Enologica 2011 ok! Peccato solo per i soffioni di Larderello…4 min read

Non fremo dall’entusiasmo all’idea di iniziare questo pezzo con la banalissima frase “Si è felicemente conclusa, dopo quattro giorni, la tredicesima  edizione di Enologica” eppure, non conoscendo altri modi egualmente efficaci per mettere in piedi uno scritto, mi vedo costretto, non senza una punta di disappunto,  a ricorrere alla più trita e ritrita delle formule d’avvio.

Enologica 2011, il Salone del Gusto dell’Emilia-Romagna, si è dunque, come si diceva, conclusa con numeri importanti che troveranno conferma nelle statistiche e nei comunicati ufficiali, sicuramente resi noti dagli organizzatori a breve.

Ma chi ha trascorso, come il sottoscritto, gran parte del proprio tempo nei padiglioni di Faenza Fiere, non ha bisogno più di tanto di dati ufficiali per avere la conferma che oggi Enologica è andata ben oltre la dimensione di Sagra Paesana. E non è certamente facile, per una piccola città come Faenza, smarcarsi da un format di quel tipo.

 

Invece Enologica ha oramai conquistato l’ambita posizione di crocevia di esperienze culturali, è divenuta in un momento di riflessione della comunità del cibo e del vino, un laboratorio di idee capace di coinvolgere vignaioli, artigiani del cibo, cuochi, giornalisti e appassionati.

E’ Giorgio Melandri stesso, curatore e ideatore della rinata Enologica, che ne definisce temi e contorni in queste frasi:“La nostalgia è una trappola spietata che scatta sull’unica vera certezza che la nostra identità del cibo ci consegna: innovazione e tradizione sono la stessa cosa. Se per un momento provate a far saltare il vincolo del presente e immaginate il tempo come uno spazio completamente praticabile vi accorgerete che la tradizione è la cosa più innovativa che abbiamo tra le mani, un processo che ha ogni volta digerito il nuovo per farlo diventare quello che siamo. È la rielaborazione del nuovo che segna la cultura, lo è stato per le lingue, per la musica, per l’arte e anche per la cucina. La nostra tavola è piena di cibi che sono arrivati da lontano. Tutto ha viaggiato e tutto è cambiato. L’Italia ha rielaborato il nuovo per inventare una cucina straordinaria. Enologica è il presente di quest’operazione, un crocevia di relazioni dentro al quale succede sempre qualcosa”.

E di cose ne sono successe tante: ma con un programma di oltre 50 eventi,a meno di possedere il dono dell’ubiquità, si deve giocoforza compiere delle scelte a priori e assaggiare Enologica avendo già un’idea di cosa si vuole fare. La mia idea di quest’anno era seguire la sezione “Are you Experienced?” dedicata al sangiovese, una serie di lezioni-degustazioni proposta attraverso i grandi interpreti del vitigno e raccontati dai più noti giornalisti-degustatori tra i quali il nostro Carlo Macchi chiamato a raccontare i vini di Giulio Gambelli.

Degustazioni quasi tutte al completo, e con una scelta di vini “sangiovese” molto articolata e felice, ma con una cadenza probabilmente troppo serrata nei tempi e che ha finito con il limitarne, seppur parzialmente, l’accesso. Va detto che i sommelier di servizio hanno efficacemente contenuto sia i disagi dati dei tempi stretti, sia quelli provocati da eccessi di ogni genere di qualche partecipante. Il che ha reso meno stressante l’attesa nel corridoio.

Nelle tre giornate di apertura al pubblico, mi confermano alcuni produttori interpellati, l’afflusso maggiore si è concentrato nelle serate, con punte altissime di sabato, ma anche durante tutta la domenica, a partire dal primo pomeriggio, si è vista molta gente contendersi il posticino per un assaggio nelle circa 140 postazioni dei vignaioli. Molto interesse dunque, che trova ulteriore conferma nelle parole di un gruppetto di giovani consultati al riguardo, interessati ai vini naturali, ai lambrusche e ai rossi “barricati”.
Una definizione che credevo scomparsa dal linguaggio ma che evidentemente appassiona parte del pubblico giovanil-femminile,mentre i maschietti sembrano aver più interesse per i vini autoctoni.

Un pubblico eterogeneo, com’era logico attendersi e dai gusti variegati, a volte in cerca di suggerimenti nei confronti dei quali dimostra grande apertura e disponibilità. Ed è forse questo l’aspetto più interessante, il nocciolo di una riflessione che il pubblico di Enologica 2011, ancora sotto una forma embrionale, consegna ai produttori; una domanda di comunicazione del vino più ampia, trasparente nei modi e nelle scelte e motivata nelle logiche. Il pubblico è, per ora, ancora aperto e ricettivo.

In quanto all’organizzazione, Enologica ha oramai raggiunto un asseto stabile nel format, ben organizzata in ogni suo aspetto e che ha scelto di giocarsi tutti gli atout nei contenuti. Ma siccome niente è perfetto, una pecca l’ho trovata: al trentesimo assaggio, al ventesimo passaggio del jeans a vita bassa con vista su Yamamay, la mia temperatura corporea è salita oltre il livello di guardia e, non avendo a disposizione un guardaroba dove appoggiare piumino e berretto, mi son trovato a fumare come i soffioni di Larderello…

Giovanni Solaroli

Ho iniziato ad interessarmi di vino 4 eoni fa, più per spirito di ribellione che per autentico interesse. A quei tempi, come in tutte le famiglie proletarie, anche nella nostra tavola non mancava mai il bottiglione di vino. Con il medesimo contenuto, poi ci si condiva anche l’onnipresente insalata. Ho dunque vissuto la stagione dello “spunto acetico” che in casa si spacciava per robustezza di carattere. Un ventennio fa decisi di dotarmi di una base più solida su cui appoggiare le future conoscenze, e iniziai il percorso AIS alla cui ultima tappa, quella di relatore, sono arrivato recentemente. Qualche annetto addietro ho incontrato il gruppo di Winesurf, oggi amici irrinunciabili. Ma ho anche dei “tituli”: giornalista, componente delle commissioni per la doc e docg, referente per la Guida VITAE, molto utili per i biglietti da visita. Beh, più o meno ho detto tutto e se ho dimenticato qualcosa è certamente l’effetto del vino.


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