Giove sarà veramente di-vino?5 min read

Giove è il quinto pianeta del nostro sistema solare, ma anche il signore indiscusso del Pantheon greco ed è pure un piccolo comune della provincia di Terni ma, da oggi, dobbiamo estendere la nostra immaginazione e associarlo anche a un vino. È nato infatti Giove, Sangiovese di Romagna DOC, denominazione in uso fino al prossimo cambio di disciplinare (di cui tratteremo presto) dopodiché si trasformerà in Giove Romagna Sangiovese doc, anteponendo il nome del territorio a quello del vitigno.

Nelle intenzioni del Consorzio Appennino Romagnolo (nato a dicembre 2010) che l’ha pensato e realizzato, c’è la volontà di fare un vino di alta qualità, facile da bere e dal costo contenuto. Vito Ballarati, presidente e anima del consorzio, tiene molto a precisare che si tratta di un progetto per certi versi rivoluzionario, che prende il via da alcune considerazioni che gli aderenti al consorzio, circa 35 aziende, hanno condiviso.

In sintesi la base del ragionamento prende il via dal fatto che il Sangiovese di Romagna non si vende. All’estero non se lo filano e in Italia, fatta eccezione per la Romagna, le bottiglie consumate sono veramente pochine.

Secondo Ballarati i motivi per i quali non si vende sono molti, ad iniziare dalle troppe etichette per non parlare della forbice dei prezzi e della qualità che è troppo ampia. Questo creerebbe confusione e disorientamento nei potenziali consumatori con il risultato di renderne ardua la commercializzazione. Insomma, troppe bottiglie di Sangiovese di Romagna in giro, clienti difficili da accontentare, produzioni di qualità, come i Riserva, troppo frammentate tra i numerosi piccoli produttori i quali, da soli, non paiono in grado di promuoversi efficacemente sui mercati. 

Ecco quindi l’uovo di Colombo: realizzare un vino che con un blend ottenuto dai migliori sangiovese superiori di collina(escludendo tassativamente le pianure) delle 35 aziende riunite nel consorzio ‘Appennino Romagnolo. Il vino sarà proposto all’estero in veste unica tramite una rete di vendita specifica e venduto in Italia tramite negozi propri, con l’intento di accorciare filiera e prezzi. Se sarà adatto a scalare i mercati internazionali è presto per dirlo: per ora sono pronte in via sperimentale 30.000 bottiglie annata 2009 e si prevede di raggiungere quota 1 milione con la vendemmia 2012. Gli associati al neonato Consorzio pensano che riunire sotto un unico marchio, quello del ‘Giove’, il meglio del sangiovese romagnolo, possa portare a valorizzare e non invece ad annullare le migliori caratteristiche dei terroir più vocati della Romagna.

Personalmente ritengo che il rischio di perdere le singole identità territoriali sia molto alto e non sono dell’avviso che proporsi con un prodotto dal gusto più omogeneo, anche se ad elevato indice di riconoscibilità, sia di per sé una carta vincente. Sicuramente evitare la polverizzazione dell’offerta e ridurre verso l’alto la forbice della qualità (processo che si è già avviato da tempo) non potrà che fare bene. Ma il rischio di traghettare un’idea di vino troppo facile e banale, privo di forti elementi distintivi, non è poi così astratto.

Ciò detto và però rimarcato che si tratta di un vino per lo più destinato all’esportazione, che non sostituisce quindi i vini delle singole cantine consorziate. Queste infatti continuano a produrre ognuna le proprie etichette per il mercato tradizionale, ma parallelamente conferiscono una parte del loro prodotto migliore per il ‘Giove’, un ‘super sangiovese’ targato export.
La “catena di comando” del progetto per dirla con il linguaggio “NATO” prevede che il potere sia in mano a cinque enologi, ognuno in rappresentanza di ciascun territorio (Rimini, Forlì, Cesena, Imola e Faenza), coordinati da Vittorio Fiore, indiscusso protagonista del successo planetario dell’enologia toscana.

Semplice, ma ferreo, il meccanismo di selezione del prodotto. A inizio anno a ogni cantina consorziata viene chiesto di indicare vigna, ettolitri e tipologia di vino che intende conferire al progetto ‘Giove’. Gli enologi valutano i campioni e giudicano se i vini proposti sono all’altezza del progetto. Ricevuto il via libera i campioni conferiti  vengono dosati per stabilire le percentuale da utilizzare.

In altre parole viene realizzato il blend che darà vita al ‘Giove’ definitivo. Il ‘Giove superiore’, attualmente in commercio è stato realizzato sperimentalmente dai vini della vendemmia 2009 delle prime dodici aziende consorziate. L’obiettivo di raggiungere il milione di bottiglie, è un po’ una sfida in piena regola per i ‘numeri’ dei vini romagnoli di qualità. Contemporaneamente seguendo i tempi del disciplinare, al ‘Giove Superiore’ si affiancherà il ‘Giove Riserva’, mentre è già allo studio un ‘Giove Bianco’ realizzato sempre da vitigno autoctono. 

E il prezzo? Giove costicchia 4,20 + IVA franco cantina. E il vino? Sinceramente l’ho trovato sufficientemente buono, con un profilo olfattivo ben definito e di una certa tipicità, almeno per noi romagnoli.

Possiede un bel tratto floreale e quel tipico sentore che sta tra la ciliegia e la prugna rossa. Gradazione moderata, 13°,ed una bocca levigata ma non priva di incisività. Certo non ha persistenza da gran prix, ma la bevibilità dichiarata nelle intenzioni dei produttori, c’è tutta. Sul prezzo, stante la situazione attuale che vede molte aziende proporre pacchetti del tipo 3+1, 4+2, o 6+10, la vedo un po’ in salita. Ma se è Giove, il signore del Pantheon, non avrà difficoltà. Noi ce lo auguriamo, per il suo bene, il nostro e, perché no, dell’Italia unita intera.

 

 

Giovanni Solaroli

Ho iniziato ad interessarmi di vino 4 eoni fa, più per spirito di ribellione che per autentico interesse. A quei tempi, come in tutte le famiglie proletarie, anche nella nostra tavola non mancava mai il bottiglione di vino. Con il medesimo contenuto, poi ci si condiva anche l’onnipresente insalata. Ho dunque vissuto la stagione dello “spunto acetico” che in casa si spacciava per robustezza di carattere. Un ventennio fa decisi di dotarmi di una base più solida su cui appoggiare le future conoscenze, e iniziai il percorso AIS alla cui ultima tappa, quella di relatore, sono arrivato recentemente. Qualche annetto addietro ho incontrato il gruppo di Winesurf, oggi amici irrinunciabili. Ma ho anche dei “tituli”: giornalista, componente delle commissioni per la doc e docg, referente per la Guida VITAE, molto utili per i biglietti da visita. Beh, più o meno ho detto tutto e se ho dimenticato qualcosa è certamente l’effetto del vino.


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