Le salsicce di Piero della Francesca5 min read

Tra i racconti che hanno partecipato al nostro concorso  “La cena più bella della tua vita” uno ci è arrivato da un grande produttore di vino, nonché un “ragazzino” di oltre 80 anni. Stiamo parlando di Ampelio Bucci. Ci è sembrato giusto dargli uno spazio a sé stante, in una sezione che in suo onore abbiamo chiamato delle Giovani Promesse. Il titolo, visto che Ampelio non l’aveva messo, ci siamo arrischiati a farlo noi.

La cena più bella della mia lunga vita in effetti è stato un pranzo che è avvenuto non meno di 20 anni fa ma che ancora mi ricordo come nessun altro: perché un pranzo non è solo mangiare.

In quegli anni oltre a occuparmi dell’azienda agricola e del vino insegnavo a Urbino.

In occasione di una lezione, in gennaio o febbraio di un anno che non ricordo, portai a Urbino anche mia moglie Vanda con il progetto di fare insieme una bella gita di fine settimana per rivedere alcune delle opere più importanti di Piero della Francesca.

Iniziammo naturalmente dal museo di Urbino dove sono la Madonna di Senigallia e la famosa e misteriosa Flagellazione. La mattina dopo partimmo per andare a Sansepolcro  a vedere la Resurrezione e poi proseguire per Arezzo dove c’è la chiesa di San Francesco, interamene affrescata da Piero della Francesca e terminando poi a Monterchi con la sublime Madonna del parto.

La giornata si presentava molto fredda e mentre salivamo i molti tornanti del passo di Bocca Trabaria iniziò una leggera nevicata che sembrava intensificarsi man mano che ci si al passo che si trova a 1000 metri e che separa le Marche dall’Umbria e dalla Toscana.

Sulla destra salendo si costeggia il prezioso bosco unico in Italia di abeti bianchi, conosciuto fin dall’epoca romana perché forniva i migliori alberi per le navi di allora.

Raggiungemmo il passo sempre con questo tempo minaccioso e poi con continui tornanti su una strada dove non incontrammo nessuno  arrivammo finalmente a Sansepolcro, dove  sul lungo viale principale è collocato il Museo. Il tempo era veramente da lupi. Lungo la strada non passava una persona, i negozi erano tutti chiusi come le persiane degli antichi palazzi che sembravano abbandonati.

Parcheggiammo facilmente, entrammo nel museo completamente vuoto e salimmo subito a vedere la Resurrezione. Non c’era nessuno, nessun turista, nessuna guardia, un grande silenzio e ci trovammo all’improvviso noi due soli davanti all’enorme affresco di Piero che in quella atmosfera rarefatta e silenziosa, ci colpì in tutta la sua potenza con il Cristo solenne e quasi terrificante che esce dalla tomba con lo sguardo immobile fisso davanti a sé.

Una visione sempre straordinaria, ma quel giorno più impressionante anche per l’atmosfera esterna sempre più cupa, che sembrava riportarci indietro nel tempo.

Ci trovammo a partecipare in silenzio a questa straordinaria potenza della visione per un tempo sospeso. Dopo ritornammo sulla strada sempre più fredda con il nevischio che stava attaccando e senza nessuno in giro.

Avevamo chiesto alla custode dove avremmo potuto trovare un ristorante o un bar. Ma la risposta fu che era tutto chiuso essendo sabato pomeriggio  e in più con una giornata che invitava a stare chiusi in casa.

Salimmo in macchina con un forte vento gelido che faceva pensare anche alle difficoltà che avremmo incontrato nel nostro itinerario.
Guidai piano sulla strada un po’ ghiacciata. Il borgo sembrava addormentato. A un certo punto con la coda dell’occhio ci apparve la lama di fuoco di una porta semichiusa; ci fermammo e ci avvicinammo a questo portone semi aperto. Entrai io per primo, scendemmo due/ tre gradini e ci trovammo in uno stanzone con un camino e un grande fuoco scoppiettante, unica luce nel grande spazio che si vedeva nell’ombra.

“Chi è ?” chiese una voce gentile e comparve dal buio un uomo con la barba. Non vecchio, come a questo punto ci saremmo aspettati, ma un giovane sorridente. Gli spiegammo che  eravamo entrati per chiedere se sapesse dove si poteva mangiare qualcosa. Ma anche lui ci confermò che era sabato e ormai tutto chiuso. Evidentemente sembrammo molto delusi perché disse “Ma se vi accontentate di un paio di salsicce ed un po’ di costine di maiale, sedete qui con me”. Non riuscimmo (anzi meglio non volemmo), assolutamente dire di no. Con il tempo, il vento e il nevischio, quel luogo e quell’uomo ci sembravano rientrare nella stessa atmosfera e nel tempo che avevamo vissuto nel museo.

Ci sedemmo, lui portò la brace davanti al fuoco, mise sopra una grande graticola. Era il macellaio del borgo e ci spiegò che aveva ancora del lavoro da fare. E così abbiamo mangiato le più buone salsicce e le più buone costine sulla brace che abbiamo mai assaggiato nella nostra vita, come anche una fetta di capocollo succulento su un pane appena abbrustolito e anche un po’ bruciacchiato. “Volete anche assaggiare i miei cirimboli ?” chiese (per chi non lo sa sono le budella del maiale ripiene di grasso che vengono messe sul fuoco e si mangiano con il grasso bruciato fra due fette di pane. Meravigliosi!).  E abbiamo bevuto vari bicchieri del suo vino rosso forte e denso e anche tannico che ci sembrò migliore di uno Chateau Petrus o di un vecchio Barolo di Rinaldi. Anche Vanda che è quasi vegetariana mangiò tutto con grande soddisfazione. Con il nostro nuovo amico abbiamo parlato di noi, della sua famiglia, della Resurrezione che andava sempre a vedere a Pasqua con i suoi ragazzi ed era sicuro senz’altro che Piero, come diceva parlando quasi di un amico, l’aveva sognata di notte prima di dipingerla.

Ecco ancora adesso dopo più di vent’anni questo resta  il pranzo più straordinario della mia vita. Ma che forse non vorrei rifare una seconda volta perché non credo che si possa riprovare due volte la stessa magia.

Ampelio Bucci
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