Eccopinò 2013: i “Pinottardi” dal bel presente e dal grande futuro3 min read

La montagna, per solito, è un mondo a parte dalle civiltà…La sua storia sta nel non averne, nel restare abbastanza regolarmente ai margini delle grandi correnti incivilitrici”. Queste parole del grande storico francese Fernand Braudel mi ruminavano in testa mentre seguivo Eccopinò 2013, la presentazione dell’annata 2010 da parte dei  produttori di Pinot nero dell’Appenino Toscano.

Questo piccolo ma molto interessante gruppetto di viticoltori di montagna si presentava per la seconda volta alla stampa e a quelli che oggi vengono chiamati “buyers” nel bellissimo Palazzo dei Vicari di Scarperia.

Le parole di Braudel mi erano venute in mente perché gli otto vini che stavamo degustando , frutto del lavoro di altrettanti piccoli produttori “montani” , divisi tra Garfagnana, Lunigiana, Mugello e Casentino, sembravano completamente fuori della storia enoica del Pinot Nero nella nostra regione. Questo particolare vitigno infatti è sempre stato coniugato in Toscana con connotazioni di potenza, affiancate in molti casi da dosi industriali di legno e omeopatiche di eleganza.  La strada seguita invece da questi produttori sembra fuori dalla storia e proprio per questo estremamente convincente.

Siamo in espressioni di Pinot Nero dove  la facilità di beva è supportata anche da equilibrio e buona freschezza. Dove le note classiche del Pinot nero finalmente si mostrano senza reticenze e con una purezza “montana” che non può non fare piacere.

Come non possono non fare piacere le pacate parole con cui questo gruppo si presenta al mondo. Il loro manifesto infatti prima di tutto parla dei rapporti tra esseri umani e poi passa al vino. Eccovi primi significativi articoli.

1.    migliorare la qualità dei rapporti umani, tra persone che condividono la stessa passione, sotto il segno dell’amicizia, dell’impegno, dell’onestà e della convivialità
2.    conoscere realtà diverse dell’Appennino toscano per aumentare la consapevolezza della propria peculiarità- effettuare scambi di esperienze, degustazioni collettive, con lo scopo di comprendere reciprocamente meglio i contorni del proprio lavoro
3.    condividere la pratica o il semplice interesse per l’agricoltura biologica e biodinamica e per la tutela del territorio montano
Come vedete una strada molto “umana” al vino, senza lo stress che in questo momento sembra colpire molti produttori. Oltre che umana la trovo anche molto laica nel considerare le varie forme di coltivazione (biodinamica, biologica) solo come un prolungamento del proprio agire e non come il principio che ordina tutte le loro scelte.

I nostri sono quindi produttori di montagna ma non certo montagnardi, nel senso che non vogliono essere rivoluzionari per forza, ma semplici e tranquilli produttori di buon vino. Al massimo potremmo chiamarli “Pinottardi” perchè una piccola rivoluzione l’hanno comunque fatta: hanno iscritto di diritto la Toscana tra le terre dove il Pinot Nero può dare ottimi risultati.

Ma basta con i discorsi più o meno filosofici e veniamo ai vini. Di scena l’annata 2010, abbastanza fresca e quindi adatta al vitigno, anche se “il fresco” in zone pedemontane come le loro è spesso accompagnato da piogge e quindi da grossi problemi per la sanità delle uve.

I risultati sono però, per il secondo anno di seguito, molto confortanti e al momento che le vigne avranno età adeguate, sicuramente ne assaggeremo delle belle. Non vedo l’ora!

Carlo Macchi

Sono entrato nel campo (appena seminato) dell’enogastronomia nell’anno di grazia 1987. Ho collaborato con le più importanti guide e riviste italiane del settore e, visto che non c’è limite al peggio, anche con qualcuna estera. Faccio parte di quel gruppo di italiani che non si sente realizzato se non ha scritto qualche libro o non ha creato una nuova guida sui vini. Purtroppo sono andato oltre, essendo stato tra i creatori di una trasmissione televisiva sul vino e sul cibo divenuta sicuramente la causa del fallimento di una nota rete nazionale. Riconosco di capire molto poco di vino, per questo ho partecipato a corsi e master ai quattro angoli del mondo tra cui quello per Master of Wine, naturalmente senza riuscire a superarlo. Winesurf è, da più di dieci anni, l’ultima spiaggia: dopo c’è solo Master Chef.


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