cinque anni le indagini non hanno dato nessun risultato e sembra che nessuno abbia visto e sentito niente.
Libero amava la cultura ed in particolare quella del cibo e del vino e per questo era uno dei più importanti responsabili di Slow Food. Ebbi la fortuna di conoscerlo grazie a questa nostra comune passione: la sua amicizia non era mai di facciata: era una persona che non si può scordare. Per questo ho chiesto ad alcuni amici di scrivere due righe in sua memoria, perché il suo ricordo sia sempre vivo tra noi.
Non spero che questo serva per far ripartire le indagini, non credo che quello che non è stato fatto in cinque anni possa essere fatto adesso, spero solo che queste righe possano, per un attimo far riflettere chi doveva e poteva fare qualcosa e non l’ha fatto, chi ha visto e non ha detto, chi ha sentito e non ha parlato.
Una volta, durante una delle mille iniziative di Slow Food che lui gioiosamente organizzava a getto continuo, lasciando spesso in secondo piano il lavoro, gli chiesi perchè lo facesse: “Per non morire dentro” fu la risposta. Sono cinque anni che è morto fuori, ma dentro di noi Libero sarà sempre vivo.