Giovanni Minetti: un ex presidente di lusso a briglia sciolta9 min read

Giovanni Minetti, Direttore Generale di Fontanafredda è stato per sei anni (due “legislature” di tre anni) Presidente del Consorzio di Tutela Barolo Barbaresco Alba Langhe e Roero. Gli è succeduto da pochissimo tempo Claudio Rosso della cantina Gigi Rosso. Abbiamo però voluto intervistare lui perchè molti dei temi trattati riguardano più il passato del futuro……con l’eccezione delle domande su Fontanafredda!

 

W. Cosa cambia da Presidente a Vicepresidente
M. Cambia Tutto, in realtà il vice non ha grandi compiti!

 

W. Non sei quindi “ad un battito di cuore dal Presidente” come si dice negli Stati Uniti.
M. No, basta. Io ho già dato!

 
W. Durante l’ultima Nebbiolo Grapes dicesti una cosa che mi sorprese: “Per la prima volta organizziamo una manifestazione senza avere completa copertura finanziaria”. Ma la grande ospitalità di Langa, che è sempre andata a braccetto col vostro vino..che fine a fatto?
M. Purtroppo quello che dici è vero. Per Nebbiolo Grapes bussammo a tante porte ma pochi ci aprirono. Ci buttammo comunque nell’impresa dicendoci che i soldi li avremmo trovati dopo. Ma così non è stato ed ora stiamo piano piano coprendo quel buco. Io credo che per certe iniziative come NG i produttori non possono coprire tutti i costi: ci vuole un sostegno pubblico da Istituzione e Banche. In quel caso la Regione fece il suo, la Camera di Commercio no e le banche, qualcuna si e altre no.

 

W.Mi sembrava di aver capito che anche diversi comuni si erano defilati…
M. Purtroppo è vero:Anche dei comuni si defilarono.

 

W. Succede da tante parti…
M. Qui però abbiamo un certo numero di soggetti che arrogano a se stessi il diritto di fare la promozione del vino. Soprattutto siamo in aperto contrasto con la Camera di Commercio che fa una sua politica privata, personale del Presidente…ma oramai per me è acqua passata. Ho cercato di risolvere il problema ma non ce l’ho fatta. Niente di drammatico comunque…..ma il Consorzio è stato lasciato da solo per fare certe cose che “da solo “ non poteva fare.

 

W.Parliamo d’altro. Interpellato da chi di dovere, avevo proposto l’unificazione delle manifestazioni sul Dolcetto e sulla Barbera (sto parlando di Dolcetto Dolcetto e Barbera Meeting) i produttori hanno decretato che era impossibile: ognuno doveva promuoversi per se. Cosa ne dici?
M. Probabilmente perchè abbiamo territori molto diversi: alcuni hanno vini che  in parte si sovrappongono, altri no.

 

W.Ma l’unione non faceva la forza?
M. Credo che a questo riguardo qualcosa sia stato già fatto ma si tratta di un processo lungo.

 

W.Il Consorzio si chiama Barolo Barbaresco Alba Langhe e Roero. Manca solo il Regno di Sardegna  per completare l’elenco. Secondo te è un segnale di potenza o debolezza.
M. Ci sono motivazioni storiche per questo. Nel 1934 nacque il “Consorzio a difesa dei vini tipici Barolo e Barbaresco” che è andato avanti fino agli anni Ottanta. Poi, essendo nati altri enti, è diventato un’ Associazione di Consorzi. Con l’entrata in vigore della 164 si decise di cambiare di nuovo e nacque il consorzio attuale. Non so se questo vuol dire essere più forti o più deboli: certo se rimaneva Barolo e Barbaresco saremmo stati sicuramente più forti e più efficaci nella comunicazione. Facendo così abbiamo aumentato la base (oltre 380 aziende associate. n.d..r.) ma il fatto di avere tanti interessi da tutelare lo rende meno efficace perchè non ha le risorse per promuovere ogni singola denominazione.

