Torno da un viaggio di una settimana in Siria, invitato dal Ministero del Turismo Siriano. Tutti i dicevano “Ma dove vai. C’e’ la guerra!” oppure”E’ un paese pericoloso. Ti rapiscono!” e concludevano “E poi tu sei esperto di vino e li sono arabi osservanti”.
Sono felice di poter ribattere a queste tre affermazioni.
In Siria non c’è la guerra, se si eccettua quella che sembra esplodere alle feste di matrimonio (frequentissime) a base di lancio di mortaretti, grida belluine, balli e canti a perdifiato. Per il resto è un paese tranquillo, dove si avverte a malapena la mano del regime militar-familiare. Se non fosse per le continue ed assilanti immagini di Assad padre e figlio che trovi ad ogni angolo di strada, in ogni casa, sulle auto, nei negozi e perfino nei bagni, non ti ricorderesti nemmeno di essere in un paese definito “Canaglia”.
In effetti sono stato rapito…..dalla bellezza di Palmyra, del Crac des Chevalier, del Monastero di San Simeone, dalla affabile gentilezza dei siriani che ancora non hanno l’appiccicoso modo di fare tipico di molti altri paesi, arabi e non.
Non lo vogliono dire ma lo stato, con due grosse aziende, è il maggior produttore di vino in Siria.
Ci sono poi diversi privati che producono la bevanda tanto invisa a buona parte dell’Islam. Io ne ho conosciuto uno che lo fa da 125 anni. Da lui ho assaggiato un buon bianco prodotto in un altipiano a nord di Aleppo, ad un’altezza di 1150 metri! Tanto per darvi un’idea la vicina Valle della beeka, in Libano, arriva a circa 1000 metri…..
Dopo aver ribatutto alle tre incaute osservazioni vi lascio, dandovi appuntamento ad approfondimenti sul vino, sulla gastronomia e sulla civiltà siriana.