Il Fiano 2013 di Ciro Picariello3 min read

L’euro è sicuramente responsabile del crollo della rendita rurale. Mentre il valore reale della spesa nei bar e nei ristoranti è raddoppiato, in vigna si è dimezzato ed è per questo che tanti piccoli conferitori che usavano coltivare la terra come reddito integrativo hanno pensato di mettersi in proprio.


Il modello irpino non sfugge a questa regola ed è bello passare dalle analisi generali a quelle concrete, alle storie delle persone.

Ciro Picariello avviò la prima vinificazione in proprio nel 2004, in piena crisi dovuta al blocca del mercato americano che ha paralizzato per la prima metà dello scorso decennio il vino italiano.


La sua è però una storia di successo mentre quella di molti altri conferitori no. Come mai?

La prima risposta che mi viene, bevendo questa eccezionale 2013, annata veramente benedetta per il Fiano di Avellino, è Ciro non ha pensato di scimmiottare le aziende leader proponendo tutte le tipologie di vino secondo il protocollo classico Falanghina (acquistata a Benevento), Greco, Fiano, Aglianico, Taurasi e magari pure spumante.

Chi ha scelto questa strada, cioé la non specializzazione, ha dovuto giocare nel campionato del ribasso dei prezzi a prescindere dalla qualità e spesso si è ritrovato la cantina piena dopo i primi omaggi e i primi ordini.

 

Ciro Picariello, nonostante avesse anche aglianico nella vigna del padre, ha impostato l’azienda solo sul Fiano.

 

Il secondo motivo è stato imitare i suoi vicini Marsella e Antoine Gaita, ossia aspettare un anno prima di commercializzare. Un piccolo grande segreto che è stata la chiave di volta perché questa impostazione, solo apparentemente più difficile, è stata la chiave di volta che ha posizionato il suo Fiano fuori dalle decine di proposte concorrenti.

 

Il resto, che poi è la premessa, lo ha fatto l’incredibile qualità di questo vino, giocata essenzialmente sull’acidità e la mineralità e che gode del passare del tempo come ha dimostrato la prima recente verticale aziendale organizzata ad Avellino.

 

Ecco perché ogni millesimo ha una sua storia, il Fiano di Ciro e Rita Picariello conserva un sapore artigianale che altre etichette, magari delle stesse dimensioni, non riescono ad avere.

 

C’è poi un altro elemento: si tratta di uno dei primi vini di successo che si sono affermati prima con il passa parola sui blog specializzati che sulle guide cartacee. E’ dunque stato adottato con piacere da un pubblico sempre più vasto di appassionati stanco di aspettare i responsi di fine anno per decidere il proprio acquisto. Non è da sottovalutarte, infatti, il fenomeno di molto enotecari e ristoranti che per fare i fighi hanni iniziato a snobbare le guide specializzate.

 

Sia come sia, il Fiano di Ciro resta uno spettacolo, capace di comunicare la qualità anchea chi non è esperto perché si tratta di un bianco che piace, efficace nell’abbinamento.

 

La 2013 è un po’ tutto questo: un millesimo perfetto in cui tutte le componenti sono al posto giusto, ricca di acidità, nota leggermente fumé, agrumato. Un sorso lungo insieme dolce e amaro, equilibrato e veloce, tagliente. Imperdibile.

 

 

 

Ciro Picariello è a Summonte in località Acqua della Festa, Via Marroni.

www.ciropicariello.com

info@ciropicariello.com

 

 

 

 

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Carlo Macchi

Sono entrato nel campo (appena seminato) dell’enogastronomia nell’anno di grazia 1987. Ho collaborato con le più importanti guide e riviste italiane del settore e, visto che non c’è limite al peggio, anche con qualcuna estera. Faccio parte di quel gruppo di italiani che non si sente realizzato se non ha scritto qualche libro o non ha creato una nuova guida sui vini. Purtroppo sono andato oltre, essendo stato tra i creatori di una trasmissione televisiva sul vino e sul cibo divenuta sicuramente la causa del fallimento di una nota rete nazionale. Riconosco di capire molto poco di vino, per questo ho partecipato a corsi e master ai quattro angoli del mondo tra cui quello per Master of Wine, naturalmente senza riuscire a superarlo. Winesurf è, da più di dieci anni, l’ultima spiaggia: dopo c’è solo Master Chef.


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