Il progetto EuVite, presentato alla stampa la scorsa settimana a Cirò Marina, segna un punto di svolta nelle moderne vicende del vino calabrese.
Infatti è la prima volta che 5 aziende della regione – Librandi di Cirò (KR), Malaspina di Melito Porto Salvo (RC), Poderi Marini di San Demetrio Corone (CS), Serracavallo di Bisignano (CS) e Statti di Lamezia Terme (CZ) – superando individualismi e concorrenzialità, hanno deciso di unire le forze per presentarsi insieme e promuovere sia il vino che il marchio territoriale Calabria. «Nell’immaginario collettivo – ha spiegato Nicodemo Librandi, presidente dell’associazione– la Calabria non è percepita come una regione che produce vino. ( Il vigneto pare si sia stabilizzato su 11.500 ettari dopo i cali degli ultimi anni. ndr). Si tratta di un vero e proprio paradosso che EuVite vuole scardinare. Qui non solo la vite è presente da tempo immemore, ma è ricca di una notevole variabilità genetica. Tutto questo, insieme al livello qualitativo raggiunto da una buona parte dei vini regionali, stenta a emergere e a essere recepito».
Un compito niente affatto facile visto che la regione non gode di un’immagine smagliante. Infatti se Sicilia o Puglia suggeriscono connotazioni positive, qualificanti, altrettanto non si può dire della Calabria, almeno per come si è presentata sinora. «Abbiamo deciso di costituire una rete tra aziende per comunicare i nostri valori più autentici e farli conoscere in tutta Italia – ha aggiunto Alberto Statti, dell’omonima azienda – La Calabria è spesso presentata come regione al centro di sperperi e malaffare. Vogliamo mostrare il nostro genuino spirito imprenditoriale promuovendo l’identità regionale dei nostri vini e rendendola visibile e riconoscibile a tutti». L’augurio è che sia davvero l’inizio di processo di inclusione, anche di comparti diversi, per avviare la costruzione di una massa critica regionale in grado di presentare in modo credibile la ricchezza e i valori dei vari terroirs calabresi.
I vitigni autoctoni, un patrimonio condiviso e una scelta strategica
Per le aziende EuVite, i vitigni autoctoni ( Greco, Gaglioppo, Mantonico, Magliocco, ecc.) sono un patrimonio condiviso. La Calabria, grazie alla lungimiranza dei fratelli Librandi che sin dai primi anni Novanta si sono impegnati in un grande lavoro di ricerca e di recupero varietale, oggi può vantare delle conoscenze ampelografiche abbastanza uniche in Italia.
Sono state individuate ben 289 varietà diverse, messe a dimora in un campo a spirale nella tenuta Rosaneti di Rocca di Neto, sulle quali, con il finanziamento della Regione Calabria, è stato condotta l’analisi del DNA, uno studio ampelografico e virologico ed infine su 28 di queste varietà sono stati fatti i profili enologici. Altrettanto imponente è stato il lavoro, attraverso la caratterizzazione con marcatori molecolari per l’identificazione dei singoli vitigni dovendosi districare tra omonimi e sinonimi, stabilendo con sicurezza l’identità. Attualmente sono prossimi all’omologazione 8 presunti cloni di Gaglioppo ( l’uva del Cirò), 10 di Magliocco, 2 di Pecorello e altri ancora lo saranno in futuro. Questo lavoro ha visto riuniti in Calabria i più importanti ricercatori italiani, dalla Fondazione Mach di San Michele all’Adige al Cra di Conegliano, dal Cnr di Torino al laboratorio Enosis Meraviglia di Fubine (Alessandria) che hanno applicato le tecniche più innovative per delinearne le caratteristiche.
