La Calabria ed i Librandi. Qui andrebbe fatto il ponte3 min read

Avete presente la Malabria, quella bruttissima regione nell’Italia del nord dove però le autostrade sono perfettamente tenute,  il reddito medio pro-capite è il più alto del paese e dove i servizi sociali, le scuole, gli ospedali sono all’avanguardia? Bene: se l’avete presente siete da internare perchè non esiste.

Esiste invece la Calabria: è bellissima e  si trova al Sud. Qui però tutte le cose suddette molto spesso non funzionano a dovere ed anche i produttori di vino, per poter capire qualcosa della storia enologica regionale devono mettersi le mani in tasca ed investire il proprio denaro. Questo sta facendo da anni la famiglia Librandi, vera e propria mosca bianca in quanto ad organizzazione, lungimiranza, chiarezza di obiettivi e, last but not least, qualità dei vini prodotti. Alcuni giorni fa sono stato loro ospite a Cirò Marina,  in occasione di un convegno che doveva servire per fare il punto sulle molte sperimentazioni che quest’azienda sta portando avanti e che riguardano soprattutto i vitigni calabresi, Gaglioppo e Magliocco in testa.

Il convegno è stato un successo e quasi tutti gli interventi tecnici sono stati interessanti e per niente scontati. Non posso dire la stessa cosa per i comizietti dei politici intervenuti (Sottosegretari, Assessori Regionali…) venati di stanchezza, noia, pressapochismo e farciti da dosi massicce di politichese.

Ma il convegno era per me una scusa per poter guardare da vicino una cantina che, come ha detto il Sindaco di Cirò Marina, occupa quasi 140 persone. Dico 140!!!! In una zona dove il lavoro è spesso una chimera i Librandi svolgono una funzione unica ed insostituibile!!! Per questo non riesco a capire le continue divisioni tra produttori (che avevo già toccato con mano in un mio precedente viaggio) le gelosie, le ripicche, che portano all’assurda creazione di due consorzi di tutela per una denominazione piccola come Cirò. Ma i consorzi potrebbero essere anche 10 tanto non funzionano, anzi l’unico loro scopo è quello di non far funzionare l’altro. Cose indubbiamente tristi ma vere. Mentre pensavo a questo passeggiavo per le vigne ben tenute dei Librandi e mi domandavo dove potrebbe arrivare questa zona se il Gaglioppo venisse coltivato bene anche fuori dai loro domini. Ha ragione Nicodemo Librandi a dire che non si conoscono ancora le reali potenzialità dei vitigni calabresi. La mia paura è che non arriveremo mai a conoscerle, bloccandosi sui mille intoppi ( non ultimi li stanziamenti per la ricerca, che devono essere devoluti a pioggia e non mirati…..) che si chiamano gestione del potere, invidie, rancori e quant’altro.

Mi accorgo che non ho parlato dei vini di Librandi: non posso che dirne bene, specie dei prodotti più semplici e bevibili, che riescono veramente a farti stare bene a dei prezzi contenuti. Per quanto riguarda i vini importanti, Magno Megonio in primis, il mio consiglio è quello di internazionalizzarlo il meno possibile, di renderlo meno piacione di quanto non sia adesso.

Ma sia che si parli del Cirò base che del vino di punta non esiste vino di Librandi che non sia più che piacevole, ben fatto e ben pensato. Questo, purtroppo per la Calabria, scava un solco profondissimo tra la situazione della viticoltura regionale e quella di casa Librandi. Invece di mettersi a spendere cifre inusitate per un ponte faraonico sullo stretto di Messina, i politici locali dovrebbero stanziare cifre molto più esigue ancorchè più utili per costruire un ponte immaginario tra la viticoltura come la intendono i Librandi ed il resto dei produttori calabresi (facendo salvi 3-4 nomi, non di più). Questo “ponte” credo che possa essere il solo modo per traghettare il mondo del vino calabrese nel XXI° secolo.

Carlo Macchi

Sono entrato nel campo (appena seminato) dell’enogastronomia nell’anno di grazia 1987. Ho collaborato con le più importanti guide e riviste italiane del settore e, visto che non c’è limite al peggio, anche con qualcuna estera. Faccio parte di quel gruppo di italiani che non si sente realizzato se non ha scritto qualche libro o non ha creato una nuova guida sui vini. Purtroppo sono andato oltre, essendo stato tra i creatori di una trasmissione televisiva sul vino e sul cibo divenuta sicuramente la causa del fallimento di una nota rete nazionale. Riconosco di capire molto poco di vino, per questo ho partecipato a corsi e master ai quattro angoli del mondo tra cui quello per Master of Wine, naturalmente senza riuscire a superarlo. Winesurf è, da più di dieci anni, l’ultima spiaggia: dopo c’è solo Master Chef.


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