Le Baccanti: Il turismo è solo l’inizio…4 min read

Nessuno si affaccia al mondo del lavoro aspettandosi di scrivere di vini. Filippo Bortolotta, alla fine degli studi, si trovò in Inghilterra e fece domanda per un posto manageriale a Vinopolis, una (allora) nuova proposta enologica a Bankside, un quartiere Londinese che si stava risollevando.

"Non ne abbiamo," gli risposero, offrendogli invece un posto come Sommelier. Lo rifiutò, pensando che versare vini per guadagnarsi il pane fosse una tremenda sconfitta, e continuò nella ricerca di un posto manageriale, vivendo ospite di un amico. Finiti i risparmi tornò a Vinopolis, dove gli offrirono un posto part time.

Gli organizzatori di Vinopolis avevano previsto una clientela iniziale di oltre 1400 persone al giorno. Ne vennero invece 40, ma i 30 sommellier provenienti da tutto il mondo dovevano comunque aprire le bottiglie, e colsero l’occasione per degustare e discutere dei vini; in breve tempo Filippo si fece un panorama enoico molto più  ampio e dettagliato di quanto non gli sarebbe stato possibile in Italia, in più le conversazioni con i clienti gli allargarono ulteriormente gli orizzonti.

L’opportunità gli si presentò quanto Stephen Spurrier lo vide assaggiare uno dei vini che stava versando nel corso di una verticale, e lo invitò a far parte delle commissioni di degustazione di Decanter. In seguito gli venne chiesto di scrivere della capacità di invecchiare del Barolo; si recò in Piemonte e scrisse, con una certa ansia, il suo primo articolo. Seguirono altri, e nel contempo si trovò ad organizzare eventi enologici per società inglesi.

Londra gli piaceva. Ma era anche in contatto con Natalia Greggi, che stava lanciando una società di turismo enologico chiamato Le Baccanti; lei gli chiese di organizzare un corso ed una gita nel 1999, e finì per aiutarla a progettare i pacchetti da offrire ai clienti. Le loro vedute strategiche si discostavano però, e lui rimase a Londra, inviandole clienti di tanto in tanto.

Saltiamo al 2002 quando fece ritorno in Italia; Natalia gli chiese di diventare socio. Sua moglie Vanessa, che era agronoma, rimase incinta e perse il lavoro e lui e Vanessa, (che rifece anche il sito per migliorarne l’efficacia) decisero di rilevare la società Le Baccanti e farne una agenzia turistica.

Sono ancora lì, ma il percorso non e’ stato così semplice. All’inizio pensarono al mercato Inglese, ma il Web non ha confini ed il loro primo cliente importante è stato un americano che volle fare una riunione familiare in Toscana per circa 30 persone. Filippo propose le degustazioni e gli approfondimenti che offriva ai suoi Corporate Clients inglesi, e furono accolte con molto entusiasmo dagli americani. Arrivarono altri americani e Le Baccanti si concentrò sulle destinazioni popolari col popolo a Stelle e Strisce — Roma e i Castelli, Venezia, Amalfi, la Riviera Ligure, Milano ed i Laghi, e via dicendo. Si trovarono anche ad organizzare seconde visite per clienti fedeli, portando chi era già stato in, per esempio, il Chianti, a cercare tartufi bianchi e scoprire produttori di clavicembali in Langa.

Poi, nel 2008, i telefoni si ammutolirono. "Avevo ricevuto una caparra da un banchiere," ricorda, e il suo telefono smise di funzionare. "Non sapevamo cosa fare."

Aveva tuttavia gli indirizzi di posta elettronica e dopo un momento di smarrimento decise di invertire la rotta, preparando una offerta dal nome "Italy at your Table." In poco ricevette 30 adesioni e si trovò in America, nelle case delle persone, a servire vini e prodotti Italiani di qualità, solitamente introvabili nei piccoli centri Americani. Contatto seguì contatto e un giorno era alla Casa Bianca, discutendo della promozione della nutrizione con gli chef del Presidente. "Era una tavola rotonda e io ero l’italiano," ricorda, aggiungendo che negli Stati Uniti l’Italia la dieta Mediterranea a base di cereali, proteine e verdure è vista da alcuni come un modello nutrizionale. "In Italia non ci rendiamo conto di quanto abbiamo."

Quel che cominciò come turismo è diventato anche educazione e una nuova attività. Le persone vogliono contatti diretti, senza filtri, dice. Introduci vini e cibi a casa loro, li spieghi, cucinate insieme, ed il cerchio si chiude. E’ questo ciò che la gente vuole ed è questo ciò che funziona. Cibi e vini diventano il cuore di un social network che opera a diverse scale; inoltre a visitare le case delle persone Filippo ha organizzato eventi in locali molto più grandi, ad esempio il Metropolitan Museum di New York.

Cosa gli piace di questa attività? Le amicizie, i contatti, la curiosità e la voglia di imparare della gente; curiosità che deve ovviamente trovare una volontà di comunicare da parte del produttore o del cuoco. "Stiamo costruendo ricordi che le persone condivideranno coi loro nipoti," dice. Lo invidio.

 

 

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Carlo Macchi

Sono entrato nel campo (appena seminato) dell’enogastronomia nell’anno di grazia 1987. Ho collaborato con le più importanti guide e riviste italiane del settore e, visto che non c’è limite al peggio, anche con qualcuna estera. Faccio parte di quel gruppo di italiani che non si sente realizzato se non ha scritto qualche libro o non ha creato una nuova guida sui vini. Purtroppo sono andato oltre, essendo stato tra i creatori di una trasmissione televisiva sul vino e sul cibo divenuta sicuramente la causa del fallimento di una nota rete nazionale. Riconosco di capire molto poco di vino, per questo ho partecipato a corsi e master ai quattro angoli del mondo tra cui quello per Master of Wine, naturalmente senza riuscire a superarlo. Winesurf è, da più di dieci anni, l’ultima spiaggia: dopo c’è solo Master Chef.


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