Francesco Panella “Festeggiamo i 100 anni dell’Antica Pesa con un libro!”8 min read

Cento anni sono un traguardo importante, storico, e vanno festeggiati nel modo migliori possibile, soprattutto se a compierli è uno dei ristoranti più storici di Roma come l’Antica Pesa, gestita da quattro generazioni dalla famiglia Panella.
Questo locale, situato nel cuore di Trastevere, è una vera e propria istituzione. La sua storia inizia nel secolo XVII°, dove nell’attuale Via Garibaldi c’era un punto di riscossione doganale sul grano. Qui, si usavano strumenti come pesi e bilance per distribuire il cibo portato dagli agricoltori locali e sempre in questo luogo, per i più bisognosi, i doganieri realizzarono una vera e propria taverna, luogo di accoglienza e solidarietà.

Simone e Francesco panella credit la cucina italiana

Bisogna arrivare al 1922, con la prima generazione dei Panella, alla vera e propria svolta per questa taverna, riconvertita in autentica e verace trattoria romana con l’obiettivo di continuare a sostenere i contadini locali utilizzando le produzioni della campagna romana per cucinare i piatti della tradizione. Quando la trattoria cominciò ad essere apprezzata in città i Panella scelsero per il locale un nome emblematico in onore alle loro origini: Antica Pesa.
Ma è negli anni Cinquanta, con la Dolce Vita, che l’Antica Pesa diventa un punto di riferimento, una tappa obbligata per tutti coloro che desiderano immergersi nella vera romanità, nello spirito autentico di una città unica al mondo. Artisti, scrittori, attori, registi, ma anche gente comune, turisti e non, si danno appuntamento alla Pesa per gustare i piatti della tradizione in un’atmosfera “verace” e caratteristica. E negli anni seguenti, grazie a una gestione fortemente radicata nel territorio ma capace di aprirsi alla sperimentazione, l’Antica Pesa, gestita oggi dai fratelli Simone e Francesco Panella, si conferma depositaria della tradizione, che reinterpreta e innova alla luce della propria storia, che oggi viene raccontata in questo libro “100 anni di cucina romana nelle ricette e nella storia dell’Antica Pesa” (Newton Compton, pg 192, 16 euro).
Il libro è diviso in due parti, una storica, in cui attraverso ricerche effettuate in più archivi viene tracciato il passato del locale: il primo riferimento scritto risale al 1871 quando, all’interno de “Il Volontario di Pio IX” scritto da Antonmaria Bonetti, si narra di come l’autore avesse ritrovato un collega e amico soldato seduto alla tavola dell’Osteria della Pesa a “mangiare mezzo pollastro arrosto”.

La seconda parte, invece, è dedicata prettamente alla cucina dell’Antica Pesa, raccontata attraverso 40 ricette, tutto spiegate nel dettaglio per replicarle a casa e che rappresentano i piatti più rappresentativi che si sono susseguiti nel menù del ristorante nel corso di questi cento anni.
Un libro, perciò, che racconta non solo la passione per la cucina della famiglia Panella visto che, attraverso le tante foto e gli aneddoti presenti nel volume, rappresenta un piccolo grande racconto della storia italiana, la cui sublimazione è avvenuta anche all’interno delle sale dell’Antica Pesa.
Per parlare di questa nuova pubblicazione, ma non solo, ho intervistato Francesco Panella che ho letteralmente rapito per qualche minuto mentre era ad accogliere gli ospiti nelle sale dell’Antica Pesa.
Francesco, cosa è per te questo ristorante?
L’Antica Pesa non è solo un ristorante ma è un luogo che ha trasmesso ospitalità fin dalla metà del 1800 e quando siamo entrati noi Panella nel 1922 non abbiamo fatto altro che apprendere l’uno dell’altro il miglior modo per dare ospitalità a chi passa a trovarci. In questi cento anni abbiamo passato momenti belli, meno belli come due guerre e tre pandemie ma noi non abbiamo mai mollato per tanti motivi.
Quali sono?
Noi siamo una famiglia che ha avuto e ha nel DNA un forte spirito di accoglienza, questo è ben più che un lavoro perché abbiamo anche una forte responsabilità, anche morale, verso chi ci ha preceduto. Sai quanto gente viene qua e mi dice: ”Mio nonno si è sposato qua, mio papà anche e io mi sposerò qua…..”. Ecco, quando senti dal cliente queste cose non puoi avere motivi per mollare un’attività che va oltre la ristorazione pure e semplice.
Tornando ai vostri inizi, che tipo di ristorazione fornivate? C’era un piatto tipico del ristorante?
Dai racconti di mia nonna noi eravamo specializzati in “fagottini” dove c’era la pasta che veniva preparata col formaggio e il pepe macinato. I pastori, poi, la andavano a mangiare su per il Gianicolo, un colle di Roma che dista poco dal ristorante. Si lavoravano sicuramente prodotti freschi, genuini che, al tempo, ovviamente, avevano i loro problemi di conservazione…

