Al suono della viella, Henri , con voce calda e non ancora impastoiata dall’alcol, declamava i versi della sua “Bataille”:
Dopo la lunga elencazione di crus di tutte le provenienze , ecco “entrare in scena un bizzarro prete inglese, che vestito della sua stola, comincia subito a scomunicare i vini peggiori, tra cui il “ventoso” vino di Chalons”
“Un prestre englois si prist l’estole/qui molt avoit la teste fole,/ s’escumenia dant Mauvais/qui croist ens es clos de Biauvais/ et dant Petart de Chaalons/qui le ventre enfle et les talons…”
Avrei voluto che Henri mi dicesse di quale delle numerose Chalons esistenti si trattava (certo non Chalons-sur-Marne, che già allora aveva fama di produrre vini eccellenti), ma non lo feci. Ma perché un prete inglese? Beh allora certamente non c’erano ancora i famosi Masters of Wine dei nostri tempi, ma gli inglesi e soprattutto i preti avevano già una certa reputazione al riguardo del vino.
“I vini di Mans e Tours, seguiti da quelli di Arjences, Chambure e Resnes, vista l’accoglienza del terribile prete inglese, preferirono tornarsene a casa.”
“Vins do Mans, de Tors retornerent,/ por ço qu’en esté se tornèrent,/ por le paor do prestre englois,/qui n’ot cure de lor jenglois”
Intanto Henri e la sua gioiosa combriccola continuavano a bere il rosso tolosano, e qualcuno accompagnò il canto del trovatore con qualche poderoso rutto. L’oste pensò che fosse giunto il momento di mettere qualcos’altro nello stomaco e di sua iniziativa portò delle fumanti andouillettes sulle quali si gettò immediatamente una selva di mani. Ci fu una breve tregua, giusto il tempo di spazzare via il piatto, ma la ripresa fu immediata.
“Per primo parla Il vino di Argenteuil, chiaro come la lacrima di un occhio ,affermando di valere più di tutti occhio”
“Primes parla Vin d’Argentuel,/qui fu clers comme larme d’uel,/et dist qu’i valoit mieus d’aus tos”
Si diede dunque inizio alla disfida tra i vini rimasti in lizza, ciascuno dei quali prese a lodare le sue virtù e a disprezzare i difetti degli altri.
Soprattutto il confronto si fece duro tra i vini “françois” del Nord e quelli del Sud.
“Sì, dicono i primi, voi siete più forti, ma noi siamo più delicati e dolci e non provochiamo danni al cuore, al corpo, agli occhi e alla testa.”
“Se vos estes plus fort que nos,/no somes sade, savoros,/si ne faisons nule tempeste/ n’a cuer, n’a cors, n’a uel, n’a teste”
Henri, che sembrava più che mai a suo agio in mezzo alla piccola folla che gli si era raccolta attorno, sottolineava il testo facendo grandi gesti e lanciando occhiate torve di qua e di là per descrivere la crescente eccitazione e aggressività dei contendenti.
“Se solo avessero avuto mani e piedi certo si sarebbero uccisi, ciò che il re non permise loro di fare”
“Ce n’est ore ne plus ne mains:/se vin eűssent piés et mains,/je sai bien qu’il s’entretuassent,(ja por le bon roi no laissassent”
Eravamo intanto arrivati all’epilogo. L’oste, visto che l’esibizione di Henri richiamava nuovi clienti, portò altro vino e interiora di agnello arrostito. Mentre mangiavano Henri e il suo accompagnatore, non cessarono comunque di cantare e suonare.
Dopo aver scomunicato anche la birra dell’Oise, delle Fiandre e inglese, la furia degustativa del prete inglese cedette di schianto dopo l’ultimo assaggio e…
“L’uomo, ormai esausto, se ne andò a dormire per tre giorni e tre notti.”
”Et puis si s’ala sommellier/ trois jors trois nuis sans esvellier”
Il buon Re, invece, arrivò fino in fondo, e dopo aver apprezzato i suoi amati vini bianchi, decretò che il Papa della degustazione era un bianco dolce di Cipro, e suo cardinale un delicato vino di Aquila (probabilmente Aquileia, prossima a Venezia, piuttosto che L’Aquila, come mi confermò dopo Henri),.
Gli ultimi versi della “morale” a conclusione della “grant fable”, invitano gli uomini ad accontentarsi ed apprezzare quel che si ha:
“Così come con la propria donna, beviamo il vino che Dio ci manda”
“Soit vin moien, per ou persone,/ buvons tel vin com Deus nos done”.
