Lacrima o Sorriso di Morro d’Alba?4 min read

Divido questo articolo sulla Lacrima di Morro d’Alba in due parti: una pessimista e una ottimista. Alla fine ogni lettore potrà scegliere quella che più gli aggrada e magari esprimere il suo giudizio su quale delle due visioni crede più realistica.

Sfruttando brutalmente il nome del vitigno, proprio per evidenziare la drastica divisione tra i due quadri che presenterò, nella parte ottimistica trasformerò il suo nome in  “Sorriso di Morro d’Alba” ma sappiate che sto parlando dello stesso vino.

 

 

Lacrima di Morro d’Alba

Quante lacrime dovrà versare e far versare La Lacrima di Morro d’Alba ai produttori marchigiani? Ad oggi ci sono quasi 250 ettari piantati per un vino che sembra praticamente morto. Infatti, nonostante l’aumento degli ettari e quindi delle bottiglie la sua diffusione non riesce ad oltrepassare l’ambito regionale anzi, l’ambito quasi-regionale perché nell’ ascolano praticamente non è conosciuto.

Purtroppo la Lacrima è un vitigno sognatore: ha profumi da sogno abbinati ma riduzioni da incubo. Non è certo un’uva facile da coltivare, da vinificare e soprattutto da vendere perché  quei profumi da sogno non sono supportati da un corpo affidabile: infatti tante delle lacrime sulla lacrima sono dovute alla sua scarsissima longevità.

Si è cercato di rimediare in più modi. Il più semplice aggiungendo piccole quote di Montepulciano,  il più difficile migliorando i sistemi colturali, cercando così di produrre vini maggiormente longevi. Purtroppo invecchiando la lacrima perde i suoi profumi e quindi rischia di diventare un vino senza grande appeal aromatico con un corpo “senza infamia ne lode”. Come la giri la lacrima di Morro d’Alba è sempre una coperta corta: se vuoi i profumi non puoi avere corpo, se cerchi corpo e struttura i profumi ti abbandonano. Inoltre coltivare meglio l’uva, diminuire magari le rese, vuol dire aumentare i costi di produzione per un vino che però non riesce certo a spuntare prezzi di livello. Insomma, ci vorranno ancora diverse lacrime per portare avanti la Lacrima di Morro d’Alba.

 

 

Il Sorriso di Morro d’Alba

Quanti sorrisi felici faranno i produttori di Sorriso di Morro d’Alba? Sicuramente molti: dopo due anni che non l’assaggiavamo siamo tornati a concentrarci su questo vitigno e….mai scelta fu più azzeccata. I venticinque vini degustati ci hanno dato un quadro qualitativo assolutamente positivo. Una media stelle di 3.06 (vedi qui o a fine pagina) probabilmente non era mai stata raggiunta in una nostra degustazione e questo lo dobbiamo ad un vino che spicca subito per i suoi profumi assolutamente unici e particolari.

Ma la lacrima questi profumi li aveva sempre avuti, la differenza che abbiamo notato è che il vino è “cambiato e cresciuto” senza perdere le sue caratteristiche. Cresciuto in longevità senza snaturarsi troppo con giusti innesti di Montepulciano e soprattutto diminuendo drasticamente ed intelligentemente l’uso del legno. Questo sta portando il Sorriso di Morro d’Alba ad essere un vino dai profumi unici con un corpo che gli permette finalmente di maturare bene per qualche anno. Personalmente preferisco la sua immediatezza in gioventù ma non si può non prendere atto che il mercato (sempre più difficile) chiede prodotti che possano mantenersi per almeno qualche anno.

Come vedrete su 25 vini ben 15 (il 60%) hanno avuto voti uguali o superiori a 3 stelle e nessun vino è sceso sotto le 2 stelle. Un risultato, ripeto, di grande valore e ottenuto senza trovare una delle “famose” riduzione a cui è spesso soggetto. Insomma, siamo convinti che il Sorriso di Morro d’Alba continuerà a far fare sorrisi di gioia ai produttori marchigiani.

 

Usciamo dal “duetto” Lacrima-Sorriso e vediamo di capirci: da una parte abbiamo trovato un vino unico, di grande qualità media  e con ottime potenzialità, cresciuto qualitativamente e “strutturalmente”. Dall’altra nei nostri giorni di assaggi marchigiani all’IMT, parlando con vari soggetti e non solo produttori, la situazione commerciale  della Lacrima di Morro d’Alba ci è stata presentata con toni quasi funerei. Una dicotomia così evidente che abbiamo voluto riportarla nel nostro contributo per stimolare ancora di più la discussione: in poche parole è vero che un vino/vitigno che fa sorridere di gioia a berlo fa piangere amare lacrime a venderlo? E perche? Cosa si può fare per invertire la situazione?

Parliamone.

Carlo Macchi

Sono entrato nel campo (appena seminato) dell’enogastronomia nell’anno di grazia 1987. Ho collaborato con le più importanti guide e riviste italiane del settore e, visto che non c’è limite al peggio, anche con qualcuna estera. Faccio parte di quel gruppo di italiani che non si sente realizzato se non ha scritto qualche libro o non ha creato una nuova guida sui vini. Purtroppo sono andato oltre, essendo stato tra i creatori di una trasmissione televisiva sul vino e sul cibo divenuta sicuramente la causa del fallimento di una nota rete nazionale. Riconosco di capire molto poco di vino, per questo ho partecipato a corsi e master ai quattro angoli del mondo tra cui quello per Master of Wine, naturalmente senza riuscire a superarlo. Winesurf è, da più di dieci anni, l’ultima spiaggia: dopo c’è solo Master Chef.


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