 

W. Erga Omnes: già alcuni produttori hanno espresso dubbi e perplessità del tipo “Ora ci verranno a chiedere altri soldi: chissà come li useranno”. Voi siete organizzati per questo difficile compito?
M. Sul Barolo e sul Barbaresco stiamo già facendo i controlli: sugli altri vini li faremo senza problemi. Il consorzio è sicuramente dimensionato per questo. Comunque bisogna capire che quei soldi verranno usati solo per il lavoro di tutela. La promozione verrà pagata ( lo è stata sino ad ora) solo dalle aziende che aderiranno alle singole manifestazioni.

 

W. Quanti ettari di Barolo toglieresti di quelli piantati negli ultimi anni e se volessi piantarne, quanti ne pianteresti e dove.

M. Io non sono d’accordo con chi dice che è stato piantato troppo, perchè i dati dicono che il Barolo che è stato prodotto è stato venduto. Noi non abbiamo più scorte 2000-2001-2002 ed il  2003 lo stanno già cercando. Con l’annata 2004, molto produttiva e con tanti nuovi vigneti che entreranno in produzione, faremo la prova del nove ma sono sicuro che la situazione reggerà. Oggi siamo a 1500 ettari e più di quelli non se ne possono mettere. Ormai il Barolo è stato piantato dove poteva essere piantato, in alcuni casi in posizioni discutibili ma non scandalose. C’è stato anche un processo di riconversione varietale: alcune zone da Barbera e Dolcetto sono state ripiantate a Barolo, ma questo credo che faccia parte della libertà d’impresa. D’altra parte se il Dolcetto ha un prezzo ed il Nebbiolo un’altro come fai a dire ad un produttore di guadagnare meno o addirittura di rimettere. Comunque non puoi estirpare e ripiantare senza regole e per fortuna i nostri organismi tecnici controllano, deliberano e qualche volta non danno idoneità. Questo è successo anche a me ed io ho accettato il “verdetto”, pur non condividendolo.

 

W.Siamo al Gioco della Torre. Barolo, Barbaresco, Barbera, Dolcetto: Dio ti ordina di distruggere uno di questi vini per salvare gli altri. Quale butti?
M. Ahime! Purtroppo la risposta la sta dando il mercato che sta penalizzando (e quindi buttando giù) il Dolcetto. È una scelta con cui dobbiamo confrontarci ma a cui dobbiamo anche ribellarci.
D’altra parte il Barolo non possiamo buttarlo giù perchè è nostro alfiere. Sul Barbaresco bisogna dire alcune cose: è un vino che ha vissuto momenti di fortuna alterna e ha il grosso problema, paradossale ma vero, del nome impronunciabile all’estero. Nel recente passato ha fatto l’errore di volersi mettere sullo stesso piano del Barolo ora si tratta di ritrovargli una collocazione.  Poi sappiamo cosa vuol dire Barbaresco nel mondo: ha voluto dire soprattutto Angelo Gaja ed ora vuol dire anche La Spinetta e tanti altri buoni produttori. Quindi non si può buttare dalla torre ma va rafforzato. Il Barbera è l’anima del Piemonte. Quindi il più debole, il vaso di coccio è il Dolcetto, di cui negli ultimi 20-25 anni è cambiato e calato il suo consumo, che era soprattutto locale.

 

W. Unione Italiana Vini: ha un senso? Se ce l’ha qual’e?
M. Bella domanda: noi ci siamo entrati due anni fa. Personalmente credo che tutte le associazioni serie che si occupano professionalmente del vino vanno bene. Noi siamo entrati perchè avevamo la netta percezione che stare isolati non paga. Venivano dall’esperienza in Federvini, dove il vino, in se per se, era visto come elemento collaterale delle sue azioni. Noi siamo li anche se non si può condividere tutto: infatti su alcuni punti siamo in disaccordo.