Quali sono le caratteristiche del cliente abituale dell’Antica Pesa di oggi?
E’ un cliente che cerca rassicurazioni, che cerca un ambiente casalingo e si fida totalmente del nostro servizio e dei nostri consigli. E’ una persona che vuole passare due ore in serenità celebrando occasioni importanti. Non di rado vengono coppie che si sono sposate qua e che, dopo anni, celebrano il loro anniversario in queste sale. L’Antica Pesa non è solo un ristorante ma è anche un luogo della memoria, dove si rivivono emozioni.
Questo ristorante, alla fine, per voi non è solo un luogo di lavoro, ma una vera e propria seconda casa…
Quando sei figlio di ristoratori e vivi il lavoro come una passione il ristorante non può non essere casa tua. Lo vivi a 360°, anche da piccolo, quando magari la mattina presto, prima della scuola, andavo con mio padre a comprare le materie prime ai Mercati Generali. Desideravo farlo, quello era il mio Luna Park. Non scorderò mai le cassette di legno che volavano, i profumi, i colori di un luogo magico che era animato poi da personaggi incredibili.
Cosa hai imparato in quegli anni?
Ho imparato sicuramente la contrattazione, che negli anni ’70 e ’80 all’interno dei Mercati Generali, era qualcosa di assolutamente folkloristico e poi ho imparato anche a riconoscere la genuinità e la freschezza del prodotto dal suo odore. Ah, ho imparato anche il romanesco stretto!
Insieme ai tuoi fratelli Simone e Lorenzo, nel 2012, avete aperto il vostro primo avamposto a New York, precisamente a Williamsburg. Quali sono le principali differenze enogastronomiche tra Italia e Stati Uniti?
A New York, non avendo una cultura di cucina casalinga, le persone spesso vanno a mangiare fuori avendo anche tantissimi ristoranti di grande qualità dove possono mangiare italiano, indiano, giapponese, cinese, spagnolo, etc… In questo modo, a mio parere, non si riesce a dare un peso culturale elevato a ciò che si ha nel piatto per cui, dal punto di vista enogastronomico, la clientela media dell’Antica Pesa di New York ha una competenza generica, a tratti anche mostruosa, sulla cucina internazionale, ma non ce l’hanno specifica come in Italia dove, ad esempio, possiamo non conoscere cosa sia il curry ma magari sappiamo tutto su come si cucina la lasagna e delle sue variazioni regionali.

Antica Pesa Brooklyn

Visto che vai spesso negli States, esiste ancora la vera cucina italo-americana?
Esiste ancora, assolutamente, è una cucina che abbiamo esportato come elemento di valore prendendo dagli Stati Uniti l’opportunità di fare business. La cucina italiana, con le sue ricette tradizionali, ha unito questi due Paesi per sempre e questo simbolo di amicizia tra popoli diversi, ovvero la cucina italo-americana, dovrebbe essere raccontata all’interno di un museo come elemento di socializzazione unico nel suo genere.
Il Made in Italy, pertanto, è ancora una carta vincente?
In un periodo difficile come questo, dove ogni Paese sta cercando di tirare su il proprio PIL, il Made in Italy potrebbe essere troppo totalizzante, invadente, per cui sarebbe meglio trasformare il made IN Italy con il made WITH Italy. Si vince con l’Italia e non in Italia. Ti faccio un esempio: se a New York porti un pastaio italiano e adoperi un pomodoro del New Jersey che, credimi, è eccezionale, si fa sistema con lo Stato che ti ospita che, a suo volta, ti aiuta a ripartire.
Torniamo alla tua vita privata e parliamo di un argomento che a me interessa particolarmente: il vino. Quanto è importante per te, anche da ristoratore?
Per me è un elemento fondamentale perché lo lego, visto il mestiere che faccio, al termine della mia giornata lavorativa quando, finalmente, mi rilasso e posso permettermi un calice. Non solo, il vino per me è importante anche quando non lavoro perché amo condividere una bottiglia mentre sono in compagnia di un amico o di un familiare. Un calice di buon vino, inoltre, me lo bevo anche solo mentre magari leggo o vedo un quadro. Insomma, non potrei vivere senza, è un partner irrinunciabile.

Cantina Antica Pesa

L’Antica Pesa ha una cantina fantastica con dei vini molto ricercati. Il cliente medio del ristorante che vini ordina?
Adesso mi chiedono molto vini naturali e la cosa mi piace parecchio perché penso siano prodotti assolutamente godibili e dal buon rapporto qualità\prezzo. Questi vini sono assolutamente stimolanti per chi fa servizio in sala perché sono prodotti che spesso vanno comunicati e per certi versi “spiegati”. E’ facile vendere, ad esempio, i vari Supertuscans ma se mi permetti, nel corso del tempo ritengo che più di qualcuno abbia approfittato del loro blasone fornendo prodotti magari non all’altezza o comunque dai ricarichi eccesivi.
Quello dei ricarichi, soprattutto nell’alta ristorazione è un problema.
La vera sfida, infatti, è fare i giusti ricarichi perché dobbiamo dare a tutti la possibilità di bere un sogno, anche fosse solo un calice. Oggi ci sono tanti strumenti per arrivare a questo obiettivo e un ristoratore capace deve regalare sogni… realizzabili.
Ultima domanda: oltre che essere grande ristorate sei anche un personaggio televisivo conducendo da anni “Little Big Italy”. Visto la tua esperienza, qual è il posto dove si mangia peggio al mondo?
Premesso che ormai la cultura enogastronomica è arrivata a buoni livelli in tutto il mondo, se parliamo di cucina italiana penso che l’America centrale non sia il posto migliore per noi italiani. Troppe salse, mamma mia!!!

Andrea Petrini

Andrea Petrini, il “giovin fanciullo” del gruppo. Il suo giornale online è Percorsi di vino.


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