Una degustazione comparativa
Momento topico dell’incontro Euvite a Cirò nel torrido teatro della città, è stata la degustazione comparativa dei vini calabresi prodotti dalle aziende associate e vini francesi ed italiani. Come spesso capita, la scelte effettuate risultano discutibili – se non addirittura improprie – per vari motivi soprattutto per la diversità complessiva degli areali di produzione (diverse aree francesi ma anche italiane), dei vitigni, delle annate, dei metodi di vinificazione, di invecchiamento, ecc. ecc. non sempre confrontabili tra loro. Quanto ai prezzi, i vini calabresi vincono – purtroppo – a man bassa, senza possibilità di reale confronto con i francesi o anche con gli italiani. Diciamo che il senso che si voleva dare alla degustazione è che i vini calabresi possono competere con i prodotti di alto profilo.
E così il Mantonico 2010 di Statti è stato messo a confronto con un Grand Vin de Bourgogne Viré Clessé 2009 (E’ un Aoc nata nel 1999. Chardonnay ) di Seguin-Manuel. Il primo è passato in botti di acacia, il secondo solo in acciaio. Scelta sui generis.
L’Efeso (Mantonico) 2009 di Librandi vs Grand Cru Corton Charlemagne 2005 di Drohuin. Si tratta di uno Chardonnay che ha bisogno di tempo per esprimersi e che mantiene nel tempo le sue caratteristiche mentre l’Efeso pur cavandosela bene nel confronto, è più immediato essendo oltretutto molto più giovane.
L’Igt Valle del Crati Rosato Don Filì dell’azienda Serracavallo, da uve magliocco in purezza affinato per 3 mesi in barrique di rovere americano si è confrontato con l’Aoc Côtes de Provence Pétale de Rose 2011 di Château La Tour de L’Eveque. Il provenzale, ottenuto da un pout – pourri di vitigni, ben otto ( cinsault, grenache, syrah, morvedre, ecc.) è vinificato in vasche d’acciaio contro il leggero passaggio in legno del calabrese. Il Don Filì risulta più pieno e piacevole.
Il Cirò Riserva Duca San Felice 2010 di Librandi da uve gaglioppo in purezza affinato in vasca ha affrontato il Morey Saint Denis 1er cru Les Chenevery 2010 Domaine Alain Jeanniard. Una comparazione “divertente” che ha fatto esclamare a qualche buon tempone che il gaglioppo è migliore (sic) del Pinot nero oppure che i vini calabresi sono migliori dei francesi. Si tratta invece di due vini e due vitigni alquanto diversi: una differenza che in ogni caso va mantenuta e rappresenta la ricchezza di entrambi.
L’Igt Palizzi 2010 dell’azienda Malaspina ( da uve calabrese nero e nocera) vs Châteauneuf du Pape 2010 Domaine La Roquete da uve grenache noir, syrah, mourvedre. Un incontro scontro davvero interessante. Non avendo uno storico del Palizzi resta difficile ipotizzare ciò che succederà a medio-lungo termine mentre è più certo per lo Châteauneuf. Nel breve il vino calabrese, pur nella diversità, è altamente competitivo.
Il Calabria Igt Basileus 2010 dei Poderi Marini da uve magliocco vs il Barolo 2008 di Vajra. Un confronto abbastanza “curioso” anche questo ma il dubbio è non solo sull’abbinamento dei due vini ma anche in questo caso su come si evolverà l’uno rispetto all’altro. Sulla tenuta del Barolo, per esempio, forse, si ha qualche certezza in più.
Il Calabria Igt Batasarro (gaglioppo 100%) di Statti vs Côtes de Provence Les Mûres 2006 Château de Roquefort da uve grenache noir, syrah, carignan e cinsault. Interessante il confronto con il vino biodinamico provenzale perché mette in luce due diversi modi di intendere la tannicità. Così come non era scontato l’incontro tra l’Igt Valle del Crati Vigna Savuco dell’azienda Serracavallo, da uve magliocco appassite in pianta con torsione del peduncolo, e l’Amarone della Valpolicella Classico Casa dei Bepi 2007 di Viviani. Due metodi di appassimento a confronto ma anche troppo diverse le annate. Insomma in questo assaggio c’era un po’ di tutto, compreso un atteggiamento “garibaldino” che forse ci stava pure. Altrimenti quando mai si sarebbe parlato di vini calabresi ?