Grandi Langhe: buona la seconda?2 min read

Sarà che possiedo una mente semplice, ma dopo la seconda edizione di Grandi Langhe mi trovo in una condizione di confusione così confusa che per metterci ordine mi servirebbe un po’ di caos.

 

 Dopo il debutto (vedi report qui) abbastanza soddisfacente nei numeri vuoi per l’effetto novità della manifestazione, ma anche per la scelta felice del periodo, la seconda prova di Grandi Langhe mi ha lasciato perplesso e dubbioso.

 

Ma vediamo di spiegarci meglio: in primo luogo la data scelta, 18-19-20 Marzo, subito attaccato al Prowein di Dusseldorf (dal 15 al 17 marzo) e immediatamente prima del Vinitaly (dal 22 al 25 Marzo) mi sembra una emerita “…distrazione”.

 

Pare evidente che un produttore desideroso di promuoversi a tutto campo, (e chi non lo è con i tempi che corrono?) sia costretto a massacrarsi di lavoro oppure affidare al parentado il presidio.

 

In secondo luogo per chi è Grandi Langhe? Non è una manifestazione per il pubblico, (per quello c’è Vinum ad Alba dal 25 aprile al 3 maggio) e nemmeno per la stampa specializzata per la quale è prevista l’anteprima delle annate durante Nebbiolo Prima, che si tiene generalmente nella seconda settimana di maggio o giù di lì.

 

E’ dunque, per esclusione, dedicata ai buyer e professionisti del settore i quali però non paiono essere accorsi così numerosi, almeno a giudicare dai dati ufficiali relativi alla prima edizione, (quelli della seconda al momento non sono ancora disponibili) rilasciati dai consorzi organizzatori: 238 visitatori, (230 espositori) dei quali il 43% importatori e distributori e 22% enotecari vari.

 

Inutile negare che il problema della concomitanza esista, e non sottovaluterei nemmeno il fatto che quando si mette troppa carne al fuoco, o si brucia o te la mangi cruda, senza contare che può essere dispendioso e controproducente.

 

A parte queste considerazioni “marginali”, va detto che dal punto di vista organizzativo c’è stato un netto miglioramento: le navette di collegamento tra i vari punti di degustazione erano più frequenti e si potevano prendere anche dagli ampi parcheggi predisposti nelle periferie.  Inoltre il catering  era di livello notevolmente superiore e le condizioni di assaggio (locali e temperature ambiente) migliori.

 

Accanto a questi importanti punti positivi resta però lo scoglio delle annate e per un giornalista è impossibile farsene un’idea. Molti presentavano già i Barolo 2011 e Barbaresco 2012 (quindi Nebbiolo Prima sarebbe meglio chiamarla Nebbiolo Seconda d’ora in avanti), altri avevano Barolo 2009 e 2010 e  Barbaresco 2010 e 2011. Insomma un pout pourri di annate che forse rendono felice il ristoratore, ma mandano in tilt quel sempliciotto del giornalista.

Alla fine io un’idea ce l’avrei: Grandi Langhe riservata a buyer e ristoratori e Nebbiolo Prima allargata a più giornalisti….fate voi..

 

 

 

 

Giovanni Solaroli

Ho iniziato ad interessarmi di vino 4 eoni fa, più per spirito di ribellione che per autentico interesse. A quei tempi, come in tutte le famiglie proletarie, anche nella nostra tavola non mancava mai il bottiglione di vino. Con il medesimo contenuto, poi ci si condiva anche l’onnipresente insalata. Ho dunque vissuto la stagione dello “spunto acetico” che in casa si spacciava per robustezza di carattere. Un ventennio fa decisi di dotarmi di una base più solida su cui appoggiare le future conoscenze, e iniziai il percorso AIS alla cui ultima tappa, quella di relatore, sono arrivato recentemente. Qualche annetto addietro ho incontrato il gruppo di Winesurf, oggi amici irrinunciabili. Ma ho anche dei “tituli”: giornalista, componente delle commissioni per la doc e docg, referente per la Guida VITAE, molto utili per i biglietti da visita. Beh, più o meno ho detto tutto e se ho dimenticato qualcosa è certamente l’effetto del vino.


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