La cucina contadina della mamma e borghese della nonna: grandi ricordi e sapori persi3 min read

Mia mamma faceva una cucina contadina. Essendo la sorella più piccola di sei fratelli nel podere del Calvello, mezzadri della Fattoria degli  Acquisti, conobbe e imparò tutti i mangiari tipici dei contadini, sia dalla mamma sia dalle sorelle maggiori.

Si trattava di una cucina semplice ma assai gustosa e robusta per dare vigore ai lavoratori della famiglia. Erano avanti nella scelta delle materie prime: attingevano al reale chilometro zero con una settantina di anni di anticipo. La carne dal macellaio non la compravano quasi mai e anche nel sugo della domenica raramente c’era del macinato: i veri componenti  erano le interiora di galline, faraone, paperi e conigli.

Gli animali da cortile rappresentavano la principale fonte di carne assieme a l’agnello per Pasqua dal pastore e d’inverno l’uccisione di uno o più maiali. Per la verdura c’era l’orto di famiglia e altre erbe spontanee che creavano un mix; il mio preferito era i fantastici ceciarelli (o valeriana) e la barba di cappuccino (volete sapere cosa sia la barba di cappuccino? Non posso aiutarvi. n.d.r).

Facendo il pane in casa una volta alla settimana veniva facile creare ogni tanto qualche piccolo dolce come il ciambellone, i biscotti o il salame con la cioccolata. Ero ammesso come aiutante alle preparazioni e all’assaggio dei vari impasti crudi. Ma la ricetta di mia mamma più riuscita e riconosciuta come la migliore del paese era quella dei crogetti (o cenci) con l’Alchermes. Feci in tempo a scrivere fin nei minimi particolari ingredienti e tutta la procedura, compresa la cottura in olio di arachidi in una pesante padella di alluminio a fondo spesso che mi ha lasciato in eredità.

Mia nonna Stella faceva invece una cucina assai diversa. Lei proveniva da Pisa dove con le cugine Giulia e Beppina davano in affitto delle camere di casa per alcuni studenti universitari e anche per un insegnante. Il giovane professore si chiamava Battista, che le tre cugine si coccolavano come fosse un figlio: per lui addirittura cucinavano.

Era una cucina di alta borghesia di inizio secolo scorso. Rimasi sbalordito quando la prima volta nonna Stella mi portò dalle “sue bimbe” (tutte abbastanza anziane) e a fine pranzo, in una tavola apparecchiata con tovaglia ricamata e preziosi pizzi, vidi la Beppina, la cugina più giovane,  presentarsi con una spazzola ed una paletta in argento per togliere le briciole di pane che erano rimaste sulla tovaglia. Cucinava divinamente nonna Stella, con delle astuzie evidentemene trasmesse da un’ottima scuola antica. Adoperava ingredienti semplici e tali erano le sue preparazioni, ma risultavano essere di una bontà superlativa.

Ricordo in particolare della patate bollite, poi schiacciate e ripassate in una padella di ferro con un po’ di concentrato di pomodoro. Metteva dei rametti di rosmarino e cuoceva fino a farne una specie di torta che si serviva a spicchi. Oppure la cottura delle bracioline di groppa cotte a fuoco lento in una padellina di alluminio. Metteva la carne a freddo e teneva il padellino un po’ sul fuoco per poi toglierlo per un poco e poi di nuovo sul fuoco, così che gli umori che uscivano dalla carne si mescolavano all’olio per divenire un gustoso sughetto di accompagnamento. Ho provato mille volte e rifarla, ma non ci sono mai arrivato nemmeno vicino.

A quei tempi si friggeva in casa molto più di oggi. Si friggeva con l’olio di oliva, ma in certi periodi anche con lo strutto di maiale. Chi non ha mai assaggiato le patate fritte con lo strutto si è perso una delle cose più buone che si possa mai mangiare.

Il fritto ci accompagnava anche nelle gite al mare. Io scoprii il mare a Follonica a metà degli anni ’50 accompagnato dalle fritture casalinghe. Ma questa è un’altra storia e ve la racconterò un’altra volta.

 

Roberto Tonini

Nato nella Maremma più profonda, diciamo pure in mezzo al padule ancora da bonificare, in una comunità ricca di personaggi, animali, erbe, fiori e frutti, vivendo come un piccolo animale, ho avuto però la fortuna di sviluppare più di altri olfatto e gusto. La curiosità che fortunatamente non mi ha mai abbandonato ha fatto il resto. Scoperti olio e vino in tenera età sono diventati i miei migliori compagni della vita. Anche il lavoro mi ha fatto incrociare quello che si può mangiare e bere. Scopro che mi piace raccontare le mie cose, così come a mio nonno. Carlo mi ha invitato a scrivere qualche ricordo che avesse a che fare con il mangiare ed il bere. Così sono entrato in questa fantastica brigata di persone che lo fanno con mestiere, infinita passione e ottimi risultati. 


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