E se i bianchi in Italia potessero anche invecchiare?3 min read

Durante la recente  edizione di Alessandria Top Wine ho avuto il piacere e l’onore di guidare una degustazione abbastanza particolare : “I grandi bianchi migliorano invecchiando? Il Gavi ed altre sorprese”. 

Una degustazione del genere in Francia sarebbe la cosa più normale del mondo, mentre dalle nostre italiche parti a parlare di bianchi che migliorano con l’età (quali bianchi poi: Gavi, Timorasso….) si rischia di passare per scemi. Sarà stato per vedermi fare la figura dello scemo o forse (molto più probabile) per la curiosa novità ma una cinquantina di persone, in stragrande maggioranza (udite! Udite!) ristoratori, hanno partecipato alla degustazione. In campo sono scesi 3 vini di tre aziende diverse. Il Gavi Rovereto di Castellari Bergaglio ( 2007-2004-1999) il Timorasso di Walter Massa nelle versioni Derthona (2007- 2002) e Sterpi  2005) e lo chardonnay Butas vinificato in legno di La Guardia (2006- 2002- 1999).

Dire che i vini erano in buone condizioni è, credo, riduttivo. In realtà tutti i presenti (OK, lo ammetto, me compreso!) sono rimasti stupiti dalla complessità e dalla tenuta di tutti i prodotti degustati. Se devo fare una classifica metterei al primo posto il fantastico Gavi Rovereto del 1999 e staccati di un niente il Butas del 2002 e il Derthona della stessa annata.
Da notare che i tre vini avevano avuto destini enologici diversi: Legno 100%, no legno, legno in parte . Avevano profili chimici diversissimi (da acidità di oltre 6  fino a quasi 4 ) e provenivano da terreni che più diversi non si può. Eppure tutti (anche gli altri 6, non solo i tre “Top”) mostravano inequivocabili segnali di giovinezza.

Cambia lo scenario: siamo a San Gimignano dove tutti gli anni, in concomitanza con l’anteprima della nuova annata,  la locale Vernaccia viene messa a confronto con grandi bianchi di zone enologiche estere. Ogni anno ci troviamo di fronte a vernacce di annate oramai quasi dimenticate (2001-2000-1995) che dimostrano di essere in perfetta forma (non tutte, per la verità, ma una buona parte si!).

Se la stessa degustazione delle stesse annate ( o comunque del periodo 1995-2000) venisse fatta con tanti rossi blasonati sono convinto, per averlo toccato con “bocca”, che una buona parte di questi vini sarebbero ossidati o comunque sul viale del tramonto. Perché?
Forse perché per anni si è creduto che un robusto lavoro in cantina potesse supplire a mancanza di vigna. Quindi rossi da uve di terza-quarta foglia venivano vinificati e soprattutto maturati caricandoli di tanti pesi, non ultimo il legno, che col tempo tendevano a schiacciare il vino e non ad elevarlo.  Tanti bianchi “non da invecchiamento” invece erano fatti con semplice equilibrio ed i risultati, pur non avendoli cercati, oggi si vedono. 

Morale della favola: capisco che ho molto generalizzato ma il messaggio finale dovrebbe essere. Cari produttori, gli ultimi dieci anni ci hanno insegnato che le basi di ogni grande vino da invecchiamento (bianco o rosso) sono  gli equilibri di vigna e di cantina. Produrre troppo o troppo poco, stressare oltre misura piante giovani o piante abitluate a produzioni molto alte, vinificare e costruire vini grazie a tanti legni, gomme, glicerine etc non porta verso la longevità, ma solo verso la “supposta” longevità al momento dell’entrata in commercio. "Last but not least": cari colleghi, smettiamola di osannare vinoni fatti solo per essere osannati in degustazione e lasciamo liberi i produttori di fare bene con quello che hanno in vigna!

Per questo oggi troviamo bianchi che reggono benissimo. Perché fatti non per stupire il mondo, ma semplicemente per fare un buon vino.  Meditiamo!

Carlo Macchi

Sono entrato nel campo (appena seminato) dell’enogastronomia nell’anno di grazia 1987. Ho collaborato con le più importanti guide e riviste italiane del settore e, visto che non c’è limite al peggio, anche con qualcuna estera. Faccio parte di quel gruppo di italiani che non si sente realizzato se non ha scritto qualche libro o non ha creato una nuova guida sui vini. Purtroppo sono andato oltre, essendo stato tra i creatori di una trasmissione televisiva sul vino e sul cibo divenuta sicuramente la causa del fallimento di una nota rete nazionale. Riconosco di capire molto poco di vino, per questo ho partecipato a corsi e master ai quattro angoli del mondo tra cui quello per Master of Wine, naturalmente senza riuscire a superarlo. Winesurf è, da più di dieci anni, l’ultima spiaggia: dopo c’è solo Master Chef.


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