Henri, per nulla esausto bevve un’altra abbondante sorsata del suo vino, ordinandone dell’altro. Strizzandomi l’occhio mi disse che Il re , come tutti i nobili, preferiva i vini bianchi , ma a lui piacevano questi vini “rogel”, “franc” e “savoros”, rossi, franchi e saporiti.
E nei suoi versi viene ben rispecchiato il timore degli esili vini del nord, fino ad allora dominanti nella capitale, dell’ascesa dei vini più potenti e corposi che venivano da Bordiaus (Bordeaux) o Saint Melion (Saint-Émilion), ma anche dalle vigne di Béziers, Montpellier e Narbonne.

Dopo altri assaggi e canti mi accorsi che stava per andarsene, ma riuscii a convincerlo a fare un pezzo di strada con me. Gli chiesi innanzitutto se l’eccezionale degustazione avesse davvero avuto luogo e chi fosse il “bon roi” di cui parlava. Con qualcosa di mezzo tra il riso e lo sghignazzo, ammise di aver naturalmente lavorato un po’ di fantasia, ma, facendosi più serio, disse che il re Filippo II aveva fatto qualcosa di molto simile quando una decina di anni prima, in occasione della visita a Parigi di Giovanni Senza Terra (allora suo vassallo in Inghilterra) aveva fatto servire i tesori della sua vasta cantina, situata nei sotterranei del Louvre.
Ricordai a questo proposito che di questa eccezionale degustazione parlava anche il cronachista contemporaneo Rigord, descrivendo gli anni del regno di Filippo. La sua accoglienza del vassallo ribelle, aggiunse sogghignando Henri, fu assai meno buona a Bouvines, quando il re, vendicando d’un sol colpo le batoste prese dai suoi precedessori contro i due Enrico (I e II) d’Inghilterra, sbaragliò le truppe inglesi unite a quelle dell’imperatore Ottone IV e degli altri nobili loro alleati, i conti di Fiandra e della Champagne e il duca di Brabante.
Filippo, mi spiegò, era un re guerriero: tornato vittorioso dalla Terza Crociata (primo ad arrivare ad Acri) condusse vittoriosamente un’altra lunga e sanguinosa crociata, quella contro gli albigesi, per poi sconfiggere la coalizione anglo-germanica che sembrava invincibile.
Peccato-aggiunse- che nella guerra agli eretici del sud buona parte di quelle vigne rigogliose andò distrutta. Difatti, pensai, bisognò poi attendere quasi un secolo perché Filippo il Bello tornasse ad assicurarsi i vini di Gaillac, Fronton e delle altre terre del Languedoc e del Roussillon per riempire le proprie cantine.
Torniamo ad oggi. La Bataille fu un puro divertimento o il desiderio di un cortigiano di celebrare la gloria di un re valoroso e a quanto sembra appena deceduto?
Roger Dion, autore di una nota “Histoire de la vigne et des vins en France des origines au XIX siècle”, sostiene che la Bataille era uno scritto polemico-pubblicitario in favore di un re di Francia che dal suo vino guadagnava molto denaro dal mercato locale, nazionale o anche internazionale.
L’ipotesi di Dion di una celebrazione del vino francese (perfettamente plausibile nella cultura di Oltralpe), se è confermata dalla presenza nella tenzone di vini di altri stati, come Germania, Spagna, Italia, urta con l’esito della bataille, che vede un vino di Cipro vincitore e uno friulano come suo vice.
L’eterna lotta tra Nord e Sud? Certo allora i ruoli erano rovesciati ed i vini del nord erano ben più numerosi e considerati dei superstiti attuali, anche per la loro posizione geografica più centrale e la loro vicinanza ai maggiori luoghi di consumo (non si dimentichi che il vino non amava i viaggi lunghi), mentre quelli del sud erano ostacolati, oltre che dalle imposte e da una posizione più periferica, dalla guerra contro gli eretici del Pays Cathare.
Mah! Certo una bella storia, rimasta unica in un’epoca lontana, ma vicina al nostro immaginario.
Non a caso è uno degli episodi scelti per “Vinifera”, la curiosa e monumentale storia del vino nel mondo a fumetti, che l’editore Glénat ha affidato al talento del noto soggettista Corbeyran e ai suoi collaboratori disegnatori.
In Francia le Bandes Dessinées sul vino sono prese molto sul serio (non a caso il volume è corredato da un dotto commento di un autorevole redattore della RVF, Patrick Baudouin) ed alcune delle sue saghe, Come “Château Bordeaux” dello stesso Corbeyran, hanno venduto milioni di copie.
Vale la pena leggerle? E quali? Ne parleremo la prossima volta e senza andare tanto indietro nel tempo.