 

W. In Italia troviamo vari aborti di fiere del vino. Da quella di Torino a Miwine. Forse arriverà una fiera a Roma e Vitigno Italia non è decollato come si sperava. Interroghiamoci……
M. In Italia di fiere del vino ha senso ve ne sia una , Verona: tutte le altre sono manifestazioni di secondo piano. Noi come azienda partecipiamo solo a Vinitaly, anche se Roma sarebbe una piazza interessante. Milano e Torino purtroppo sono partite male.  In particolare a Milano non si può fare una fiera senza invitare i milanesi.

 

W. Olimpiadi di Torino. Sono servite al vino italiano ed in particolare al vino piemontese?
M. Al vino italiano non credo ma sinceramente non ne ho idea perchè non ho dati in merito. Credo siano servite molto al Piemonte perchè prima pochi sapevano dove era, ma dopo le Olimpiadi abbiamo visto che il nome Piemonte comunica qualcosa. E questo è molto importante anche per le nostre denominazioni, DOC Piemonte in testa, che è stata svilita da tanti e spesso ha proposto vini scadenti.

 

W. Quale vino andava di più alle Olimpiadi?
M. Hanno bevuto di più Barolo ……le persone che non hanno dovuto pagarlo. Nei punti Vip, il Barolo andava a fiumi, poi quando finiva si beveva Barbera o Dolcetto. É una conferma che  una DOCG come il Barolo è affermata sul piano internazionale e che il consumatore, anche poco informato, ha la consapevolezza che sia un vino importante. All’estero magari  non sanno come e dove si faccia ma lo apprezzano.

 

W. Io ho qualche azione del Monte dei Paschi di Siena. Ora che Fontanafredda è in vendita cosa faccio. Le vendo? E quali compro?
M.(Attimo di silenzio..)No, tienile! Andranno sicuramente bene anche se il Monte dei Paschi non terrà più Fontanafredda come in passato. Sta venendo infatti fuori una partecipazione diversa dell’assetto proprietario dell’azienda. Questa sarà acquisita dal fondo Demetra e che ha il compito di acquistare aziende in fase operativa. E’ un fondo immobiliare chiuso, quindi non aperto a tutti ma a determinati soggetti come banche, fondazioni bancarie, assicurazioni e anche gruppi industriali, locali o no, che vogliono diversificare. Sarà quindi possibile e questa è la grande novità, che partecipino al fondo capitali “locali” sia privati che pubblici.  Chi ci sarà non lo so io e ancora non lo sa nessuno. Questa è una fase appena iniziata che dovrà svilupparsi. Di certo abbiamo un forte interessamento della Fondazione Cassa di Risparmio di Cuneo che sicuramente entrerà in Demetra con la Fondazione Monte dei Paschi. Queste due Fondazioni avranno pari quote societarie, ma quale sarà la quota paritetica ancora non si sa. Sono stati fatti anche altri nomi, come il Fondo Pensioni Cariplo. Tra l’altro il fondo Demetra è strutturato per acquisire sino a 80 aziende, di cui Fontanfredda sarà la prima: potranno venire fuori così interessanti sinergie con altre aziende italiane, ma questo è un discorso che sicuramente non scriveremo noi…….

 

Carlo Macchi

Sono entrato nel campo (appena seminato) dell’enogastronomia nell’anno di grazia 1987. Ho collaborato con le più importanti guide e riviste italiane del settore e, visto che non c’è limite al peggio, anche con qualcuna estera. Faccio parte di quel gruppo di italiani che non si sente realizzato se non ha scritto qualche libro o non ha creato una nuova guida sui vini. Purtroppo sono andato oltre, essendo stato tra i creatori di una trasmissione televisiva sul vino e sul cibo divenuta sicuramente la causa del fallimento di una nota rete nazionale. Riconosco di capire molto poco di vino, per questo ho partecipato a corsi e master ai quattro angoli del mondo tra cui quello per Master of Wine, naturalmente senza riuscire a superarlo. Winesurf è, da più di dieci anni, l’ultima spiaggia: dopo c’è solo Master Chef.


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