Degustare accanto a meravigliosi affreschi di Benozzo Gozzoli e del Perugino è sicuramente un’esperienza particolare. Questo può accadere solo a Montefalco, perché la nuova sala di degustazione del consorzio, inaugurata da noi di Winesurf, è all’interno del Complesso Museale di San Francesco. Naturalmente siamo in stanze attigue, quindi niente rischi di “macchiare” quei capolavori, ma solo la consapevolezza che da quelle parti la bellezza si esprime in varie forme e quella enoica è sicuramente l’ultima, almeno in ordine di tempo.

Montefalco Rosso, Montefalco Rosso Riserva e Montefalco Sagrantino i vini degustati: partiamo dai Montefalco Rosso che anno dopo anno stanno facendo notevoli passi avanti sia in pulizia che in complessità. Se per assurdo non esistesse il Montefalco Sagrantino siamo convinti che il Montefalco Rosso sarebbe un vino molto più famoso: una specie di Chianti Classico dell’Umbria, vino rosso a base sangiovese di buon corpo, da poter bere giovane o da invecchiare per un discreto numero di anni.
Ma il Montefalco Sagrantino esiste e quindi molti vedono il Montefalco Rosso come un vino di serie B: ma il mercato ha capito perfettamente che il vino più importante e proprio il Montefalco Rosso, non solo perché ha un’ottima qualità media ma anche perché viene proposto a prezzi veramente interessanti. Non per niente una “denominazione di Serie B” non presenterebbe la stragrande maggioranza di vini puliti, con un ottimo uso del legno, un corpo importante ma anche, nei campioni più giovani, bei profumi di frutta al naso. Insomma I Montefalco Rosso ormai devono essere considerati alla pari delle migliori denominazioni in rosso italiane.

I nostri assaggi lo hanno dimostrato e se c’è un problema in questo vino è la grande diversità di annate che troviamo in commercio: un vino di questo livello dovrebbe avere sempre un’annata di riferimento in commercio e non svariare su 3-4 vendemmie, come una denominazione di “ricaduta” o, appunto, di Serie B.
Qualche piccolo problema in più c’è per il Montefalco Rosso Riserva, ma solo perché sopra di lui aleggia il “Convitato di Pietra” Sagrantino. Infatti non si riesce a capire il bisogno di un Montefalco Rosso più strutturato quando invece si potrebbe magari lavorare sulle differenze territoriali (chiamiamole pure UGA), che porterebbero molta più fama al nome del vino che non un surplus di potenza di cui si sente ben poco bisogno. Detto questo la qualità media è buona anche tra i Riserva, ma è proprio l’idea del vino che per noi dovrebbe essere rivista.

E’ giusta invece la strada che sta seguendo il MOntefalco Sagrantino che, anno dopo anno, cerca di diventare sempre più snello e bevibile. Oltre certi livelli però non si può proprio andare se non rischiando di proporre vini “finti magri” ma molto tannici; delle specie di ballerine di danza classica che pesano attorno ai 100 chili.
Il Montefalco Sagrantino non può vergognarsi delle sue caratteristiche roboanti. Nei nostri assaggi abbiamo trovato insperate rotondità, maggior equilibrio e un uso molto più moderato del legno. Però è comunque un vino con caratteristiche tanniche importanti e queste devono essere accompagnate da corpo, profondità aromatica e un invecchiamento adeguato. E’ chiaro che si stia sempre più andando in questa direzione, del resto ben quattro Vini Top e praticamente tutti i vini degustati sopra ai “fatidici” 80 punti, stanno a dimostrare la bontà della strada percorsa negli ultimi 10-15 anni.