InvecchiatIGP: Falanghina dei Campi Flegrei DOC 2014, Contrada Salandra3 min read

In questa rubrica non parleremo dei problemi geriatrici di qualcuno di noi (anche se sarebbe utile). Il nostro intento è quello di andare a scovare e raccontare i vini italiani “non giovanissimi”. Abbiamo pensato a questa dizione perché non parleremo quasi mai di quelli che vengono definiti “vini da grande invecchiamento” ma cercheremo sorprese, chicche, specie tra vini che nessuno si aspetterebbe.

Giuseppe Fortunato è tranquillo come un fiore ben piantato nel suo terreno e operoso come un’ape. Non produce fiori ma vini che ti fanno rifiorire e li produce grazie anche alle api che “lavorano assieme a lui”.

Naturalmente non le ha messe a libro paga ma in arnie ben tenute e le api ricambiano svolazzando e aiutando la microdiversità dei suoi vigneti.

Giuseppe ha le vigne su un terreno ballerino, quello dei Campi Flegrei, dove coltiva piedirosso e falanghina. Sono vigne su piede franco perché il terreno è composto da sabbia e cenere vulcanica e qui la fillossera non campa.

Nella piccola cantina ha solo acciaio, dove fermenta e tiene i suoi vini prima di lunghi affinamenti in bottiglia, tanto che esce sempre almeno un anno dopo tutti gli altri.

Durante l’ultima visita da lui ha stappato una Falanghina dei Campi Flegrei 2014 per capire quanto un’annata non certo facile viene interpretata da quello che potrei definire “apiviticoltore”.

Intanto sgombriamo il campo dalla sterile diatriba sulla 2014: per quasi l’85-90% della produzione si è trattato di un’annata tragica, per il resto il clima fresco e le giuste attenzioni in vigna, hanno spesso prodotto delle piccole opere d’arte. Adesso quel 85-90% non esiste più, ormai bevuto e digerito da tempo, ma è rimasta una parte di quel 10-15% che fa gridare al miracolo e porta a ribaltare i toni sull’annata da chi non riesce a capire le percentuali suddette.


La Falanghina di Giuseppe fa parte del 10-15% e lo dimostra con un colore dorato giovane e brillante e soprattutto con un naso floreale, fruttato, minerale, profondo e intenso che  veramente riesce a “miracol mostrare” in bocca la freschezza è netta ma è ormai ingentilita dal corpo equilibrato, portando ad una chiusura sapida e molto lunga.

Un consiglio finale: anche senza arrivare agli 11 anni di questa falanghina qualsiasi bianco, anche di livello inferiore a questo di Giuseppe,  bevetelo almeno dopo 3-4 anni dalla vendemmia: farete un favore al vino e a voi stessi.

Carlo Macchi

Sono entrato nel campo (appena seminato) dell’enogastronomia nell’anno di grazia 1987. Ho collaborato con le più importanti guide e riviste italiane del settore e, visto che non c’è limite al peggio, anche con qualcuna estera. Faccio parte di quel gruppo di italiani che non si sente realizzato se non ha scritto qualche libro o non ha creato una nuova guida sui vini. Purtroppo sono andato oltre, essendo stato tra i creatori di una trasmissione televisiva sul vino e sul cibo divenuta sicuramente la causa del fallimento di una nota rete nazionale. Riconosco di capire molto poco di vino, per questo ho partecipato a corsi e master ai quattro angoli del mondo tra cui quello per Master of Wine, naturalmente senza riuscire a superarlo. Winesurf è, da più di dieci anni, l’ultima spiaggia: dopo c’è solo Master Chef.


LEGGI ANCHE